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A cura di Luisa Generali

 

Dopo una prima introduzione al borgo di Pitigliano ci addentriamo negli ambienti di palazzo Orsini, che dal 1998 ospita il museo diocesano con un allestimento che, attraversando l’intero edificio, consente di apprezzare gli ambienti e gli apparati decorativi degli interni: appena varcata la soglia dell’atrio esterno saremo infatti subito accolti da un magnifico soffitto affrescato con la ruota dello zodiaco (fig.1), tema caro al rinascimento, che alla superstizione e al mito univa gli interessi verso la scienza. L’immagine della ruota con i simboli dell’oroscopo, che si sviluppa in parte proprio sopra la magnifica scalinata che conduce al piano superiore, è immessa in un cielo stellato a sua volta corredato di elementi decorativi geometrici e figurativi, tra cui sui pennacchi troviamo motivi a grottesche, altro tema caro alla cultura figurativa rinascimentale. Questi affreschi, come la maggior parte delle decorazioni parietali meglio conservate, sono da riferirsi al periodo più avanzato della storia del palazzo, riconducibili ai secoli XVI -XVII; appartengono infatti all’intervento dei Medici, detentori della contea e del palazzo dal 1604 fino XVIII secolo, tutta una serie di ambienti con soffitti e pareti dipinti secondo un gusto molto ricco, contraddistinto spesso da tendaggi e parati fittizi, “velari d’arredo”, restituiti vividamente grazie agli espedienti della pittura illusionistica (fig.2-3). Si alternano a questi interventi più recenti anche alcune decorazioni parietali quattrocentesche risalenti alla dominazione degli Orsini, come nello Studiolo del Conte voluto dallo stesso Orsini (fig.4-5-6).  Attribuito alla mano di un ignoto pittore Quattrocentesco di formazione a metà tra l’area toscana-senese e un certo sintetismo di parte viterbese, il ciclo pittorico si rifà ai famosi esempi del ciclo degli uomini illustri, raffigurando nei medaglioni diversi personaggi della casata. Tra queste personalità è indicato da un cartiglio Totila “Flagello di Dio”, re degli Ostrogoti, ricordato come condottiero impavido, figura leggendaria rimasta nella storia per il coraggio, la cui presenza qui voleva forse alludere al paragone con le importanti imprese belliche compiute da Niccolò III. Il pittore cerca di restituire anche una certa verosimiglianza prospettica attraverso l’espediente del clipeo cassettonato a cui si affacciano i personaggi, mentre nel fregio più in alto accanto ad alcuni giocosi puttini sono alternate nature morte raffiguranti vari oggetti, tra cui dei libri rappresentati in maniera illusionistica generando l’effetto del trompe-l’oeil (pittura illusionistica, letteralmente “inganna l’’occhio”). La stanza del conte di Pitigliano si inserisce quindi a tutti gli effetti tra gli esempi di studioli privati rinascimentali, luoghi simbolo della cultura umanistica dove il riposo e lo esercizio intellettuale del sovrano si conciliavano appieno con l’arte circostante.

 

Tra le opere più significative ospitate nel museo troviamo in ordine di tempo la statua lignea raffigurante la Madonna col Bambino, capolavoro di Jacopo della Quercia (1374-1438). Proveniente dalla chiesa di Sant’Agostino a Santa Flora l’opera rappresenta perfettamente lo stile dello scultore, che alla formazione senese distinta dalla leggiadria e grazia gotica coniuga gli studi classici dell’area fiorentina anticipando i moti dell’animo della scultura rinascimentale. L’impronta di Jacopo della Quercia è ben evidente soprattutto nella figura della Vergine, la cui vitalità nel volto si associa al movimento mosso del manto che pervade il corpo per intero restituendo un effetto di maestosa eleganza(fig.7-8). Oltre alla forma l’artista vuole dare risalto anche alla sfera emotiva raccontando l’intimità di un momento, con il gesto fanciullesco di Gesù che con il braccio tenta di avvicinarsi a Maria, mentre lei lo corrisponde con un amorevole sguardo.

 

È invece da attribuire alla mano di una maestranza fiorentina (forse alla bottega di Donatello) il Tabernacolo Eucaristico in marmo corredato dallo sportellino centrale in metallo proveniente dalla cattedrale della vicina Sovana (fig.9). L’edicola si caratterizza in più registri dove la lavorazione a rilievo impreziosisce e delinea tutte le varie componenti di questa piccola architettura. Nell’opera si trovano elementi figurativi puramente rinascimentali ripresi dal linguaggio antico, come le due lesene con capitello corinzio che delimitano la zona centrale insieme a una serie di ornamenti, quali ghirlande, corone e motivi a palmette. Chiude in alto un coronamento semicircolare dove al centro è rappresentato il sacramento eucaristico, mentre nella parte inferiore il tabernacolo è terminato da una sorta di peduccio aggettante su cui è scolpito il blasone del Vescovo Tommaso Piccolomini. Ma la straordinarietà di questo antico arredo liturgico è data dalla perfetta conservazione dello sportellino centrale, opera coeva di oreficeria fiorentina in metalli preziosi quali rame, argento e oro (fig.10): la lavorazione di tali materiali costituisce un disegno chiarissimo a più livelli, dove in primo piano spicca in alto rilievo il Vir dolorum, ovvero l’immagine di Cristo ancora per metà nel sepolcro affiancato da due angeli in preghiera, in un momento ancora di transizione tra la morte corporea e la resurrezione. Mentre in primo piano si sviluppa quindi il tema sacro principale, lo sfondo della lamina di metallo diventa una sorta di “foglio metallico” su cui incidere i simboli della passione di Gesù. Tra le immagini più iconiche riconosciamo la corona di spine, il bacio di Giuda, le mani di Pilato, la colonna della flagellazione, il gallo, i dadi, la lancia e la scala. In alto negli angoli si fronteggiano il sole e la luna entrambi dall’ aspetto umanizzato, metafora della partecipazione dell’intero universo alla passione.

 

Viene datata alla prima metà del Cinquecento la statua in legno di pioppo, pregevole opera di bottega veneto-lombarda che omaggia a figura intera Niccolò III Orsini in vesti marziali (fig.11). La provenienza di area settentrionale è da attribuire al ruolo dell’Orsini, grande condottiero per la Repubblica veneta, ricordato dalla Serenissima come uno tra i più grandi comandanti dell’esercito veneziano e per questo omaggiato con un monumento funebre nella Basilica di San Giovanni e Paolo, accanto ai sepolcri dei Dogi. Originariamente policroma, la scultura celebrativa soprattutto delle virtù militari del signore evoca in modo realistico le caratteristiche fisiche dell’Orsini confermate anche dalla ritrattistica che ci è giunta, e si sofferma con molta attenzione sui dettagli dell’armatura, anche questi particolarmente attenti al dato reale.

 

Tra le opere di Palazzo Orsini non si potrà non notare inoltre un piccolo ma raffinatissimo pezzo della bottega dei Della Robbia (XV secolo), di provenienza dubbia, e forse unico superstite di una pala in rilievo nei classici toni monocromi della terracotta invetriata raffigurante una Madonna con Bambino (fig.12). Colpisce la delicatezza di questo unico frammento in cui il solo fatto di poter osservare il volto di Maria non lascia spazio ad altre distrazioni; anche se di dimensioni ridotte è infatti immediatamente riconoscibile la maestria che caratterizza questa famiglia di artisti nel definire con pochi tocchi di colore un ovale perfetto dalla bellezza immacolata e al contempo viva di sentimenti.

 

Concludiamo questa rapida panoramica tra le opere del museo con la tavola raffigurante L’Assunzione di Maria di Girolamo di Benvenuto (1470-1524), figlio di Benvenuto di Giovanni, famiglia di artisti senesi che subì precocemente l’influenza della scuola fiorentina (fig.13). L’opera rappresenta al centro il miracolo dell’Assunzione, in cui la figura di Maria appare ieratica e salda nella sua monumentalità, avvolta in un velo bianco che presenta un elegante motivo arabescato: ai lati una schiera di santi e angeli musici presenzia all’evento divino mentre sul piano terreno assistono alla scena i santi Tommaso, Girolamo e Francesco.  La tavola, proveniente dal convento della SS. Trinità di Selva, conserva la stessa identica composizione dell’Assunzione della Vergine nella chiesa dei Santi Sebastiano e Fabiano ad Asciano, affresco attribuito alla mano di Benvenuto di Giovanni, a cui si pensa però che abbia collaborato anche il figlio (fig.14). Sebbene il tentativo ben riuscito di una perfetta imitazione, nell’opera di Pitigliano Girolamo di Benvenuto sembra superare gli insegnamenti paterni dimostrando una maggiore consapevolezza dei volumi e nella modulazione delle luci e ombre. L’utilizzo della tecnica a tempera su tavola restituisce inoltre una lucentezza dei colori molto più viva che produce un effetto smaltato e permette di giocare su la preziosità di certi dettagli; se infatti ad una prima occhiata l’apparizione miracolosa sembra il solo accadimento, ad uno sguardo più attento si potrà notare sullo sfondo un brulicare di quotidiane situazioni che ingentiliscono la scena collocandola in uno scenario terreno (fig.15-16-17). Gran parte del fondale è occupato da un paesaggio marino circoscritto da lievi montuosità e popolato da imbarcazioni più o meno grandi di cui sorprendono certe minuscole particolarità realizzate con l’attenzione di un miniaturista: sulla terra ferma  cavalieri, gentiluomini a passeggio e strutture architettoniche di fantasia impreziosiscono lo scenario stemperando con le leggerezze della vita quotidiana l’austerità del momento divino; colpisce inoltre la maestria dell’artista nella realizzazione di certe figurine in nero dai tratti stilizzati, definiti con brevissimi tocchi di pennello e rapide lumeggiature.

 

 

 

 

Bibliografia

I trionfi degli Orsini: gli affreschi ritrovati, a cura di Marco Monari, Pitigliano (Gr) 2013.

Corridori, Il Palazzo Orsini di Pitigliano nella storia e nell’arte: dai conti Aldobrandeschi ai conti Orsini, dai granduchi di Toscana ai vescovi di Sovana, Firenze 2004.

 

Sitografia

Su Jacopo della Quercia: https://www.treccani.it/enciclopedia/jacopo-di-piero_%28Dizionario-Biografico%29/#:~:text=JACOPO%20di%20Piero%20(Jacopo%20della,334

Su Benvenuto di Giovanni: https://www.treccani.it/enciclopedia/benvenuto-di-giovanni_%28Dizionario-Biografico%29/

Su Girolamo di Benvenuto: https://www.treccani.it/enciclopedia/girolamo-di-benvenuto-di-giovanni_%28Dizionario-Biografico%29/

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