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A cura di Ilenia Giglio

 

 

Introduzione del complesso di Bonaria

Il complesso religioso di Bonaria si trova a Cagliari, situato in cima al colle che sovrasta l’omonimo quartiere, uno dei più antichi della città, e il mare adiacente, rendendosi facilmente individuabile da diverse posizioni. Le origini e la sua storia costruttiva sono piuttosto travagliate e hanno trovato conclusione solamente in tempi recenti, esso difatti comprende vari corpi di epoche differenti: il santuario, la basilica, il museo e gli attigui spazi del parco e del cimitero monumentale.

 

La nascita del santuario di Bonaria e la leggenda sul suo simulacro

Per ripercorrere la storia del complesso di Bonaria è necessario partire dal XIV secolo, epoca in cui ebbe inizio il dominio Aragonese in Sardegna. Nel 1324 gli Aragonesi assediarono la città di Cagliari, tentando di sottrarla al potere pisano. Essi si stanziarono sul colle che prese il nome di “Bon aire” e qui costruirono una cittadella fortificata in cui ovviamente non poté mancare un luogo di culto, ossia una piccola chiesetta dedicata alla SS trinità e Santa Maria che nel 1337 venne donata da Alfonso IV all’ordine della Mercede. I frati mercedari vi si stabilirono costituendo un convento e risistemando la chiesetta che risulta essere il primo esempio di architettura catalano-aragonese nell’isola. Costituita da un’unica navata presenta una semplice facciata a capanna con ampio rosone centrale, internamente venne ideata una volta ogivale e furono realizzate delle cappelle voltate a crociera sui due lati: tre sul lato sinistro e quattro sul destro. Sul fondo dell’ambiente la zona presbiteriale risulta rialzata rispetto al piano di calpestio e termina con un’abside poligonale in cui si trova l’altare maggiore.

La sua trasformazione in santuario è legata a una leggenda che narra un episodio avvenuto nel 1370: un veliero partito dalla Spagna che navigava verso l’Italia fu colto da una violenta tempesta che costrinse l’equipaggio a gettare in mare il carico della nave al fine di alleggerirla, nel tentativo di riuscire a salvarsi. Compresa nel carico vi era una pesante cassa in legno su cui era posto lo stemma dei frati mercedari. Quando essa toccò le acque esse si placarono così come la tempesta e l’equipaggio si accorse con stupore che nonostante il grande peso essa continuasse a galleggiare. Tentarono dunque di recuperarla ma invano, la cassa continuò a sfuggire alla loro presa allontanandosi sempre più in direzione della Sardegna.

La mattina seguente venne ritrovata arenata nella spiaggia ai piedi del colle di Bonaria, molti tentarono di spostarla ma nessuno ci riuscì, fino all’arrivo dei frati mercedari che la sollevarono con estrema facilità e la portarono all’interno della chiesetta. Una volta aperta venne ritrovata al suo interno una statua lignea della Madonna con il bambino che venne collocata sull’altare maggiore.

 

Modifiche e ampliamenti del ‘700

Quando si sparse la voce del prodigioso arrivo, la Madonna e il piccolo santuario divennero meta di pellegrinaggi che aumentarono sempre più in seguito al racconto di alcuni miracoli avvenuti al cospetto del simulacro della Vergine. Il santuario in poco tempo divenne stracolmo di ex voto e ormai troppo angusto per poter ospitare un flusso di pellegrini tanto importante. Per tale motivo si decise dunque di costruire una chiesa più grande collegata all’antico santuario, per rendere possibile ciò si dovettero abbattere le quattro cappelle posizionate a destra per creare un’arcata che mettesse in comunicazione i due ambienti. La prima pietra venne posta nel 1704, sempre per volere dei frati mercedari ma la sua costruzione si protrasse a lungo nel corso dei decenni: già una prima interruzione si ebbe tre anni dopo con lo scoppio della guerra di successione al trono spagnolo che terminò nel 1720. All’epoca la Sardegna passò sotto il dominio dei Savoia con Vittorio Amedeo II che affidò la prosecuzione dei lavori della nuova chiesa all’architetto Giuseppe Viana. Tuttavia I progressi procedettero molto a rilento e furono nuovamente bloccati durante gli eventi rivoluzionari di fine 1700.

Nel secolo successivo inoltre subì dei rimaneggiamenti anche il santuario: venne innalzata una facciata bicromia in stile neogotico in cui fu inserito il portale trecentesco dell’ormai distrutta chiesa di S. Francesco in Stampace.

I lavori della chiesa maggiore ripresero solo nel 1910, conferendo le forme di ciò che ancora oggi è possibile ammirare nonostante alcuni rimaneggiamenti e restauri degli anni successivi. Essa si presenta in stile neoclassico: la pianta a croce latina è trinavata con ampio transetto e cupola ottagonale all’incrocio dei bracci.

 

La facciata in bianco calcare è divisa in due registri: quello inferiore scandito da coppie di lesene che incorniciano i tre portali e quello superiore, diviso da una cornice marcapiano con iscrizione è costituito da un attico dove tra colonnine classicheggianti è inserita la loggia delle benedizioni, sopra di essa nel timpano venne posto lo stemma dei frati mercedari.

 

Il suo luminoso interno prende luce da una serie di finestre aperte al di sopra del matroneo e risulta scandito da quattro ampie arcate a tutto sesto poggianti su colonne binate in calcare bianco con capitelli elaborati che separano le navate. La navata centrale è voltata a botte mentre le laterali sono coperte da quattro cupolette. Nelle navate laterali inoltre si aprono quattro cappelle a sinistra e altre tre a destra in cui sono raffigurate immagini della Madonna: La Madonna del Rosario, la Madonna Immacolata, la Madonna Ausiliatrice, la Madonna Assunta, la Madonna di Fatima e il Santissimo Sacramento di Antonio Mura, la Madonna della Mercede di Gina Baldracchini e la Sacra Famiglia di Giuseppe Aprea, tutte dipinte tra il 1950 e il 1960

 

L’ampio transetto invece ospita la statua della Madonna del combattente di Francesco Ciusa, anch’esso presenta altre due cappelle per braccio: una dedicata al santissimo sacramento e l’altra alla Madonna della Vittoria o dei Caduti, ornata da un altare marmoreo in stile barocco.Nella zona presbiteriale l’altare maggiore è sormontato da un baldacchino composto da quattro colonne di marmo verde decorate in bronzo dorato e volute in marmo bianco, esso inquadra la grande tela centrale di Antonio Corriga.

 

 

I restauri contemporanei

La chiesa maggiore, pochi decenni dopo essere stata insignita del titolo di basilica minore per mano di Papa Pio XI, subì grossi danni per via dei bombardamenti della seconda guerra mondiale: nel 1943 venne distrutta la cupola, parte di una navata e gli stucchi e affreschi che la decoravano.

Con la pace ritrovata si attuarono le restaurazioni della basilica e degli spazi circostanti per mano dell’architetto Gina Baldracchini. Nel corso dei lavori il santuario venne riportato alle sue forme architettoniche originali attraverso l’eliminazione delle sovrastrutture gotiche, inoltre si decise di risistemare anche il suo interno rimuovendo l’enorme quantità di ex voto per cui si dovette trovare nuova sistemazione. Con tale finalità nel 1968 si decise di aprire un museo ancora oggi visitabile e composto da tre sale: nella prima sono conservati alcuni reperti archeologici rinvenuti sul colle di Bonaria, la seconda ospita un inestimabile raccolta di centocinquanta antichi modellini navali, ancore e le mummie di alcuni membri di famiglie nobiliari del ‘700, la terza e ultima stanza è quella dedicata al tesoro della basilica in cui vennero trasferiti tutti gli ex voto e gli arredi sacri, tra cui alcune offerte volute dai sovrani.

Ai restauri di questi anni si devono anche le risistemazioni delle aree circostanti: la scalinata e il piazzale adiacente, in cui sono state sistemate due state bronzee dello scultore Franco D’aspro che rappresentano una nave in balia dei venti e la Vergine di Bonaria, e infine il parco di Bonaria e il cimitero monumentale.

 

Il parco, una piccola zona verde nel cuore della città è molto suggestivo poiché coniuga la bellezza dei panorami all’interesse archeologico dato che al suo interno vi sono ancora testimonianze risalenti al periodo punico, quando il colle ospitava una necropoli. Il cimitero ottocentesco in cui non si praticano più sepolture dal 1968 si presenta invece come un museo a cielo aperto, in cui sono spesso organizzate visite guidate volte alla conoscenza delle memorie e del grande patrimonio che esso rappresenta per la varietà degli stili delle preziose sculture.

 

Altri restauri si resero necessari negli ultimi decenni del ‘900 per porre rimedio al decadimento delle strutture causato dall’umidità e dall’aria salmastra, essi restituirono alla città di Cagliari il gioiello che questo complesso mariano rappresenta da secoli.

 

 

 

Informazioni utili

È possibile visitare il santuario e la basilica dal lunedì alla domenica dalle 7:00 alle 11:30 e dalle 16:30 alle 19:30. Il museo segue l’orario continuato con ingresso libero. Per il parco e il cimitero monumentale: https://www.comune.cagliari.it/portale/page/it/parco_di_bonaria_nuovi_orari_di_apertura_al_pubblico_sino_al_28_febbraio_2021?contentId=NVT47276

 

 

 

 

 

Bibliografia

Pietro Leo e Padre Giuseppe Malchionna, Il Santuario e la Basilica di N.S. Di Bonaria. Società Poligrafica Sarda, Cagliari 1970.

Il santuario di N.S. di Bonaria restaurato, Cagliari, Società Poligrafica Sarda, 1960.

  1. Naitza, Architettura dal tardo ‘600 al classicismo purista. Nuoro, Illisso, 1992.

 

Sitografia

https://bonaria.eu/

https://www.sardegnacultura.it/j/v/258?s=18269&v=2&c=2488&t=1

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