A cura di Felicia Villella
Introduzione
Il castello-masseria di S. Mauro di Corigliano Calabro è un imponente complesso che rappresenta uno dei più interessanti modelli di architettura rinascimentale dell’intera Calabria. Il fabbricato odierno, risalente al XVI secolo, dovrebbe insistere sui resti di un edificio medievale, probabilmente un monastero. Secondo le fonti questo edificio fu costruito presso la distrutta Copia-Turio, probabilmente edificata intorno al 190 a. C. dal Senato Romano, i cui ruderi fornirono le pietre usate per la costruzione delle sue mura.
La trasformazione in palazzo fortificato avvenne nel XVI secolo ad opera dei Principi Sanseverino. I lavori di recupero e riammodernamento della struttura furono eseguiti sotto il Ducato di Giacomo Saluzzo, per tutto il Seicento ed il secolo successivo. Gli interventi cercarono di mantenere inalterati gli ornamenti originali, come lo stemma dei Sanseverino rimasto intatto presso l’ingresso.
Vengono ripristinate tutte le coperture, sostituite le travi ormai logore con nuove e ampliata la sacrestia della Chiesa di S. Antero.
Nel 1828 con il passaggio di proprietà sotto Giuseppe Campagna, ha inizio il lento abbandono della masseria. Solo il vecchio frantoio viene convertito in concio nel 1829 per la lavorazione della liquirizia, attivo solo fino al 1836.
Alla fine dell’Ottocento furono installate alcune macchine per la lavorazione dei cereali, sostituendo il mulino-frantoio con quello proveniente dal convento dei carmelitani, all’ingresso del centro abitato.
Ne seguono pochi interventi di manutenzione, così come riportato da un’iscrizione datata 1875 posizionata nel muro attiguo alla facciata principale.
Ad aggravare ulteriormente la situazione di declino a cui il monumento è stato sottoposto, sono da aggiungere gli inadeguati lavori di sbancamento risalenti agli anni 90 che non hanno rispettato il paesaggio che da più di 500 anni costituiva un tutt’uno con la masseria.
Da un punto di vista strutturale il fabbricato è composto da due corpi di fabbrica contigui a doppia corte, circondati da muri di cinta chiusi dal torrione merlato a forma quadrata, in cui sono visibili frammenti di pitture. In particolare nel primo frammento è visibile lo stemma dei Sanseverino, in parte ricoperto dall’intonaco, in un secondo frammento, invece, è visibile il capo di una Madonna con bambino, il resto dell’opera è stato modificato a causa dell’ampliamento del portone.
Nel corpo occidentale, in cui è situato un ingresso, spicca un torrione adornato da beccatelli e merlature che dà su un ampio cortile addossato al palazzo residenziale. Ad est della corte si sviluppa il corpo orientale in cui ritroviamo un ampio spazio quadrangolare ad uso frutteto.
Nel complesso si tratta di una struttura quadrangolare che poggia su un ampio tratto pianeggiante, posto ad occupare circa un ettaro di terreno, circondato da un cospicuo aranceto.
Al primo piano del palazzo residenziale è collocato l’alloggio padronale al quale è possibile accedere per mezzo di una scala a doppie braccia realizzata in pietra di Genova. Gli ambienti sono tutti voltati, vanno sicuramente menzionate la sala del trono, la camera degli specchi finemente decorata e una sala con camino.
L’esterno ha una ripartizione ritmica costituita da marcapiani, cornici e finestre, oltre ad una sola loggia coperta alla quale si accedeva attraverso due rampe di scale, di cui oggi ne esiste solo una.
Probabilmente la parte sinistra dell’ingresso è stata danneggiata da un incendio come ne testimoniano i segni impressi sulla facciata. Il piano inferiore, invece, era occupato da locali di servizio come la cucina, i magazzini e la cantina. Il cotto della pavimentazione, o meglio i sui resti, lasciano intravedere una serie di archi detti gattaiolati, che isolavano il pavimento da terra con una sorta di camera d’aria.
Il fabbricato nella sua completezza si affaccia, in ultimo, su un’ampia corte quadrangolare il cui ingresso è caratterizzato da una torre quadrata munita di piombatoi per la difesa. La corte era delimitata sui restanti tre lati da ventidue sottani, occupati dagli alloggi dei salariati e dal massaro. Il materiale usato per la costruzione delle arcate è quello più facilmente reperibile nel territorio, si tratta di mattoni d’argilla e ciottoli di fiume ben incastonati, oggi a vista a causa dell’inevitabile degrado dell’intonaco. Anche se la composizione degli archi rimanda ai classici chiostri, la tipologia è differente, infatti a sud sono presenti pilastri a base quadrata con archi a tutto sesto, a nord, invece, una prima serie di pilastri a base ottagonale così da formare quattro archi a tutto sesto, una seconda serie di pilastri a base cruciforme che vanno a formare nove archi su cui insiste una cuspide triangolare che lascia immaginare quello che doveva essere l’enorme copertura del magazzino.
Ad incorniciare il tutto è presente un muro perimetrale merlato costituito da una serie di inferriate e due porte d’accesso al giardino collegate alla corte del palazzo da un grande portale con contrafforti, corrispondenti ai magazzini a destra del palazzo.
Biografia e sitografia
- Grillo, Antichità storiche e monumentali de Corigliano Calabro, Cosenza, 1965
- Perogalli, M. P. Ichino, S. Bazzi, Castelli italiani: con un repertorio di oltre 4000 architetture fortificate, Bibliografica, 1979
- Barillaro, Calabria, Guida artistica e archeologica, L. Pellegrini, 1972
http://icleonetti.it/sito-storico/ipertesti/schiavonea/sanmauro.html
Appunti personali lezioni di restauro A.A. 2008-09
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