A cura di Marco Roversi
“Basilica Sancti Victoris infra castro Agredade”
Introduzione: la Parrocchiale di San Vittore ed il Battistero di San Giovanni di Agrate Conturbia
L’attuale territorio del Comune di Agrate Conturbia, nel Medio Novarese, è frutto della fusione, avvenuta poco dopo l’unificazione d’Italia, tra le due antiche comunità di Agrate e di Conturbia. Nonostante le diverse vicende storiche e i diversi trascorsi come comunità disgiunte, il territorio è comunemente caratterizzato da una rilevante antichità, con i primissimi insediamenti nell’area risalenti all’Età Neolitica, per proseguire con le successive tracce abitative dell’Età del Bronzo, della Prima e Seconda Età del Ferro, con l’occupazione gallica prima e romana poi. Due terzi o più delle tracce archeologiche rinvenute in loco risalgono proprio all’Età Romana, specialmente tra il I e IV d.C., epoca in cui le comunità erano ormai assai ricche di presenza umana con anche due o tre luoghi di culto attestati e intitolati a Diana e Marte. A romanizzazione avvenuta si facilitò ancor di più l’edificazione di fattorie e latifondi lontano dai due villaggi principali, presenze che sopravvissero al crollo della romanità nel territorio, quando, con l’ingresso nell’Epoca “Barbarica” e Altomedievale, castelli, chiese e battisteri divennero i nuovi centri di potere e di aggregazione delle due comunità di Agrate da una parte (che deriverebbe il proprio nome dal latino Ager, ossia “campo”, e il suffisso –atum, non escludendo in alternativa la derivazione dal nome proprio Acrius), e di Conturbia dall’altro (il cui nome deriverebbe, invece, dal latino Caput Torbidae, ossia “Fine delle Torbiere”, a ricordare la natura estremamente paludosa del suo territorio primigenio, con distese di torbiere e paludi che, partendo dall’Area dei Lagoni di Mercurago, coinvolgevano anche i vicini insediamenti di Revislate e Borgoticino, terminando proprio nell’area dell’attuale Conturbia).
Tra le più note e rappresentative testimonianze dell’Agrate altomedievale spicca certamente il Battistero di San Giovanni di Agrate, poco noto ai più, ma ad oggi uno dei più rappresentativi esempi di architettura romanica di notevole interesse artistico e storico. L’edificio è fronteggiato dal sagrato dell’antistante Parrocchiale di San Vittore, la cui prima notizia risale all’anno 976. Di questa non possiamo ricostruire la struttura originaria, anche se possiamo immaginarla come una piccola chiesa andata poi trasformandosi nel corso dei secoli in seguito a lavori di restauri e successivi ampliamenti, specialmente a fine 500 ed inizi 600. Allo stato attuale, nella chiesa odierna, quanto si può ammirare di maggior pregio storico artistico sono certamente l’affresco della Deposizione, seppur con parti mancanti, e sulla parete nord del complesso un affresco con scena di Crocifissione attribuibile a Tommaso Cagnoli, pittore del novarese operante a inizi 500. Importante ricordare come l’area ove attualmente sorgono la chiesa ed il battistero sia stata individuata quale terrapieno artificiale di antica realizzazione: ad oltre un metro di profondità, infatti, alcuni interventi di indagine e di scavo hanno portato all’individuazione di alcune strutture murarie forse facenti parte dell’antico “castro” di età romana, in ogni caso presenze certamente pertinenti ad un’epoca precedente a quella di realizzazione dell’attuale sagrato. Ulteriori recenti scavi (2003) intorno all’area di fondazione del battistero non hanno, tuttavia, apportato rilevanti novità in merito.
Circa la datazione del Battistero di San Giovanni di Agrate ogni ipotesi circa una precisa e corretta data di realizzazione entro il X-XI e XII secolo resta alquanto vaga. Esse sono spesso contrastanti, ma si tende oggi a segnalare due principali epoche di costruzione, più un’ulteriore terza fase, qualora si tenga conto dei resti di una muratura diversa, più rozza, nei primi 40 cm dal suolo, il che darebbe valore all’ipotesi dell’edificazione del complesso sacro al di sopra dei resti di un precedente sacello pagano. Attualmente, in seguito all’eliminazione dei rifacimenti e delle aggiunte architettoniche di fine 500 (ossia un portichetto antistante l’ingresso e una cappella laterale), la struttura si presenta nel suo aspetto basso medievale, con la parte inferiore circolare e quella superiore ottagonale. Il vano inferiore internamente si presenta in pianta di forma circolare, con nicchie parietali a disposizione radiale. Sul lato est, ove si innesta il portale maggiore di ingresso, nonché l’unico accesso presente nella fase originaria, si trova una rientranza oblunga di non elevate dimensioni, utile all’individuazione volumetrica dei semi pilastri che separano le nicchie adiacenti. Queste ultime hanno una forma pressoché trapezoidale, con l’unica eccezione di quella posta a sud, di pianta semiellittica e di profondità maggiore rispetto alle altre. Tutte le nicchie sono inoltre separate tra loro da risalti murari quadrangolari, con le facce laterali di questi ultimi che coincidono con le pareti laterali delle nicchie stesse. Per quanto concerne l’elevato dell’interno i semi pilastri che separano le singole nicchie si raccordano con alte arcate a tutto sesto attraverso la mediazione di capitelli in muratura a forma di parallelepipedo piuttosto schiacciato. Al di sopra delle arcate si innalza una slanciata copertura a cupola dal profilo a spicchi, quest’ultima incastonata nella porzione superiore dell’edificio, ossia un possente tiburio ottagonale, la cui prismaticità è visibile solo esternamente, dalla regolare scansione degli otto lati che sorreggono la copertura dell’edificio a otto spioventi ribassati. Il sostegno della possente struttura di tamburo/tiburio è internamente affidato alla muratura del piano terreno, dallo spessore notevole, che esternamente non fu dotata di contrafforti, ma di sottili lesene. Uniche fonti di luce erano invece, almeno in origine, le due monofore a doppia strombatura e a terminazione arcuata del tiburio, le quali sono oggi visibili al di sotto delle trifore dei lati est ed ovest, quindi simmetricamente l’una con l’altra. Tuttavia, in seguito ai vari e continui rifacimenti dei paramenti murari esterni, non siamo in grado di stabilire se queste fossero le uniche fonti di illuminazione di tutto il battistero, oppure se vi si aprissero altre piccole trifore o soprattutto monofore.
Esternamente i paramenti murari della porzione inferiore evidenziano l’impiego di ciottoli posti a spina di pesce per il retro e le porzioni laterali del complesso, mentre la parte frontale con la porta e la sovrastante lunetta risultano in blocchi di pietra squadrata a corsi regolari, al pari del soprastante tiburio ottagonale. Nel corso dei secoli, ad ogni modo, i paramenti in ciottoli sono stati oggetto di rifacimenti e integrazioni, nonché di ispessimenti dei letti di malta, i quali rendono a oggi difficile l’interpretazione e la ricostruzione di come apparisse realmente all’esterno l’edificio originario romanico. È stata, inoltre, considerata l’ipotesi che nella sua fase iniziale il battistero fosse costituito dalla sola parte inferiore, e che quella superiore fosse poi stata aggiunta in seguito ad un terremoto che nel 1117 avrebbe distrutto parte della struttura, una tesi avvalorata anche da una nuova consacrazione operata da parte del vescovo Litifredo tra il 1122 e il 1148. I paramenti murari esterni presentano, infine, alcuni elementi decorativi, principalmente archetti pensili che si appoggiano direttamente alle cornici che mediano con le sovrastanti falde del tetto. Tali archetti, realizzati sia in pietra sia in cotto, sono così visibili nel sottogronda sia della parte inferiore sia del superiore tiburio. Completano l’ornamentazione esterna una serie di trifore cieche disposte nella porzione sommitale di tutti gli otto lati del tiburio e due strette e lunghe monofore a doppia strombatura, presenti lungo i lati est ed ovest e già sopracitate come le due possibili uniche fonti di illuminazione dell’originario battistero del XII secolo.
Il Battistero di San Giovanni di Agrate: la decorazione interna
Pertinenti a rifacimenti successivi al XII secolo sono certamente gli affreschi visibili nelle nicchie interne, datati tra il XV e il XVII secolo e disposti a corona attorno alla centrale vasca battesimale, di forma ottagonale e ribassata di tre gradini rispetto al piano di calpestio (un tempo occupata dall’originaria vasca ad immersione in uso sino al Concilio di Trento), al centro della quale si erge a sua volta una più recente fonte in marmo bianco dalla vasca ellittica, unico piede a colonna e base a parallelepipedo schiacciato. Analizzando le nicchie più rilevanti ed i relativi affreschi si procede partendo dalla nicchia 1, posta sul lato ovest, la prima visibile frontalmente appena varcato l’ingresso della struttura. Qui l’attenzione è catturata dal grande affresco settecentesco che occupa la nicchia quasi per intero, le cui due paraste laterali che racchiudono l’immagine sono le uniche decorate a colonna tortile sormontata da un capitello lavorato. Soggetto è una scena del Battesimo di Gesù per mano di San Giovanni, unico tra tutti gli affreschi che presenti una fattura assai recente: lo stile dell’artista è ancora in parte barocco, con attrazioni verso un tratto ancora tipicamente seicentesco, il tutto riproducente il battesimo del Cristo al quale presenziano sulla sinistra un angelo, intento a trattenere nelle mani le vesti di Gesù, mente dall’alto incombe potente l’immagine di Dio Padre, ben visibile su di uno sfondo di nubi dai tratti quasi evanescenti.
Proseguendo in senso orario si incontrano la nicchia 2, che non presenta tracce di affreschi, e la nicchia 3, decorata, invece, con uno splendido affresco riproducente nuovamente un Battesimo di Gesù, tuttavia diviso in due registri: quello superiore, di fine 400, in cui è visibile il Battesimo del Cristo al quale presenziano, oltre al Battista, anche San Grato e Santa Apollonia (affresco che rientra nell’indirizzo dei maestri dominanti la scena del novarese tra la fine del XV e l’inizio del XVI, quali Giovanni Antonio Merli e Angelo de Orello, noto anche come “Anonimo di Borgomanero”); quello inferiore, invece, si presenta privo di tracce pittoriche, ma le analisi condotte in occasione degli ultimi lavori di restauro (2011-2013) hanno evidenziato tracce di un rifacimento pertinente al XVII secolo che, in occasione della stesura dello strato di intonaco, portò alla perdita pressoché totale del precedente affresco a graffito in continuità con il registro superiore. Di notevole interesse artistico sono poi gli affreschi della nicchia 6, relativi a due fasi di vita differenti del battistero: durante i lavori di restauro sono, infatti, stati portati in luce due strati pittorici differenti, uno risalente agli inizi del XVI secolo, e limitato alla sola immagine di una Madonna con Bambino, probabilmente la pala dell’antico altare cinquecentesco; il secondo, invece, di pieno XVI secolo, ritraente un San Giovanni monocromo che occupa tutto il volume della nicchia stessa, forse disegno preparatorio di un’ipotetica opera incompiuta. Coeva è, infine, la decorazione della volta, costituita da un clipeo con la raffigurazione centrale dell’Agnus Dei reggente il vessillo crucisignato, il tutto delimitato da una cornice intrecciata e dai raggi di un sole radiante, a oggi riportato ad un ottimale stato di conservazione in seguito ai più recenti lavori di restauro.
Crediti Fotografici: Chiara Del Sale, fotografie 2,4, 5, 6, 7, 8, 9, 10.
Bibliografia:
– “ANTIQVARIUM, G.A.S.M.A., Studi e Ricerche per i trent’anni di attività”, Gruppo Archeologico Storico Mineralogico Aronese, Arona, dicembre 2003.
– “Agrate e il suo battistero. Una storia millenaria”, testi di Giancarlo Andenna, Simona Gavinelli, Simone Caldano, Ivana Teruggi, Sergio Monferrini, Maria Grazia Porzio, Remo Julita, Giorgia Corso, Silvia Angiolini, Corrado Gavinelli, Raffaella Vecchi e Federico Barbieri, Interlinea Editore, luglio 2015.
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