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A cura di Mattia Tridello

 

Introduzione: la rappresentazione del Natale

Proseguendo il percorso, iniziato nel precedente articolo, delle scene della parete destra della Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, dopo la raffigurazione della Natività, compare l’adorazione dei Magi, uno dei più conosciuti episodi che coronano le festività natalizie.

“Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”. All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: “Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”. Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.”

Mt 2, 1-12

L’adorazione dei Magi di Giotto

Se dovessimo ribattezzare la rappresentazione con un altro nome, di certo useremo il termine “Epifania”, sia perché racchiude in sé il mistero dell’evento sacro, sia perché è con questo nome che viene solennemente ricordata, il 6 gennaio di ogni anno, la visita dei Magi a Gesù Bambino. Il Vangelo di Matteo, l’unico dei quattro a citarli direttamente, non si sofferma sui dettagli della descrizione di questi personaggi venuti da lontano, ma al contempo vicini per aver accolto il disegno di Dio sulla Terra. Giotto rappresenta il momento quasi nella stessa ambientazione della Natività (Fig. 1). Anche se in Matteo si fa esplicitamente riferimento alla collocazione della Sacra Famiglia in una casa (probabilmente vennero ospitati da parenti presenti a Betlemme per il censimento e appartenenti alla discendenza della casata del Re Davide, della quale faceva parte anche Giuseppe), il pittore li raffigura al di sotto di quell’umile capanna nella quale nacque il Salvatore, quasi a voler istituire un filo continuo di povertà con quella povera umanità nella quale Dio stesso ha scelto di calarsi. Non può non sorprendere il contrasto con i Magi. Questi, secondo le interpretazioni, re, filosofi e sapienti arrivano a prostrarsi difronte al vero Re, un Signore che non sceglie di nascere in una sfarzosa reggia ma sotto un tetto fragile, un insieme di assi che Giotto riproduce con estremo realismo della carpenteria. Il centro focale della scena è costituito da uno dei magi che si inginocchia e prostra per baciare il Bambino che, amorevolmente, viene posto in avanti da Maria. Il gesto di quest’ultima sembra alludere a una vera e propria presentazione al mondo. La Madonna, come nella Natività con la levatrice, espone e regge Gesù verso quei tre personaggi che raffigurano tutti i popoli adoranti, l’umanità redenta dal sacrificio che Cristo compirà trentatré anni dopo sulla croce. Difronte a Giuseppe e l’angelo, che affiancano la Madre e il Bambino, gli altri due Magi restano in piedi mentre mostrano i loro doni: oro, incenso e mirra. L’oro, simbolo di regalità, sancisce il riconoscimento di Gesù come Re, l’incenso (utilizzato solo per Dio) rimarca la divinità di Cristo e infine la mirra (la mistura dalla quale si ricava un unguento aromatico  usato per la profumazione dei corpi defunti) assurge a rappresentazione della sepoltura di Cristo e quindi alla sua Passione. Anche il numero dei tre presenti richiama un preciso significato, ovvero l’omaggio alle tre persone di Dio: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. I saggi orientali, al seguito della consolidata tradizione di far risalire a tre il numero dei Magi, visto il medesimo numero dei doni, vengono identificati dal pittore con tre uomini dalle età differenti (Fig. 2) per simboleggiare il passaggio del tempo e la natura mortale degli uomini difronte a quella eterna di Gesù.

Dietro le spalle dei saggi compaiono altre due figure, delle quali solo una si può vedere intera, impegnate nel tenere a bada i due cammelli che contornano e delimitano la cornice dell’affresco. Probabilmente Giotto non vide mai questi animali così estranei alla cultura faunistica europea, per questo alcune delle loro fisionomie non sono del tutto corrette: si vedano le alte gambe, la cresta in fronte oppure gli occhi tanto fantasiosi da essere di ispirazione, come affermava Philippe Daverio, a Walt Disney per i sui lungometraggi animati (Fig. 3).

Fig. 3  – Particolare del volto dei cammelli.

La parte alta dell’affresco è occupata dalla rappresentazione della cometa che guidò i Magi fino a Betlemme. Quella luce che risplende nelle tenebre, richiamando il prologo del Vangelo di Giovanni, sembra dirigersi velocemente sopra la capanna. Nel dipinto la stella tuttavia, come si può facilmente notare, appare come una cometa con un coda ben definita. Le prime tradizioni storiche che la identificano come una vera e propria cometa fanno capo alla tesi avanzate da un dotto cristiano d’Alessandria d’Egitto del III sec. d.C., Origene. Egli sosteneva tale ipotesi poiché popolarmente si riteneva che le comete annunciassero l’imminente venuta di una divinità sulla Terra. Giotto rappresenta quest’ultima svincolandosi dall’iconografia astronomica medievale, ne dipinge splendidamente tutte le caratteristiche quali il centro più vivido e la coda tendente al nero, le striature dorate e i raggi incandescenti (Fig. 4). La precisione nella raffigurazione, secondo l’opinione di molti storici, potrebbe risalire e spiegarsi con il fatto che il pittore vide nel 1301 il passaggio della famosa cometa di Halley, di quella scia luminosa tanto meravigliosa quanto enigmatica che varcò i cieli delle notti medievali.

Fig. 4 – La cometa dipinta da Giotto.

Giotto: la fuga in Egitto

Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”. Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.

Mt 2, 13-15.

 

Dopo il riquadro raffigurante la presentazione al Tempio di Gesù, Giotto raffigura la scena della fuga della Sacra Famiglia in Egitto, non riferendosi iconograficamente al solo Vangelo di Matteo, ma anche a quelli apocrifi quali lo Pseudo-Matteo (Fig. 5). Maria, con in braccio il Bambino, guarda silenziosamente in avanti mentre viene accompagnata da un giovane che guida l’asino. Giuseppe, in testa al gruppo, sembra quasi girarsi e voltarsi indietro verso la Sua famiglia con uno sguardo turbato e apprensivo ma allo stesso tempo calmo nella fede incondizionata nel progetto di Dio. Come si evince dalla lettura del passo del Vangelo di Matteo, anche in questo frangente Giuseppe viene avvertito di fuggire in sogno da un Angelo. Egli, ancora una volta senza pretese o domande, si alza nel pieno della notte, prepara le vivande per il viaggio (si noti il cesto di vimini che il personaggio regge sotto la veste gialla) e si abbandona alla volontà del Signore anche per quanto improvvisa e inaspettata fosse. Il giovane che traina l’asinello rivolge lo sguardo in alto, verso il Messaggero celeste che indica la strada da percorre. Quest’ultimo è vestito con un abito nero, simbolo della morte, e con una coroncina di edera che ne cinge il capo, mentre il rampicante sempre verde diviene rappresentazione allegorica di rinascita e immortalità, di vita eterna e Resurrezione (Fig. 6). La speranza portata nel trambusto della fuga sembra così contrapporsi all’apparente instabilità del suolo, sul quale camminano i personaggi, e che richiama le turbolenze e le prove che Cristo dovrà affrontare (Fig. 7).

 

 La strage degli Innocenti

Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più”.

Mt 2, 16-18.

Il riquadro successivo raffigura una scena tanto straziante quanto innovativa nell’iconografia dell’episodio rappresentato (Fig. 8). Giotto con estrema maestria rappresenta la tristemente nota strage degli innocenti, il massacro compiuto dal re Erode che, pur di non vedere fuggire colui che sarebbe divenuto il Re dei Giudei, Gesù, ordinò l’uccisione di tutti i bambini al di sotto dei due anni d’età. La crudeltà degli aguzzini, il braccio disteso per l’ordine appena impartito, le feroci aggressioni e il pianto allucinante delle madri costituiscono i sottili ma laceranti lineamenti che il pittore imprime nell’affresco. In primo piano compaiono i due carnefici, uno incappucciato che strappa il bambino dalle mani della madre e l’altro mentre prende per la gamba il neonato dalla donna difronte. Sull’estrema destra lo spazio viene riservato al pianto straziante delle madri, tra queste compaiono le prime lacrime dipinte della storia dell’arte che scivolano irrefrenabilmente sul volto segnato dalla frustrazione delle donne (Fig. 9).

Tuttavia, in una scena tanto dolorosa e spietata, compaiono due simboli di speranza per il riscatto del mondo e dell’umanità: i soldati sulla sinistra dell’affresco e la costruzione sullo sfondo a destra. I gendarmi romani sembrano tristi, sconsolati e impotenti difronte alla spietata aggressione, alcuni si voltano in segno di disappunto per ciò che si sta consumando davanti ai loro occhi. Giotto sembra quindi far intuire che per tutti vi è la possibilità di rinunciare al male, all’ingiustizia e alla brutalità, negli atteggiamenti di questi emerge la possibilità di una speranza ancora concreta di conversione. Sullo sfondo, invece, compare un edificio simile ai battisteri medievali di pianta ottagonale. Quest’ultimo richiama altresì il Battesimo, non di acqua ma di sangue che i piccoli neonati assassinati ricevettero come primi martiri della Chiesa nascente, primi testimoni puri della venuta del Messia e innocenti anticipatori di altri protomartiri, quali Stefano e Lorenzo che diedero la vita per Cristo e che ricevettero in dono una dimensione eterna. Neanche facendolo apposta, il giorno della morte di un santo, viene ribattezzato e chiamato “dies natalis” per indicarne la nascita al Cielo. I martiri innocenti, che vengono ricordati nei giorni immediatamente successivi al Natale, testimoniano dunque il cambiamento, il sacrificio di vita per Cristo e il Suo vangelo, per l’Amore dato gratuitamente e ridato al mondo come simbolo incorruttibile della speranza nella tribolazione, di forza e certezza che quel Bambino è nato per noi a Betlemme, che quella luce “splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1, 5).

 

Bibliografia

C. Argan, “Storia dell’Arte italiana, il Medioevo”

De Vecchi, Cerchiari, “Arte nel Tempo”, Bompiani, volume 2

Daverio, “Guardar lontano, veder vicino”, Rizzoli, 2013

Comastri, “Ecco la tua Mamma”, Shalom, 2009

Comastri, “La coraggiosa rivoluzione del Magnificat”, Shalom, 2019

C. Olcuire, “L’Annunciazione nell’arte”, Ave, 2020

Dizionari San Paolo, “Iconografia e arte Cristiana” San Paolo, 2004

La Bibbia di Gerusalemme, EDB

 

Sitografia

Sito web della Cappella degli Scrovegni

Sito web della Messaggero di Sant’Antonio

Sito web della Basilica di Sant’Antonio a Padova

Sito web dei Musei Civici agli Eremitani di Padova

Vatican. Va

 

Fonti delle immagini

Immagini di dominio pubblico tratte da Google, Google Maps, Google Immagini, Wikipedia, dal sito internet della Basilica di Sant’Antonio Padova e del Messaggero di Sant’Antonio, dal sito internet del Comune di Padova.

Tutte le rielaborazioni grafiche, gli schemi e le piante sono opera dell’autore dell’articolo, Mattia Tridello.

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