A cura di Ornella Amato
Alla Dott.ssa Tiziana Grassi, Primario dell’Ospedale delle Bambole,
e a tutte le sue collaboratrici
immensamente GRAZIE per la preziosa collaborazione e disponibilità.
Dalla bottega all’ospedale delle bambole
Una bottega. Anzi no, un ospedale. No, meglio ancora: un Museo. Anzi: un “Museo – Bottega” che nasce da un Ospedale. L’Ospedale delle Bambole.
Un qualcosa che nella logica quasi non dovrebbe esistere eppure c’è, un posto unico al mondo: sicuramente il primo in Italia, nato nel lontano 1895, un luogo dove si incontrano sogno e realtà: museo, bottega e ospedale, che convivono insieme all’interno di un’unica struttura, quella delle Scuderie di Palazzo Marigliano a Napoli, nella centralissima Spaccanapoli, per la precisione in Via San Biagio dei Librai, una delle zone della città di Partenope in cui il livello culturale è altissimo, dove la cultura della tradizione partenopea è più forte che in qualsiasi altro luogo. Qui, in questo luogo che non ne ha eguali, seguendo la logica del recupero, del restauro, della memoria e soprattutto delle persone, si fonde una realtà che, metaforicamente, sembra un coro a più voci e che nel contempo si tripartisce e si riunisce e lo fa sotto un unico nome: il Museo-Ospedale delle Bambole di Napoli.
Il museo è stato inaugurato il 21 ottobre del 2017, ma la storia dell’Ospedale delle Bambole inizia in tempi ben più remoti, a partire dall’anno 1895.
La sua nascita è quasi casuale: in una bottega di 18 mq su Via San Biagio dei Librai il maestro Luigi Grassi, bisnonno dell’attuale Primario dell’Ospedale, la dott.ssa Tiziana Grassi, che racconta lei stessa la storia della nascita di un luogo così particolare, indossato il camice bianco per non sporcarsi, lavorava alle scenografie teatrali, realizzava e riparava i pupi. Un giorno si ritrovò, nel suo laboratorio, un bambola da sistemare, la prima, a cui ne seguirono altre: una donna, guardando dentro la bottega, affermò che sembrava quasi un ospedale, un ospedale delle bambole per l’appunto, e il maestro prese una tavoletta e sopra, rigorosamente in rosso, disegnando tanto di croce, ci scrisse “Ospedale delle bambole ”, sistemando l’insegna proprio davanti l’ingresso della bottega.
L’Ospedale delle Bambole era nato.
Napoli Via San Biagio dei Librai – prima sede dell’Ospedale delle Bambole
Una piccola bottega, ubicata nel cuore della città non solo di un tempo che fu, ma di quella Napoli che ancora oggi vive di mestieri antichi che non solo vanno riscoperti ma che soprattutto resistono al tempo, alla tecnologia e soprattutto al consumismo, poiché frutto non solo delle sapienti mani di abili restauratrici che ridonano luce e vita a quel che il tempo ha inevitabilmente segnato, ma anche il fatto stesso di essere stati semplicemente “giocati”, poiché a quell’uso erano destinati e qui, in questo luogo che può sembrare magico, ma che invece è reale, ritornano e soprattutto ritrovano vita, poiché ad esse e per esse prevale e viene applicata in tutto e per tutto la cultura del recupero e della memoria.
Il laboratorio di restauro
Un vero e proprio laboratorio di restauro centenario, che non solo restaura bambole – oggi affiancato anche da un ambulatorio veterinario per la cura ed il recupero dei peluches – , ma anche arte sacra, Madonne e pastori ai quali viene restituita la loro antica bellezza, non si tratta in questo caso di maestri pastorai, sebbene sia nella strada della Napoli dei presepi e dei pastori, ma di restauri operati da restauratrici di articoli di arte sacra – per i quali oggi esiste un vero e proprio reparto apposito e che comprende per l’appunto anche i pastori – il tutto attualmente nella nuova sede di Palazzo Marigliano, in uno spazio dieci volte maggiore del precedente, all’interno del quale prende vita anche e soprattutto il Museo.
Arti, occhi, teste, e poi abiti, accessori: insomma, tutto quanto c’è intorno ad una bambola che un tempo doveva essere meravigliosa, che un tempo aveva destato, in chi l’aveva ricevuta in dono, sentimenti di gioia, di felicità. Poteva trattarsi della bambola desiderata e ricevuta magari nelle feste natalizie, trovata sotto l’albero di Natale dalla bimba ricca; poteva essere la bambola desiderata e trovata accanto al presepe, contornata di noci e frutti di stagione, dalla bambina meno fortunata, che diventava la compagna di giochi più fidata, l’amica a cui fare la confidenza. Poteva, infine, essere la bambola regalata dal fidanzato alla sua donna, la più bella, quella dal significato più profondo e che, posta sul letto matrimoniale, simboleggiava fertilità; ognuna di queste, rese malconce dai più svariati motivi, oggi come ieri, viene portata in ospedale, restaurata e rimandata a casa – stando alle testimonianze di chi da tutto il mondo invia bambole – anche più bella di come la si aspettava.
’o ssapev ca venev bell, ma non accussì!
(Lo sapevo che veniva bella ma non così bella!)
E questo è il commento che le dottoresse tradizionalmente si sentono dire da chi ritira e riporta a casa la sua bambola.
Organizzazione interna dell’ospedale delle bambole
Pronto Soccorso – Accettazione dell’Ospedale
L’ospedale delle Bambole è organizzato secondo i canoni di un vero e proprio ospedale. Qui ci sono tutti i reparti, tranne uno, qui non esiste l’ obitorio.
In questo ospedale, si rinasce sempre perché la cura ma soprattutto il recupero sono alla base della logica del suo operare.
Corsia degenze – il Bambolatorio – ovvero l’ambulatorio delle Bambole
Le bambole che arrivano devono seguire un percorso ben preciso: si arriva dall’Accettazione e dal Pronto soccorso dove vi sono le dottoresse che, con tanto di visita, diagnosi e relativa impegnativa di ricovero del giocattolo stesso, trasferiscono al reparto di appartenenza, che possa essere oculistica, ortopedia, meccanica od anche trapianti; dopo essere state curate, passano quindi al reparto di trucco e parrucco ed alla fine a quello della vestizione. Il recupero è quindi totale.
I reparti – dettaglio del reparto dei “gessi”
Le bambole dimesse portano un cartellino di“ sana e robusta costituzione”, che un tempo veniva firmato e datato dal restauratore, diventando così un oggetto unico.
Il recupero di un giocattolo, di una bambola, di un oggetto prezioso, come ad esempio di una Madonnina o di un pastore del presepe, è il recupero della memoria, è il mantenere vivo le emozioni, i legami, gli affetti e tutto quello che oggi può sembrare che vada contro corrente in una società come la nostra dove è la logica del consumo che vuole sempre prevalere su quella del recupero, dove anche il paziente lavoro del restauratore che ridà vita a ciò che rischia di andare perduto seppure con fatica riesce a sopravvivere, a tramandare ai posteri non solo gli antichi mestieri ma soprattutto la memoria storica di quello che si è stato e che si può ancora essere.
Le bambine di ieri e che sono le donne di oggi, che ancora oggi portano in questo luogo le bambole delle loro stesse bambine che saranno loro le donne di domani, così come in un tempo lontano le loro madri avevano fatto con loro, contribuendo alla cultura del recupero e della conservazione piuttosto che alimentare quella del consumismo puro, non solo partecipano a mantenere vivo un mestiere che si tramanda ormai da 4 generazioni all’interno della famiglia Grassi, ma partecipano a mantenere vivo un luogo che è annoverato tra le 10 cose più importanti da vedere a Napoli, citato nelle guide e l’interno del circuito Campania artecard, non è solo magico, ma unico al mondo.
Sitografia
www.ospedaledellebambole.com
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