A cura di Alessandra Apicella
Quando si parla dell’isola di Capri molte sono le bellezze naturali, architettoniche e in parte modificate dall’uomo degne di nota, come nel caso di via Krupp, una strada scavata nella roccia che collega il centro di Capri con la baia di Marina Piccola e le grotte sottostanti.
Frederick Alfred Krupp fu un importante imprenditore tedesco che, ereditata dalla famiglia la fabbrica di acciaieria, prevalentemente dedicata agli armamenti, nel 1889 si trasferì a vivere nell’isola azzurra per godere delle bellezze del luogo e della sua vita. Qui si occupò anche di portare avanti le sue ricerche biologiche marine sul plancton, utilizzando il suo panfilo ancorato a Marina Piccola.
La nascita del progetto della costruzione della via è indissolubilmente legata alla mera necessità pratica che Krupp si trovò ad affrontare: il dover arrivare nella baia di Marina Piccola. All’epoca la baia ed il centro di Capri, dove lui risiedeva, nello storico albergo del Quisisana, erano scarsamente collegate in quanto l’unica strada possibile era quella di via Mulo, un semplice sentiero.
Comprata una vasta area di terreno che andava dalla Certosa di San Giacomo al Castiglione, e creatovi un parco, che dopo la Prima Guerra Mondiale prenderà il nome di Giardini di Augusto, propose l’idea della costruzione della via. Nonostante gli iniziali dubbi, la proposta di Krupp alla fine venne approvata ed il progetto fu affidato all’architetto napoletano Emilio Mayer.
Il progetto prevedeva la confisca di alcune terre dal fondo della Certosa e la necessità di tagliare un’ampia parte di roccia viva fino al mare, andando a modificare in modo inevitabile l’assetto e la visibilità di quella parte dell’isola.
I lavori furono ultimati nella primavera del 1902 e sia i giardini che la via presero il nome del loro benefattore, per poi essere, però, modificati nel settembre del 1918, durante la Prima Guerra Mondiale. Per non mantenere il nome ed il ricordo della potenza distruttrice tedesca, furono rinominati in Via di Augusto e Giardini di Augusto. Al contrario di questi ultimi, che mantennero sempre questa ridenominazione, la via continuò ad essere nominata dalla popolazione caprese con il nome del magnate tedesco, fino a quando nel 1961 la giunta comunale decise di restituirle il nome originario.
La strada ha inizio dai Giardini di Augusto con un breve tratto iniziale retto per poi dipanarsi in una particolare struttura a tornanti, che raggiunge un totale di otto curve. La strada prevede poi una ripresa lineare per un lungo tratto, da cui è possibile osservare i celebri faraglioni di Capri, particolari formazioni rocciose nate dall’erosione dovuta all’acqua famose in tutto il mondo. Dal medesimo tratto si può poi scegliere di proseguire tra due sentieri, che portano rispettivamente alla grotta del Castiglione e quella dell’Arsenale. Alla fine del rettilineo è posto un cancello che segna la fine della strada, che da pedonale si tramuta in carrozzabile, confluendo nella principale Via Marina Piccola, che conduce all’omonima baia.
Sin dalla sua inaugurazione la strada fu utilizzata come sede espositiva per varie opere d’arte contemporanea, particolare il caso del 2010 quando l’artista Pietro Iori, con l’installazione Passo dopo Passo… nella storia e nel mito di Capri posizionò centosei orme che rappresentavano le “impronte” lasciate da personaggi di spessore che hanno influenzato la storia dell’isola. Dagli imperatori romani – quella di Tiberio è infatti la prima – ai dandy, ai musicisti e agli scrittori che fecero di quest’isola un ritrovo per l’anima.
Una peculiarità di questa strada e dell’intera isola di Capri va ravvisata nella sua formazione geologica molto particolare e oggetto di grande interesse dei geologi. Costituita da molti versanti calcarei rocciosi, molto complessi e friabili, è oggetto, purtroppo, di frequenti crolli di frammenti o parti delle pareti rocciose. La stessa via Krupp fu colpita da una di queste frane: nel 1976 un masso si staccò dalla parete rocciosa e danneggiò gravemente la strada, per cui le autorità comunali optarono per una chiusura definitiva. Nonostante fosse nei fatti inagibile, la strada continuò nel tempo ad attirare frotte di turisti, ammaliati dalla sua storia, struttura e bellissima vista, avventurandosi nel percorso, arginando cancelli e muretti di protezione. Un tentativo di riapertura fu attuato nel 1994, ma ben presto fu necessaria un’ulteriore chiusura. La storia di questa via proseguì tra aperture, chiusure e tentativi di lavori attraverso il consolidamento delle pareti e forme di protezione, fino ai giorni nostri. Attualmente la via risulta chiusa a tempo indeterminato dal 2016, ed è possibile osservarla solo dai soprastanti giardini, anche se qualche avventuroso un po’ sprovveduto è sempre possibile osservarlo tra i vari tornanti.
Per chi scavalca e si accinge al percorso, la parte rettilinea della strada cede poi il posto ad un sentiero roccioso, con enormi massi che porta su una scogliera ed infine alla grotta dell’Arsenale, di origine romana.
Raggiungibile anche dal mare, situata a 4 metri dal livello dell’acqua e arretrata di 20 rispetto alla linea di costa, la zona antistante la grotta presenta un chiaro intervento umano di spianamento della roccia con l’obiettivo di creare una sorta di scivolo che permettesse di tirare a secco le imbarcazioni di chi vi fosse giunto via mare. Lo spazio interno della grotta, degradante in altezza verso il fondo, presenta tre cavità al suo interno, più piccole e asimmetriche tra loro. È probabile che ce ne fossero di più, posizionate in modo simmetrico, che però non ci sono pervenute.
La più piccola, isolata ad ovest, è di pianta rettangolare e presenta una muratura in opera reticolata e rinforzi agli angoli. Le altre due, sul fondo della grotta, sono fra loro diverse: quella ad est presenta delle tracce di reticolato, mentre quella ad ovest, di pianta quasi quadrata, è interamente foderata da laterizio. Il toponimo “Arsenale” deriva dal fatto che si credeva che la grotta fosse stata utilizzata dai romani come piccolo cantiere navale, ma mantenne questo nome anche quando ne fu identificata la reale funzione, quella di ninfeo. Come si attesta, infatti, dal ritrovamento di alcune tessere musive e rivestimenti marmorei, doveva essere particolarmente articolato nella costruzione e decorazione, poiché voluto e prediletto come luogo di ritrovo personale dallo stesso imperatore Tiberio. Probabile era anche la presenza di statue, fontane e giochi d’acqua che contribuivano a creare un’atmosfera mistica e molto suggestiva.
Data la sua lontananza dal centro cittadino e le difficoltà impervie che si devono affrontare per raggiungerla, si diffuse la notizia che la grotta e la spiaggetta antistante fossero divenute una delle mete predilette dei nudisti capresi, in cerca di un contatto più diretto con la natura e di maggiore libertà.
Per quanto fra loro distanti temporalmente, questi due interventi di modifica del territorio sono solo alcune delle tracce che ci restano e che hanno contribuito a creare l’immagine dell’isola conosciuta in tutto il mondo. Gli interventi più e meno invasivi, che si sono dipanati dai tempi romani fino al Novecento, si sono sempre perfettamente armonizzati al territorio e all’immagine dell’isola che si aveva, come luogo naturale di bellezza, di ritrovo culturale e intellettuale al di là dei secoli e delle mode.
Bibliografia
Adelia Pelosi, Percorsi Archeologici dell’isola di Capri, Edizioni La Conchiglia
Paolino Mingazzini, Le grotte di Matermania e dell’Arsenale a Capri, in “Archeologia Classica” VII 1955, pp. 139-163
Sitografia
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