A cura di Alice Savini
La Pinacoteca di Brera è uno scrigno di tesori che raccoglie secoli e secoli di storia di Milano; per ogni quadro esposto si può andare oltre la qualità pittorica e compositiva per addentrarsi nelle vicende storiche dei personaggi che hanno scritto la storia della città di Milano, come nel caso de La Pala Sforzesca.
Si tratta di una tavola dipinta a olio di notevoli dimensioni (cm 230 x 165) esposta nella sala XV della Pinacoteca di Brera. La sua storia è legata a quella dell’uomo più potente della Milano di fine Quattrocento: Ludovico il Moro.
Ludovico il Moro Duca di Milano
Ludovico il Moro, il cui vero nome è Ludovico Maria Sforza, nasce il 27 luglio del 1452, quarto figlio di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. Alla morte del padre nel 1466, il fratello maggiore Galeazzo Maria diviene Duca di Milano. Morto assassinato Galeazzo Maria, il suo posto viene preso, nel 1476, da Gian Galeazzo Maria Sforza, suo figlio, che aveva solo sette anni. Ludovico cerca di opporsi alla reggenza della madre di Gian Galeazzo Maria, Bona di Savoia, che di fatto affida il ducato a Cicco Simonetta, suo consigliere di fiducia. Insieme al fratello Sforza Maria, tentano di batterlo con le armi ma inutilmente: Ludovico è costretto all’esilio in Toscana mentre il fratello muore avvelenato. Poco tempo dopo si riconcilia con la cognata Bona riuscendo poi ad allontanare Simonetta e la stessa Bona, che si stabilisce nel castello di Abbiate (Abbiate Grasso). Incomincia così il periodo di reggenza in vece del nipote. Dotato di grandi abilità diplomatiche e senza scrupoli, il potere di Ludovico accresce sempre di più: si allea con Lorenzo il Magnifico, intrattiene buoni rapporti con papa Alessandro VI Borgia e con il re di Napoli Ferdinando I, la cui nipote, Isabella d’Aragona, sposa Gian Galeazzo Maria. Ludovico, invece, sposa nel 1491 la figlia del duca di Ferrara Ercole I d’Este, Beatrice, e diventa padre di due figli, Massimiliano e Francesco. Fu un periodo molto prolifico per le arti a corte, grazie alla presenza di Bramante e del toscano Leonardo Da Vinci. Proprio il secondo ritrae Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro, nel celebre Ritratto di dama con l’ermellino (attualmente conservato a Cracovia) e ritrae Lucrezia Crivelli, molto probabilmente un’altra amante del Moro, nella Belle Ferronnière (quadro attualmente esposto al Louvre). Ludovico si fregia del titolo di duca anche se in realtà, a livello formale, esso spetterebbe a Gian Galeazzo, nel frattempo trasferitosi a Pavia dove ha creato una sua corte. Nel 1494, alla morte sospetta del nipote Gian Galeazzo Maria, Ludovico può finalmente regnare da solo, anche se il periodo prospero dura poco: dopo una serie di alleanze, tradimenti e battaglie, che lo vedono impegnato contro Firenze e Venezia, il ducato viene conquistato e occupato dalle truppe francesi nel 1499. Mentre Milano perde la propria indipendenza, dando inizio a un dominio straniero che durerà più di tre secoli e mezzo, Ludovico viene catturato dai francesi a Novara il 10 aprile. Viene tenuto prigioniero fino al giorno della sua morte, quando si spegne all’età di 55 anni nel Castello di Loches, in Francia, il 27 maggio 1508.
La Pala Sforzesca
La pala viene realizzata su commissione di Ludovico il Moro dopo il 1494, per ribadire la legittimazione del potere dopo la morte sospetta del nipote, attuando una vera e propria opera di propaganda. Destinata per la chiesa di Sant’Ambrogio a Nemus, entra a Brera nel 1808 a seguito delle soppressioni napoleoniche.
In una sfarzosa cornice architettonica ricca di elementi decorativi preziosi, si sviluppa una sacra conversazione con Madonna e Bambino in trono accompagnati dai Dottori della Chiesa: Sant’Ambrogio (con l’attributo tradizionale dello staffile), San Gregorio Magno (in abiti papali), Sant’Agostino (reggente in mano un libro) e San Girolamo (vestito con il manto rosso). In aria si librano due angeli recanti tra le mani la corona ducale, posta sulla testa delle Vergine. Alla scena assistono, inginocchiati in un rigido profilo dal sapore arcaico, il nuovo duca di Milano, Ludovico il Moro, Beatrice d’Este e i due figli: il primo, ancora in fasce, è il primogenito, Ercole Massimiliano, figlio di Beatrice; l’altro è Cesare, figlio illegittimo del Moro avuto con l’amante Cecilia Gallerani. La presenza di un figlio illegittimo in un ritratto ufficiale può sembrare strana oggi, ma ai tempi erano alquanto tollerati. Inoltre, la moglie Beatrice non nutrì mai nei suoi confronti alcun tipo di ostilità, lasciandolo crescere nella corte insieme ai propri figli. Il secondogenito del Duca, Francesco, se si considera il 1494 come anno di esecuzione della tavola, non poteva essere ritratto nel dipinto poiché ancora nel grembo materno.
Il Moro è presentato alla Vergine e al Bambino da Sant’Ambrogio, vescovo e protettore di Milano; il gesto ha un forte valore simbolico in quanto il santo, in questo modo, diviene garante per il duca posto di fronte alla Vergine e al Bambino, che si protende verso di lui in atto benedicente. Il nuovo Duca sta per essere incoronato con la preziosa corona dorata, indicando quindi una legittimazione divina del suo potere temporale.
I ritratti dei duchi sono spesso accostati a quelli che si trovano nel dipinto di Donato di Montorfano nel refettorio delle Grazie, sulla parete opposta a quella dove si trova l’Ultima Cena, per la stessa posizione e la rigidità delle figure. Nel dipinto, il chiaroscuro accentuato nella definizione dei volti e gli esibizionismi prospettici sono evidenti forzature degli insegnamenti di Leonardo e Bramante. A queste componenti si aggiungono gli arcaici ritratti araldici di profilo, l’ostentazione degli ori, dei gioielli e dei tessuti della corte più ricca d’Italia: il risultato è un dipinto caricato all’estremo, ancora legato a un passato glorioso che sta progressivamente scomparendo e segnando la fine della signoria milanese degli Sforza.
Il Maestro della Pala Sforzesca
Il mistero che cela la tavola è il nome del suo autore. L’opera è stata variatamente attribuita a Vincenzo Foppa, Bernardo Zenale o Ambrogio de Predis; per alcuni critici viene considerata, per l’armoniosa modulazione chiaroscurale, vicina alla scuola leonardesca. Ad oggi è attribuita a un anonimo Maestro della Pala Sforzesca (notizie dal XV secolo al XVI secolo) la cui mano è stata ritrovata anche in altre opere, e la cui pittura è caratterizzata da una decorazione sfarzosa data da un ampio utilizzo della foglia oro, dal sapore tardogotico, unita alla sensibilità realistica della tradizione foppesca e ai contrasti chiaroscurali di matrice leonardesca.
Attraverso diversi riscontri stilistici gli studiosi sono stati in grado di attribuire una serie di opere alla mano del Maestro della pala Sforzesca, alcune di queste sono: La Madonna con bambino con Santo e Donatore del Museum of Fine Arts di Huston, la Madonna in Trono con donatori e Santi alla National Gallery di Londra, una Madonna con Bambino alle Gemäldegalerie di Berlino e i tondi con gli Apostoli custoditi alla pinacoteca del Castello Sforzesco.
Bibliografia
Silvia Bellini, in Brera: guida alla Pinacoteca, a cura di Laura Baini, Milano, Electa, 2004
Mina Gregori, Pittura a Milano: Rinascimento e Manierismo, Milano, Cariplo, 1998
Ludovico Sforza, detto il Moro, duca di Milano, Enciclopedia Treccani
Sitografia
La Dama con l’ermellino. Ritratto di Cecilia Gallerani, di Leonardo da Vinci
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