4
(13)
A cura di Ludovica Diana

Aligi Sassu

 

 

Aligi Sassu, artista nato il 17 luglio del 1912 a Milano dal matrimonio di Lina Pedretti, originaria di Parma, e di Antonio Sassu, originario di Thiesi in Sardegna, ha rappresentato un interessante punto di congiunzione tra panorama artistico italiano e internazionale. Artista cosmopolita e particolarmente recettivo rispetto alle novità del suo tempo, ha viaggiato ed esposto in Spagna, America, Cina, Sud America e molti altri paesi.

Da sempre affascinato dalle tecniche artigiane, Sassu è stato in grado di sperimentare molti differenti mezzi artistici e di lasciarsi ispirare da influenze sempre nuove; ha lavorato infatti con matita e inchiostro su carta, acqueforti, acquetinte, ceramica, pittura ad affresco, a secco, ad olio, ad acrilico e perfino sculture bronzee di grandi dimensioni .

La formazione milanese gli permise di conoscere direttamente gli ambienti artistici d’avanguardia, a cui si avvicinò grazie al padre, Antonio Sassu, anch’esso artista, oltre che militante socialista. Infatti, Aligi, formò la propria coscienza civile e politica in tale area, rimanendo sempre legato a degli ideali di libertà e giustizia, spesso immaginati e rappresentati artisticamente in chiave utopica. Pensava infatti che l’immaginazione potesse essere uno strumento per il cambiamento, un’occasione per vedere nuovi mondi.

Tale sviluppata sensibilità politica è da leggere in relazione anche al suo legame con Thiesi, in cui visse per circa tre anni a partire dai primi anni Venti, ma che frequentò anche da adulto avendo modo di comprendere le istanze di rinnovamento e il senso di ingiustizia radicati nel popolo sardo, oltre che la produzione artistica regionale, che ebbe sotto agli occhi fin da piccolo e che, in questi termini, ha indubbiamente costituito per lui un modello.

 

La giovinezza

L’esperienza futurista

Il giovane Aligi ebbe modo di frequentare precocemente esposizioni artistiche e biblioteche milanesi e, altrettanto rapidamente, appena adolescente, si fece avanti insieme all’amico Bruno Munari presentandosi a Filippo Tommaso Marinetti. I due infatti presero successivamente parte ai lavori del Secondo Futurismo, mentre, a partire dal 1925, lavorò da apprendista in un’officina litografica mentre la sera frequentava dei corsi dell’Accademia di Brera. Tuttavia, ciò dovette farlo in una condizione di effettiva precarietà sul piano economico, causata anche dalle persecuzioni politiche che il padre dovette subire in quanto antifascista. Nonostante le difficoltà il padre fu per Sassu un’importante figura di riferimento; Antonio Sassu aveva infatti collaborato con Carlo Carrà, i due avevano realizzato una serie di immagini di propaganda socialista, e trasmise al figlio le istanze di progresso e modernizzazione proprie dell’universo futurista.

Il processo di appropriazione delle logiche del movimento non avvenne attraverso la riproduzione pedissequa dei suoi linguaggi, infatti, Sassu, che rapidamente si discostò dalla stilizzazione, imputava – sia al Primo che al Secondo Futurismo – di aver fatto perdere complessità alla figura umana. Pubblicò allora il suo Manifesto della Pittura Dinamismo e Riforma muscolare, firmato con Bruno Munari e uscito nel 1928, in cui i due giovani artisti denunciavano apertamente l’appiattimento della realtà dovuto a un eccessivo utilizzo della linea dinamica che inevitabilmente stava portando a una tendenza all’astrazione.

Nemmeno Umberto Boccioni, il più espressionista dei futuristi, che riservò sempre una certa attenzione alle forme della realtà, si salvò dalle critiche dei due artisti, Sassu, che tra l’altro aveva avuto modo di vedere diverse opere del maestro tra cui il bozzetto per La città che sale che si trovava a casa di Fedele Azari, lo giudicava comunque troppo influenzato da un’astrazione fine a se stessa.

Sassu aveva sempre nutrito una certa curiosità nei confronti dell’indagine sociale, mettendo apertamente l’uomo al primo posto. Lo rappresenta deformato ma mantenendo sempre una tendenza al vero; le sue figure sono riconoscibili e comunicative proprio perché per lui l’arte deve essere un’occasione per responsabilizzare sul piano civile il pubblico.  Sono anni storicamente molto significativi quelli in cui lavora Sassu, si trova infatti a cavallo tra la Seconda Guerra Mondiale e il dopoguerra, alle prese con un grande esempio di disfacimento morale e umano.

 

L’amore per l’uomo e l’istanza politica

Sassu continuò a frequentare ambienti futuristi e partecipare alle mostre organizzate da Marinetti fino agli anni Trenta; finita l’esperienza cominciò un’ inesorabile transizione stilistica che, tuttavia, non fu mai orientata verso il ”ritorno all’ordine” tipico dell’epoca fascista – di cui furono un esempio i lavori del gruppo Novecento di Margherita Sarfatti.

 

Da questo momento in poi, l’universo pittorico di Sassu sarà costellato di essere umani,  spesso socialmente caratterizzati e per questo rappresentanti di diversi mondi: i ciclisti, gli scioperanti, gli operai, i minatori, i guerrieri rivoluzionari, i volti dei Cafè e delle case d’appuntamento, importanti personaggi storici, ma anche gli Uomini Rossi e gli Argonauti. Si tratta della volontà di raccontare l’uomo e il suo sentire, sempre con un riferimento spiccatamente politico, indipendentemente dalla scelta di farlo immaginandolo in chiave mitica, come agente del processo storico o come protagonista di microcosmi meritevoli di essere scoperti e raccontati.

Lo slittamento tematico fu affiancato da un utilizzo sempre più elaborato e libero del colore e della pennellata, coerentemente a quanto accadeva sul piano internazionale. Infatti, la serie di Uomini Rossi, che presenta le categorie umane più disparate – dai Ciclisti ai Calciatori, dai Giocatori di Dadi ai Ragazzi sulla Spiaggia, dai Musicisti ai Circensi – fanno eco a quanto realizzarono quegli artisti espressionisti politicamente schierati e che protestano contro le catastrofi originate dai Regimi totalitari, tra cui James Ensor, Pablo Picasso ed Emil Nolde.

In Italia tale atteggiamento di sovversione rispetto all’indirizzo culturale stabilito dal regime è rintracciabile solo nella produzione della Scuola Romana di via Cavour, gruppo nato nel 1927 grazie all’incontro di Mario Mafai, Antonietta Raphaël e Gino Bonichi, detto Scipione, schieratosi apertamente contro il gruppo Novecento, e concentrato in modo particolare sulla rappresentazione dei desolati esterni romani, proprio nel momento in cui era in atto il piano regolatore fascista interessato alla demolizione di antiche porzioni cittadine in un’ottica di riqualificazione.

 

Sassu diede la più grande dimostrazione di impegno politico mantendendo sempre una ferrea posizione antifascista. Nel 1934, il ritrovamento di un vecchio amico, Raffaellino De Grade, vicino ad esso sul piano ideologico, gli diede la possibilità di frequentare una rete di giovani dediti all’attivismo politico e informati sugli eventi internazionali.

L’istanza politica venne esplicitamente espressa per la prima volta nell’opera Fucilazione nelle Asturie, realizzata nel 1934, riferimento alla Rivoluzione delle Asturie, manifesto di opposizione al regime dittatoriale e frutto dello sdegno provato da parte dell’artista nei confronti delle vicende che porteranno alla Guerra Civile Spagnola.

L’opera, caratterizzata da un massiccio approccio materico e da una pennellata espressionista, crea un’atmosfera che, soprattutto nella scelta del tema, fa eco al dipinto 3 Maggio 1808 realizzato nel 1814 da Francisco Goya, raffigurante la resistenza delle truppe madrilene dinanzi agli invasori francesi durante la Guerra d’Indipendenza Spagnola.

Tuttavia, nuovi ostacoli non tardorno ad arrivare nella vita di Sassu che, dopo aver preso parte ad un’organizzazione antifascista e aver realizzato un volantino con moti insurrezionali, venne arrestato e condannato a dieci anni di reclusione, che fortunatamente non scontò mai perchè, nel 1938, ricevette la grazia del re, diventando un sorvegliato politico.

Ciò nonostante, la produzione di opere politiche continuò anche dopo la condanna, tra queste molto significativa è I martiri di Piazzale Loreto, esposta nel 1954 alla Biennale di Venezia e comprata da Giulio Carlo Argan per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. In quest’opera Sassu raffigura un evento a cui aveva preso parte in prima persona, ovvero l’uccisione di quattordici partigiani ad opera di un reparto della Repubblica Sociale. L’artista riporta sulla tela i numerosi corpi ammassati senza vita, con i volti emaciati e con un utilizzo ridondante del rosso ad evocare lo spargimento di sangue. La sua condizione di sorvegliato rese sconveniente l’esposizione di opere in contesti politicamente connotati, infatti, nonostante fosse un componente attivo del gruppo Corrente non partecipò mai alle loro mostre. Corrente era all’epoca il più importante gruppo di intellettuali schierati contro il regime fascista, ne faceva parte anche Ernesto Treccani che spinse per la creazione di un periodico il quale però ebbe vita breve; già nel 1940 Mussolini ne sospese le uscite poiché troppo sovversivo.

 

La pittura murale come pittura sociale

Nel 1939, poco dopo il suo arresto, Aligi Sassu realizzò il suo primo affresco, chiamato Diana e Callisto, in cui la scena mitica allude metaforicamente alla necessità umana di libertà, intesa ovviamente anche in senso civile.

Nel 1950, invece, iniziò a dedicarsi alla pittura murale, proprio nel momento in cui il Fascismo ne faceva uso a fini propagandistici, si pensi all’opera di Mario Sironi, anch’esso componente del gruppo Novecento, e al Manifesto della Pittura Murale, da lui redatto nei primi anni Trenta.

 

La Miniera, realizzata senza disegni preparatori nella foresteria della miniera metallifera di Monteponi, situata ad Iglesias, una delle più note e caratteristiche dell’Isola, fu solo la prima di una serie di opere di pittura murale che l’artista realizzò nei più diversi luoghi e con i più svariati stili e tecniche. Molti di questi lavori furono realizzati proprio in Sardegna. in La Miniera, l’artista, cosmopolita e ormai quasi quarantenne, riflette sulla fatica del minatore che rappresenta infatti con una muscolatura plastica e particolarmente enfatizzata e completamente dedito al conseguimento del proprio lavoro. La risolutezza del minatore si riflette anche nei paesaggi di Nebida e Fontanamare.

Nel 1962, Sassu fece invece tappa a Thiesi, paese natale della sua famiglia, situato a 40 km da Sassari. Lo stesso anno venne approvato dal Parlamento Italiano il Piano di Rinascita – che intendeva applicare delle speciali misure volte alla modernizzazione dell’isola – e Sassu contestualmente realizzò, in un’area denominata successivamente ”Sala Aligi Sassu”, una personificazione della Sardegna con trachite rosa e pietra vulcanica. Quest’ultima è sì distesa, ma il suo corpo è in tensione e prova ad alzarsi, a rinascere.

A coronamento di tale immagine metaforica, nella fascia superiore della parete, venne illustrata una vicenda fondamentale per la storia dell’isola: i moti angioini, ossia i moti insurrezionali guidati dal professore di diritto, nonchè giacobino, Giovanni Maria Angioj, portati avanti nell’ultimo decennio del XVIII secolo e che culminarono, il 28 aprile 1974, nella cacciata dei piemontesi e del Vicerè Balbiano, dopo che questi ultimi rifiutarono la richiesta del popolo sardo di maggiore autonomia politica, nonché quella di ottenere maggiore possibilità  d’impiego civile e militare. La giornata del 28 Aprile è stata successivamente istituzionalizzata come festa e viene chiamata Sa die de sa Sardigna, ossia La giornata della Sardegna.

 

Le battaglie

La grande curiosità nutrita nei confronti della storia dell’arte e dell’uomo è la causa del dialogo ininterrotto che Sassu instaurò con i modelli del passato, mai riprodotti acriticamente, ma sempre risemantizzati e strumentalizzati per la narrazione della contemporaneità, seppure in chiave simbolica.

Ciò è stato reso manifesto nelle opere in cui si dedicò alla tematica mitica e ai suoi celebri personaggi – si pensi agli Argonauti, portatori delle passioni umane – ma anche nello sguardo alla pittura Romantica e Rinascimentale.

Negli anni Trenta Sassu ebbe modo di conoscere alcuni affreschi dipinti da Masolino da Panicale a Castiglione Olona, nel Varese, gli affreschi di Beato Angelico realizzati per il Convento di San Marco a Firenze e, sopratutto, un’opera che lo colpì particolarmente: La Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, situata presso la Galleria degli Uffizi di Firenze.

Tale incontro assume ancora più valore se lo si legge in relazione a quelli avvenuti successivamente con altri due grandi maestri della storia dell’arte, Thèodore Gericault – di cui studiò, al Louvre, La zattera della Medusa e i quadri di cavalli e battaglie – ed Eugène Delacroix – padre del Romanticismo Francese, del quale apprezzò la complessità della rappresentazione e la volontà di raccontare la lotta che l’uomo si trova a dover ingaggiare costantemente per la costruzione della propria identità.

E’ nelle numerose battaglie – probabilmente la serie di opere in cui Sassu affronta la tematica della conflittualità e delle passioni umane più direttamente –  che si può notare in maniera evidente l’attenzione plastica che caratterizza la sua pittura, nonchè un preludio della sua attività scultorea. Sempre nello stesso contesto, traspare l’approfondito studio della forma equina, uno dei tratti distintivi del pittore, che infatti realizzò numerose serie di cavalli per mezzo di tecniche differenti.

 

Ceramica e scultura

Albisola, comune in provincia di Savona, è un luogo in cui gli artisti da anni si cimentano con la scultura della ceramica vi si recarono alcuni dei più importanti esponenti del Secondo Futurismo, nonché altri artisti celebri tra cui Lucio Fontana. Sassu vi lavorò per un periodo tentando anche di  ad aprire un proprio studio in Val Ganna e qui dipinse le Cronache di Albisola. Si trattava di un’opera a parete purtroppo ormai dispersa che tentava di rendere il variopinto universo di personalità che si trovava nella patria della ceramica d’avanguardia.

Nel 1939 realizzò la sua prima ceramica, un Ciclista, rimanendo fedele ai temi della pittura, infatti, poco dopo fu il momento dei cavalli. Questo sviluppo tematico, come spesso accade nella produzione di Sassu, è portato avanti nei più svariati modi: i cavalli sono impennati, innamorati, marini, sono decorazioni su oggetti oppure delle statuette di ceramica a tutto tondo. L’apice della ricerca fu raggiunto con la realizzazione delle sculture di grandi dimensioni, come il Grande cavallo rampante, realizzato in bronzo nel 1960 e svettante davanti alla Pinacoteca di Brera.

 

Il sacro

Considerando la varietà di temi affrontati da Sassu, non poteva mancare quello sacro, le prime opere in cui viene trattato in maniera esplicita sono del 1932, affrontato all’insegna del modernismo e spesso usato come strumento di critica della condotta ecclesiastica.

I corpi bitorzoluti e sempre plastici di opere come le Crocifissioni e le Deposizioni sono icone della sofferenza umana, mentre le versioni dei Concili – dove i conciliaboli sono rappresentati con espressioni grottesche e attorniati da oro e porpora, colori usati spesso in modo ridondante come a voler simboleggiare l’eccessiva opulenza – sono un’evidente accusa rivolta al carattere troppo ”terreno” della Chiesa.

Un’esemplare di arte sacra, nonchè una delle più importanti opere a mosaico dell’artista, è stata da lui realizzata nel 1966 nelle pareti dell’abside e delle navate della Chiesa di Nostra Signora del Carmine a Cagliari, distrutta dai bombardamenti aerei del 1943 e ricostruita successivamente. In queste grandi opere Sassu raxxonta la storia della Madonna del Carmine e della costituzione dell’ordine carmelitano.

Il 17 luglio del 2000 Aligi Sassu si spense a  Pollença, comune di Maiorca, luogo in cui viveva con il soprano Helenita Olivares,  sua seconda moglie. Le sue ceneri vennero sparse nella zona di Capo Caccia, mare algherese, come lui stesso aveva prescritto.

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

Simona Campus, Aligi Sassu, Ilisso, Nuoro, 2005

 

Sitografia

https://www.sardegnaturismo.it/de/entdecken/thiesi, ultima consultazione 31\08\2022

https://www.comune.legnano.mi.it/news/58/123/5484/?channel=date&sezione=news&day=27&month=5&year=2022

https://www.sardegnacultura.it/j/v/253?s=35897&v=2&c=2487&c1=&visb=&t=1, ultima consultazione 31\08\2022

Quanto ti è piaciuto l'articolo?

Fai clic su una stella per votarla!

Media dei voti: 4 / 5. Totale: 13

Nessun voto finora! Sii il primo a votare questo post.