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A cura di Alessia Zeni

 

Nelle Giudicarie Esteriori del Trentino occidentale, un piccolo paese a 20 km da Trento conserva uno dei più importanti siti archeologici dell’arco alpino. Si tratta di Fiavé e della “Riserva Naturale provinciale” che conserva al suo interno uno dei più importanti complessi palafitticoli preistorici europei. Il sito si trova a quota 648 s.l.m. in corrispondenza dell’antico Lago di Fiavé, oggi Torbiera in località Carera e denominata a livello locale la palude di “Palù”.  La Torbiera di Fiavé si estende su una vasta conca triangolare chiusa fra i monti Cogorna e Misone e a nord dallo sbarramento morenico su cui sorge il paese di Fiavé. 

Tra gli anni Sessanta e Settanta importanti scavi archeologici nella Torbiera di Fiavé hanno portato alla luce un complesso sito palafitticolo riconosciuto oggi a livello mondiale e inserito dal 2011 nei “110 siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” patrimonio dell’umanità UNESCO. Un sito la cui importanza è data dalle diverse forme insediative individuate, l’eccezionale stato di conservazione dei reperti lignei e dall’approccio globale delle ricerche.

 

Il sito archeologico di Fiavé 

Lago, sito palafitticolo, torbiera e area archeologica è il percorso che ha fatto nel corso dei millenni la Riserva naturale provinciale “Fiavé”. Una riserva di 137 ettari la cui storia risale a 15.000 anni fa quando, per sbarramento morenico, nelle fasi finali dell’ultima glaciazione, si andò formando un lago con le acque del torrente Carera e che doveva raggiungere i 10-15 metri di profondità. Oggi il Lago di Fiavé non esiste più, ma sappiamo che fino alla metà dell’Ottocento il lago esisteva con acque poco profonde (1-2 metri) e che di questi pochi metri solo la metà era occupata dall’acqua, il restante non era altro che deposito torboso. A partire dal 1853, l’ampio banco di torba che sostituì l’acqua fu sfruttato dalla “Società per l’escavazione della torba nel Tirolo Italiano” per la produzione di materiale combustibile. Una società che prevedeva di agire sulla palude di Fiavè e ricavare materiale torboso per le industrie di tutto il Trentino (birrifici, tintorie, cartiere, filande e fornaci di laterizi).

In seguito all’intensa estrazione della torba, già nella seconda metà del XIX secolo vi furono le prime segnalazioni del rinvenimento di pali e materiali archeologici. Le segnalazioni di materiale archeologico proseguirono fino al XX secolo, quando vennero condotti gli scavi più importanti dall’archeologo trentino Renato Perini, il quale diresse le principali ricerche sul sito e curò l’edizione integrale delle campagne di scavo condotte tra il 1969 e il 1976, con la collaborazione del Museo Tridentino di Scienze Naturali e poi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Provincia di Trento.

Nel tempo le indagini sono state estese all’intera torbiera e proseguite fino agli inizi degli anni Novanta del XX secolo, che hanno visto la partecipazione di università internazionali, come Londra e Ginevra, sotto la direzione di Perini e poi del sovrintendente provinciale Franco Marzatico. Le ricerche degli anni Ottanta e Novanta hanno permesso di ricostruire l’evoluzione paleo-ambientale dell’antico lago e di individuare altre aree di interesse archeologico: complessivamente sette zone, interessate dalla presenza dell’uomo tra VII e II millennio a.C. [1].

Le scoperte sono state eccezionali sia dal punto di vista scientifico che storico per la ricostruzione delle più antiche comunità agricole europee. Le ricerche hanno portato alla luce i resti archeologici delle popolazioni che hanno abitato il Lago di Fiavè a partire dall’antico mesolitico per almeno cinquemila anni, con la costruzione di case in legno sulle rive, poi sul lago con le classiche palafitte e infine nell’entroterra con la costruzione delle prime case su terrazzamenti in pietra.

La più antica frequentazione umana attestata nell’area protetta di Fiavé è collocabile al mesolitico (VII millennio a.C.), invece il primo insediamento stabile è datato al tardo Neolitico (3800 e 3600 a.C.) e sorgeva su un’isoletta posta quasi al centro della parte meridionale del lago con la costruzione di capanne sulla riva del bacino. Gli insediamenti con le strutture meglio conservate appartengono ai secoli centrali del II millennio e si tratta di abitati su palafitte all’interno del lago: palafitte sull’acqua sorrette da pali isolati, datate tra antica età del Bronzo e l’inizio di quella media (1800-1500 a.C.). L’abbandono di quest’ultima costruzione corrispose al sorgere di un nuovo avanzato villaggio a palafitte, costruito in parte all’asciutto e in parte in acqua: un villaggio in paglia e legno sorretto da una complessa struttura a reticolo adagiata lungo la sponda e sul fondo del lago, eccezionalmente ben conservata, datata ad un momento avanzato della media età del Bronzo (1500-1350 a.C.). Infine, un incendio distrusse quest’ultimo moderno abitato palafitticolo e un nuovo nucleo abitativo venne costruito all’epoca dell’incendio. Quest’ultimo villaggio fu costruito su una piccola altura di origine morenica al margine meridionale del lago, il Dos Gustinaci, nell’entroterra vicino al lago, intorno agli ultimi secoli del secondo millennio (1300-1200 a. C.). In questo luogo il popolo primitivo del Trentino occidentale costruì le prime capanne in legno su terrazzi artificiali in pietra (Fig. 3)[2].

 

Migliaia e di vario tipo sono stati i ritrovamenti archeologici effettuati nella palude di Fiavé, così come centinaia i materiali caduti in acqua accidentalmente o gettati al tempo delle palafitte e che oggi sono importante testimonianza delle conoscenze tecniche e artigianali dei popoli primitivi – vasi in ceramica, monili in bronzo, gioielli in ambra baltica e oro, che erano rarissimi all’epoca -. Una collezione unica in Europa di oggetti in legno, circa 300 esemplari: stoviglie e utensili da cucina (tazze, mestoli, vassoi), strumenti da lavoro come secchi, mazze, falcetti, trapani, manici per ascia, oltre a strumenti legati alla caccia e alla difesa – un arco e alcune frecce -. Le particolari condizioni ambientali del deposito torboso di Fiavè hanno permesso di individuare anche semi e frutti (carbonizzati e non) di derrate alimentari: spighe di grano e orzo, farro, corniole, nocciole, mele, pere, uva, lamponi, more e altri frutti consumati all’epoca. L’unicità di questa scoperta ha confermato che l’agricoltura era una componente importante e primaria nell’economia di sostentamento di una comunità tipica dell’età del bronzo nella regione subalpina [3].

In ultimo è bene anche ricordare la grande quantità di pollini delle piante che la torba ha conservato e che si sono succeduti negli ultimi quindicimila anni. Agli inizi del Novecento furono effettuate delle ricerche per conoscere il clima che vi era nella preistoria, con lo scopo di ricostruire l’evoluzione del clima, della vegetazione e degli interventi dell’uomo nel periodo successivo all’ultima glaciazione. 

Il “Museo Palafitte di Fiavé” 

 

Il 14 aprile 2012 nella Casa Carli di Fiavé è stato inaugurato il “Museo delle Palafitte”, un museo all’avanguardia che conserva la collezione di reperti archeologici ritrovati nella Torbiera di Fiavé.

Il museo è stato organizzato su due grandi piani. Al primo piano sono raccontate al visitatore le ricerche archeologiche del sito di Fiavé, attraverso filmati e plastici, e la storia dell’antico Lago di Fiavé prima dell’arrivo dell’uomo, risalente a 15.000 anni fa. Segue un’esposizione di reperti mobili e una vetrina, lunga più di sette metri, dedicata alle sette fasi di vita del villaggio.

La sezione più interessante è quella del secondo piano, nel sottotetto, dove uno dei plastici mai realizzati all’interno di un archeo museo ricostruisce il villaggio palafitticolo di “Fiavé 6”, ovvero quello della media età del bronzo con oltre settanta personaggi intenti nella costruzione delle capanne sull’acqua (Fig. 12). A fianco del plastico, alcune vetrine sono dedicate al lavoro dei campi con l’esposizione di falcetti, un aratro e il giogo (Fig. 10), alle specie coltivate e a quelle allevate o cacciate. Alla fine della visita del secondo piano, su un tavolato leggermente rialzato rispetto al pavimento, si aprono dei piccoli ambienti che riproducono la vita all’interno delle palafitte: la vita intorno al focolare, la preparazione dei cibi, la confezione delle vesti e degli ornamenti, la produzione di oggetti in ceramica, metallo, legno e osso e la loro funzionalità nella vita quotidiana di donne e uomini.

Infine, una sezione è dedicata alla “Riserva Naturale provinciale” della Torbiera di Fiavé con le indicazioni delle molte specie animali che la vivono, dagli anfibi, ai rettili e gli uccelli migratori che ogni anno vi fanno sosta. 

 

Il “Parco Archeo Natura”

L’apertura del “Museo palafitticolo di Fiavé” nel 2012 è stato il primo passo per la creazione del grande “Parco Archeo Natura” ideato dalla Soprintendenza per i Beni culturali della Provincia di Trento con la collaborazione di vari enti locali ed inaugurato nel 2021. Un “Parco archeologico” che comprende il sito con i resti, tuttora visibili, dei pali che dovevano sorreggere le costruzioni preistoriche, il Museo e la Riserva Naturale della Torbiera di Fiavé.

Il “Parco Archeo Natura” è stato pensato con l’intento di far conoscere la vita ai tempi delle palafitte, attraverso l’installazione di vere e proprie palafitte e la riproduzione di un villaggio palafitticolo. Il percorso è stato attrezzato anche per scoprire le attività che venivano svolte dal popolo primitivo, dalla costruzione delle palafitte, alla lavorazione del legno, della terracotta e della metallurgia, l’allevamento, l’agricoltura ed i culti antichi. Il tutto raccontato con installazioni, pannelli informativi, filmati e percorsi didattici per immergersi, all’aria aperta del Parco, nella vita del mondo preistorico. 

 

 

 

Note

[1] Nelle sette aree individuate dagli archeologi è stata accertata la presenza dell’uomo grazie a scavi in estensione condotti dall’archeologo Perini nelle prime tre zone, mentre nelle altre quattro attraverso carotaggi e sondaggi studiati da Franco Marzatico.

[2] P. Bellintani, L. Moser, F. Didonè, Il Museo delle palafitte di Fiavé, p. 28; P. Bellintani, Fiavè 40 anni dopo, pp.111-112.

[3] R. Perini, Scavi archeologici Parte I, pp. 345-347.

 

 

 

Bibliografia

Renato Perini, Scavi archeologici nella zona palafitticola di Fiavé-Carera. Parte I. Campagne 1969-1976. Situazione dei depositi e dei resti strutturali, Trento, Alcione, 1984

Gianni Ciurletti, Guido Ferrara, Fiavè – Torbiera Carera (Trentino – Italia). Il parco e il museo archeologico/naturalistico delle palafitte. Un progetto in fase di realizzazione, In Paolo Bellintani e Luisa Moser (a cura di), Archeologie sperimentali. Metodologie ed esperienze fra verifica, riproduzione, comunicazione e simulazione. Atti del convegno. Comano Terme-Fiavè (Trento, Italy) 13-15 settembre 2001, Trento, Alcione, 2003, pp. 159-169

Paolo Bellintani, Luisa Moser, Frando Didoné, Il Museo delle palafitte di Fiavé, in Vincenzo Tiné e Loretta Zega (a cura di), ArcheoMusei. Musei archeologici in Italia. Atti del convegno. Adria, Museo Archeologico Nazionale, 21-22 giugno 2012, 2012, pp. 28-29

Paolo Bellintani, Cristina Dal Rì, Monica Dorigatti, Luisa Moser, Elena Silvestri, Il Museo delle Palafitte di Fiavé, in Franco Nicolis (a cura di), Ada. Archeologia delle Alpi, 2014, Trento, Temi, 2014, pp. 167-175 

Riccadonna Donato, Lappi Ennio, Zattera Mauro, Quando a Fiavé c’era un lago. La storia dello scavo della torba nel Palù di Fiavé tra malaria e palafitte, Arco, Grafica 5, 2018

Paolo Bellintani et al., Fiavé 40 anni dopo. Diagnostica sulle strutture palafitticole delle aree di scavo Perini conservate in situ, in Palafitte: ricerca, conservazione, valorizzazione. Atti del convegno, Desenzano del Garda, 6-8 ottobre 2011, Quingentole, SAP Società archeologica, 2018, pp. 111-118

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