A cura di Antonio Marchianò
Introduzione
Il Codex Purpureus è un manoscritto onciale greco, conservato nel Museo Diocesano di Rossano (Cs). Comprende un evangelario con i testi di Matteo e di Marco e una serie di miniature che lo rendono uno dei più antichi esemplari di manoscritti miniati del Nuovo Testamento conservatisi. Il Codice riporta testi vergati in oro ed argento ed è impreziosito da 14 miniature, accompagnate in calce da cartigli descrittivi, che illustrano i momenti più significativi della vita e della predicazione di Gesù. Il Codex Purpureus Rossanensis riveste uno straordinario interesse, sia dal punto di vista biblico e religioso, che da quello artistico, paleografico e storico-documentario. L’evangelario appartiene al tipo di produzione libraria color porpora, a cui appartengono anche i Vangeli cosiddetti Beratinus, Sinopensis ed il Petropolitanus. Deve il nome “Purpureus” alla peculiare colorazione rossastra delle pagine (in latino purpureus).
Il Codex
Con i suoi 188 fogli, pari a 376 pagine in pergamena sottilissima di agnello, è l’esempio più cospicuo e più rappresentativo del genere. Il formato attuale del manoscritto misura mm. 300×250 mentre lo specchio scrittorio è di mm 215×215 ca. I fogli sono in pergamena accuratamente lavorata, tinta di colore purpureo, con discromie che talvolta si possono ritenere originarie, ma in più casi dovute a fattori diversi, soprattutto umidità. Il manoscritto è formato di regola da quinioni, cioè 40 fascicoli di 10 fogli, iniziati con lato carne, disposti secondo la legge di Gregory (carne contro carne e pelo contro pelo) e segnati nell’angolo inferiore interno sul recto del primo foglio. Restano escluse da questa struttura le pp. 1-18, che sono parti introduttive, e le pp. 239-242, contenenti, a p. 241, il ritratto di Marco. Il Codex Purpureus Rossanensis, nella lista internazionale dei manoscritti rari ecclesiastici, porta il suffisso alfabetico Ф e il numero 043. Contiene l’intero Vangelo di Matteo e quasi tutto quello di Marco, mutilo quest’ultimo dei vv. 14-20 conclusivi dell’ultimo capitolo. La scrittura in cui è vergato il testo dei Vangeli è la maiuscola biblica, si tratta di forme grafiche che si caratterizzano a partire dal tardo II secolo d.C. Nel Codice di Rossano la maiuscola biblica mostra caratteri artificiosi, modulo monumentale, forte chiaroscuro e orpelli decorativi che ne indicano, da una parte, la collocazione cronologica tarda, dall’altra la funzione ideologico-sacrale ad essa sottesa. In funzione di vera e propria scrittura distintiva è adoperata, invece, la maiuscola ogivale diritta, nella quale sono state redatte le scritte relative al repertorio iconografico, gli indici dei capitula, il colofone del Vangelo di Matteo, i riferimenti ai canoni eusebiani, le indicazioni di contenuto nei margini superiori, alcune integrazioni, le lettere/cifre di segnatura dei fascicoli. Si tratta, ancora una volta, di una scrittura di ascendenza antica, ma definitasi più di recente, grosso modo nel V secolo e testimoniata nel mondo bizantino più a lungo della maiuscola biblica, fino al secolo XI. Tali scritture si devono ritenere opera di una stessa mano. L’inchiostro adoperato è aureo per il titolo e le tre righe iniziali della prima pagina di ciascun vangelo, argenteo per tutto il resto. Le miniature conservate nel Codice di Rossano sono quattordici. Di esse, dodici raffigurano eventi della vita di Cristo, una funge da titolo alle tavole dei canoni andate perdute, mentre l’ultima è un ritratto di Marco, che occupa l’intera pagina. Tutte le miniature vennero dipinte su una pergamena meno fine di quella usata per il testo dei Vangeli. Ad essa fu applicata una tinta purpurea diversa da quella adoperata per le pagine destinate al testo. La pergamena più spessa forniva una base più solida ai colori, mentre la tinta più opaca impediva alla miniatura dipinta sulla facciata di un foglio di essere vista rovesciata sull’altra facciata. Il Codex Purpureus è strutturato in modo che miniature e testo risultino raggruppati in fogli distinti.
Purtroppo non ci sono elementi per poter stabilire con sicurezza la datazione del Codice Purpureo, il luogo in cui fu realizzato e l’identità di chi lo portò a Rossano. La maggior parte degli studiosi, basandosi sullo stile del manoscritto, per quanto concerne la datazione, concordano un periodo compreso tra il il IV e il VI-VII secolo. Il secolo più accreditato è il VI. Dal confronto con altri manoscritti coevi si evince che, molto probabilmente, il codice è stato realizzato in Siria, forse ad Antiochia, oppure in un centro dell’Asia Minore, come Efeso, Cappadocia, Costantinopoli o forse ad Alessandria d’Egitto. Si ipotizza che il codice sia arrivato a Rossano nel VII secolo, a causa del primo iconoclasmo, e che sia stato condotto a Rossano da un gruppo di monaci greco-orientali che custodivano il prezioso testo Sacro. Il testo fu ritrovato nel 1864 all’interno della sacrestia della Cattedrale di Maria Santissima Achiropita di Rossano. Fu segnalato per la prima volta dal Giornalista Cesare Malpica. Nel 1879 il codice fu studiato per la prima volta, dal punto di vista scientifico, dai tedeschi Von Gebhardt e Adolf Harnack, i quali lo sottoposero all’attenzione della cultura internazionale. Nel 1907 il Codice venne esaminato dallo storico dell’arte e architetto Antonio Munoz. Il primo restauro fino ad ora documentato fu condotto nel 1919 da Nestore Leoni che provvide a consolidare e stirare la pergamena servendosi di gelatina stesa a caldo, rendendola trasparente in maniera irreversibile. Tra i più rilevanti studiosi italiani si segnalano quelli di Dei Maffei (1978), e Cavallo (1987); quest’ultimo viene ricordato per la realizzazione del facsimile e del commento analitico del Codice.
Il Codex Purpureus di Rossano è un documento d’inestimabile valore storico archeologico. Grazie alle sue tavole policrome perfettamente conservate, è considerato il più antico libro illustrato del mondo. Nell’ottobre del 2015 è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità ed inserito dall’Unesco tra i 47 nuovi documenti del registro della memoria mondiale.
Bibliografia e Sitografia
Dè Maffei F., Il Codice Purpureo di Rossano Calabro, in Atti del Congresso Internazionale su S. Nilo di Rossano, 28 settembre-1 ottobre 1986, Rossano-Grottaferrata, 1989, pp. 365-376.
Filareto F., Renzo L., Il codice Purpureo di Rossano, perla Bizantina della Calabria, Museo Diocesano d’Arte Sacra Editore, Rossano 2001.
Leone G., La Calabria dell’arte,: Città Calabria Edizioni, gruppo Rubbettino, 2008, pp. 4-6.
Malpica C., La Toscana, l’Umbria e la Magna Grecia, Napoli 1846, pp. 313.
Muñoz A., Il Codice Purpureo di Rossano e il frammento Sinopense, con XVI tavole in cromofototipia, VII in fototipia e 10 illustrazioni nel testo, Roma, Danesi Editore, 1907.
Rotili M., Il Codice Purpureo di Rossano, Cava dei Tirreni 1980.
Sitografia
http://www.artesacrarossano.it/codex.php
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