A cura di Alice Perrotta
Introduzione
Il Palazzo Reale di Genova, nato come dimora patrizia seicentesca, è situato in via Balbi, a pochi metri dalla stazione di Principe. È uno dei 42 edifici appartenenti al sistema dei Rolli (Patrimonio UNESCO). Al suo interno, tra i numerosi ambienti, spicca la sontuosa Galleria degli Specchi. Il programma decorativo di quest’ultima è un capolavoro settecentesco in cui opere pittoriche, scultoree e dettagli in stucco si fondono creando giochi illusionistici tra i riflessi degli specchi.
L’edificio. Cenni storici
La vicenda storica di Palazzo Reale si articola in tre fasi principali: il periodo seicentesco dei Balbi (i fondatori), quello settecentesco dei Durazzo e l’ottocentesco dei Savoia.
L’edificazione del palazzo venne avviata nel 1653 per volontà di Stefano Balbi, ricco finanziere appartenente a una delle famiglie aristocratiche più note della città, protagonista del progetto – avviato nei primissimi anni del Seicento – che prevedeva l’apertura della “Strada nobilium de Balbis”. La nuova arteria cittadina univa il porto con il centro, sostituendo l’angusta via Prè, ormai inadatta a ricevere l’ingente carico di merci in un momento storico in cui Genova rivestiva un ruolo fondamentale sullo scacchiere economico internazionale. Il progetto, in realtà, si configurava come una forma di scambio: i Balbi proposero alla Repubblica di Genova la costruzione, a loro spese, della strada e in cambio ottennero il permesso di edificare qui i loro edifici.
L’impianto seicentesco di Palazzo Reale comprendeva soltanto l’attuale corpo centrale, articolato su due piani nobili e tre ammezzati; l’aspetto odierno risale invece al programma di ristrutturazione e decorazione ex novo avviato dai Durazzo.
Nel 1679, infatti, la dimora venne acquistata da Eugenio e Gio Luca Durazzo, alcuni anni dopo la morte di Stefano e del figlio Giovanni Battista. La nuova famiglia, una delle più prestigiose del momento, dotò la residenza di nuovi spazi e di una ricca collezione artistica. Anche la Galleria degli Specchi – verso la metà del terzo decennio del Settecento – venne completamente rinnovata: da luogo destinato alla quadreria del figlio di Stefano a sfarzoso ambiente in cui ricevere personaggi di rilievo.
Nel 1919 Vittorio Emanuele III cedette l’edificio allo Stato Italiano. Dal 1922 divenne sede museale.
La Galleria degli Specchi. Decorazione della volta e delle pareti
La Galleria degli Specchi, chiamata così per i grandi specchi in essa presenti che amplificano illusoriamente lo spazio, s’ispira alle auliche gallerie dei palazzi romani e alla Galerie des Glaces di Versailles. Il programma decorativo, realizzato da Domenico Parodi (1668-1740), cela un significato allegorico e moraleggiante, ben introdotto da alcuni versi in latino entro cartigli (fig 1 e 2), incisi sulla parete d’ingresso, che recitano: «I regni del passato, quello assiro, quello greco, quello romano e quello persiano furono grandi e ora giacciono distrutti: li resero forti integrità, serietà e moderazione, li indebolirono Bacco, Apollo e Venere».
Si tratta, dunque, di una riflessione circa l’eterna diatriba tra vizi e virtù. I più potenti imperi del passato furono tali grazie all’esercizio delle virtù, ma alla fine caddero in rovina per colpa dei vizi.
I quattro sovrani degli ultimi grandi imperi sono dipinti sulla volta entro medaglioni, sorretti da sirene in stucco. Ad ognuno di questi corrispondono, più in basso, i relativi vizi.
All’assiro Sardanapalo (fig 3), simbolo del lusso smodato, si collega la Libido e la Crapula, quest’ultima personificata da un putto seduto sopra un maiale; al persiano Dario (fig 4) sono associate le figure della Superbia e dell’Invidia; Tolomeo XIII (fig 5) è accompagnato dall’Ingratitudine e dal Rimorso (Synderesis); infine, Romolo Augusto (fig 6) con le figure della Pigrizia e della Viltà. In contrapposizione ai vizi, sulle pareti centrali, troviamo le virtù (due sulla parete sud e due su quella nord), personificate da figure femminili in monocromo (Charitas, Fortitudo, Spes, Temperantia).
I Durazzo quindi, il cui stemma è rappresentato nella sezione centrale della volta, si ergono a protettori di quelle virtù che i sovrani del passato non sono riusciti a perseguire, e dietro al tema generale dell’eterna diatriba tra vizi e virtù si cela un’autocelebrazione della famiglia.
A coronare il tema allegorico della Galleria si aggiungono i tre grandi affreschi di Domenico Parodi: La Toeletta di Venere (fig 7), al centro della volta, Il Trionfo di Bacco (fig 8) sulla parete d’ingresso e Apollo vince Marsia (fig 9), su quella di fondo.
Il primo, come gli altri due, si apre idealmente in un lembo di cielo. Qui, al centro, troneggia Venere, circondata dalle Tre Grazie, da altre ninfe e putti. A destra, sul carro della dea, appare Cupido, riconoscibile dalla faretra e dalle frecce. Le rose rette dai due amorini in basso sono simbolo dell’amore carnale, mentre la torcia accesa tenuta in mano da un terzo putto allude all’amor sacro. È significativa la vicinanza di quest’ultimo ai simboli araldici dei Durazzo, ulteriore conferma dei principi su cui si fonda tale famiglia.
Il secondo affresco, invece, ha come protagonista Bacco mentre si adagia sul carro trainato da due leopardi. Il dio è incoronato da un tralcio d’edera, pianta a lui sacra, e Parodi qui lo raffigura tenendo a mente la celebre statua di Michelangelo che ha modo di vedere durante il suo soggiorno a Roma. Una menade danza sinuosamente davanti a Bacco e tiene in mano il timpano, tradizionale allusione dei riti dionisiaci. Tutt’intorno troviamo altre figure ed elementi riferibili al dio: un giovane e una satiressa mentre dormono ebbri, l’uva che fuoriesce dal vaso, satiri e menadi intenti a versare il vino.
Il terzo affresco, Apollo vince Marsia, rappresenta l’arte pagana e la presunzione.
Le sculture
Le sculture presenti all’interno della Galleria degli Specchi vanno a completare il programma iconografico e dialogano con l’apparato pittorico. Le statue sono dislocate sia sui lati brevi della stanza che su quelli lunghi. Sul lato breve, all’ingresso, troviamo Il Genio della Scultura (fig 10) di Nicolò Traverso, realizzato intorno al 1820. Sul lato opposto, in fondo alla sala, si può ammirare lo splendido gruppo in marmo bianco del Ratto di Proserpina (fig 11-12-13-14) di Francesco Maria Schiaffino, databile al terzo decennio del XVIII secolo. Ispirandosi alla celebre opera del Bernini, conservata a Roma, lo scultore optò qui per una resa più decorativa e meno dinamica, in armonia, dunque, con il gusto rococò dell’epoca.
Sui lati lunghi sono disposte quattro opere di Filippo Parodi (1630-1702), celebre scultore genovese e padre di Domenico. Queste, citate dalle fonti come le Metamorfosi o i Quattro Fiori, testimoniano un momento fondamentale della sua vicenda artistica. Le sculture rappresentano Venere (fig 15), Giacinto (fig 16), Adone (fig 17), Clizia (fig 18) e sono databili tra la fine dell’ottavo e l’inizio del nono decennio del XVII secolo. Probabilmente furono pensate per una collocazione diversa da quella attuale, forse una loggia aperta o un giardino. Un particolare interessante che connota le quattro opere è il loro rapporto: un gioco di rimandi, una reciprocità di gesti e pose. Infatti, due figure sono stanti mentre le altre due sedute; due hanno lo sguardo rivolto in alto, le altre si girano di profilo. Parodi – il cui stile è molto vicino al Bernini – oltre a citare le Metamorfosi ovidiane, si attenne anche all’opera del Marino. Si vedano, per esempio, il rapporto e l’impostazione di Venere e Adone: “L’un con muto parlar pietà chiedea // profondissimamente sospirando // L’altra con gli occhi pur gli rispondea amarissimamente lagrimando!” (G. B. Marino, L’adone, Canto XVIII).
Tutte le foto eccetto la “Facciata di Palazzo Reale su via Stefano Balbi” sono state scattate dalla redattrice Alice Perrotta.
Bibliografia
Leoncini (a cura di), Museo di Palazzo Reale, Genova: catalogo generale, Skira, 2008
Leoncini (a cura di), Palazzo Reale di Genova: studi e restauri 1993-1994, Tormena, 1997
Lodi (a cura di), La Galleria di Palazzo Reale a Genova, Attività didattica di Palazzo Reale, 1991
Massabò (a cura di), Davanti allo specchio lucente: ceramiche greche nella Galleria degli Specchi, Sagep, 2013
Parma Armani, M. C. Galassi (a cura di), La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova: Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1989
Sitografia
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