a cura di Arianna Marilungo
Interprete visionario della realtà
Nelle fonti che studiano la vita e l’arte di Fortunato Duranti, l’artista viene spesso definito “visionario”, quasi a voler sottolineare il legame tra i suoi disegni ed un disturbo psichico di cui fu vittima dopo un infelice soggiorno in Germania.
Ma chi era Fortunato Duranti e come influenzò l’arte del suo tempo?
Duranti nacque a Montefortino il 25 settembre 1787 da una famiglia di umili origini: il padre Luigi era calzolaio e la madre Maria Licini proveniva dal vicino paese di Belmonte Piceno. Sin dalla fanciullezza l’artista non nascose le sue doti artistiche e presto i genitori lo affidarono allo zio Pietro, maggiordomo presso i marchesi Honorati a Jesi. Venne introdotto, quindi, alla scuola di un monaco camaldolese dell’eremo del Massaccio, attuale Cupramontana, che lo indirizzò agli studi artistici e relativi alle Sacre Scritture.
Il soggiorno iesino gli permise di conoscere le opere di Felice Giani[1] (S. Sebastiano Curone, 15 dicembre 1758 – Roma, 11 gennaio 1823), allora impegnato nella decorazione dei palazzi della città, tra cui il teatro Concordia (oggi Pergolesi) e la sala del Camerlengo nella residenza comunale. Proprio a Jesi, dove rimarrà probabilmente fino al 1805, Fortunato Duranti iniziò ad avere familiarità con antiche decorazioni e dipinti visitando l’antica residenza di città dei marchesi Pianetti con la suggestiva galleria degli Stucchi (decorazione probabilmente attribuita a Giuseppe Ciferri).
Grazie ai rapidi progressi nel disegno, il cardinal Bernardino Honorati lo invitò a Roma a proprie spese, probabilmente prima del 1806. Nella Città Eterna frequentò lo studio dell’abate Domenico Conti, un artista originario di Mantova allievo di Pompeo Batoni e specializzato nella ritrattistica, nell’incisione e nella tecnica dell’encausto. A Roma Fortunato Duranti strinse amicizia con molti pittori e artisti, fra cui Carlo Baldeschi di Ischia di Castro, futuro maestro di camera del papa Leone XII. Qui continuò a frequentare il pittore Felice Giani ed entrò in contatto con Tommaso Minardi, ed insiemeerano soliti visitare gallerie, biblioteche e studi di artisti.
Il 12 agosto 1807 morì il cardinal Bernardino Honorati, il suo protettore, e a seguito di questo triste evento Fortunato Duranti decise di avviare un commercio di dipinti, disegni, incisioni, marmi e antichità per il proprio sostentamento economico.
Nel 1815 si recò con un conoscente in Germania per vendere una collezione di incisioni, probabilmente aiutato dall’amico Domenico Conti, responsabile per molto tempo dell’esportazione delle opere d’arte dello Stato Pontificio. Durante questo viaggio Duranti venne accusato ingiustamente di essere una spia, imprigionato e privato di tutti i suoi beni, e fu proprio in quest’occasione che si manifestarono i primi segni di un disturbo mentale che lo accompagnerà per il resto dei suoi anni.
Fece ritorno a Roma dove continuò la sua attività di mercante d’arte per conto di alti prelati, tra cui il cardinale folignate Luigi Ercolani.
A Roma lo raggiunse la notizia della morte della madre Maria, avvenuta nel 1819, a cui seguì quella del padre Luigi nel 1828. Da questi eventi iniziò un periodo economicamente difficile: più volte fu costretto a chiedere prestiti al conte d’Orvieto Guido Bisenzi, uno dei suoi più affezionati estimatori.
Nel 1830 decise di ristrutturare la casa paterna a Montefortino secondo uno stile classico tardo settecentesco caratterizzato da un protiro dalle forme neoclassiche con colonne in blocchi di “pietra spugna”, intitolandola “Casa delle Colonne”.
Dal 1840 tornò a vivere nel paese natio, Montefortino, ma in condizioni di grande precarietà economica e con una salute fisica e psichica molto precaria. Era ossessionato, infatti, da assurdi timori verso i suoi parenti e si ritirò in una condizione di estremo isolamento psicologico.
Gli anni che seguirono furono di grande tormento e l’unica fonte di quiete fu rappresentata dalla proficua attività grafica e dai rapporti epistolari che continuò ad intrattenere con i suoi amici romani.
A causa dell’aggravarsi della malattia agli occhi e della profonda depressione di cui fu vittima dal 1847, interruppe la sua produzione grafica. Dal 1842 al 1861 donò a più riprese al Comune di Montefortino la propria collezione, in riconoscenza di sovvenzioni economiche di cui aveva beneficato. Nell’atto firmato alla presenza di testimoni il 29 agosto 1854, Duranti dichiarò: “Io sottoscritto Fortunato del fu Luigi Duranti dopo lunga dimora che feci nella Dominante, tornato, son già molti anni in questa mia Patria a me sempre cara, mio costante pensiero è stato quello di abbellirla, ed ornarla di oggetti di Belle Arti, e principalmente di quadri, che io posseggo come acquistati nei miei viaggi, o come prodotti di miei studi”. Più avanti pregò il Comune “di accettare il tutto… come dimostrazione del mio grato animo, e dell’affetto che conservo alla mia Patria.”
Queste donazioni furono, apparentemente, un semplice gesto di riconoscenza: nei momenti di difficoltà economica, infatti, il Comune di Montefortino non si tirò indietro verso questo illustre cittadino, aiutandolo con particolari sovvenzioni. Ma, con tutta probabilità, la motivazione che più ebbe peso in questa scelta, ribadita anche nell’Atto citato, fu la volontà dell’artista di escludere i suoi eredi da ogni diritto sui propri beni.
Tra le varie donazioni non dimenticò il suo amato Santuario della Madonna dell’Ambro, a cui era particolarmente devoto e a cui lasciò molti dipinti tra cui una copia seicentesca della “Madonna dei Pellegrini” di Caravaggio.
Il 2 febbraio 1863 morì a Montefortino e fu sepolto nella Chiesa di San Giovanni ai Ponti, oggi distrutta.
Dalle donazioni sopra descritte, dopo numerose vicissitudini che portarono alla perdita di un cospicuo numero di opere, ha avuto origine a Montefortino la moderna Pinacoteca Civica, allestita tra il 1920 ed il 1923 a cura della Sovrintendenza alle Gallerie delle Marche e nella persona di Luigi Serra.
L’arte di Fortunato Duranti: tra misticismo e realtà
Fortunato Duranti è un artista molto curioso, non solo per il suo carattere, ma anche per lo sterminato patrimonio d’arte grafica che riuscì a realizzare lungo l’arco della sua vita. Il primo contributo moderno sull’opera vastissima di Duranti fu pubblicato nel 1928 su “Pinacotheca” da Alberto Francini, incaricato da Roberto Longhi di studiare questo artista dalla forza inventiva singolare. Francini giudicò Duranti un antesignano delle avanguardie novecentesche, in bilico tra “prefigurazioni cubiste e visionarietà metafisica”[2].
Analizzando solo alcuni dei suoi numerosi disegni emerge uno stile concitato, veloce, che sembra voler giungere subito alla concretezza del contenuto da rappresentare. Fortunato Duranti sembra stilizzare le figure, ridurle all’osso e dar valore al messaggio, al contenuto, all’oggetto dei suoi disegni con una carica espressiva di forte impatto. Per tale motivo nel 1955 Emilio Lavagnino utilizza una definizione singolare nel descrivere l’arte del Duranti: “stile quadrato”. Con questo termine Lavagnino fa riferimento all’estrema semplificazione geometrica delle forme. Questa tendenza stilistica emerge chiaramente a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento: i suoi disegni rinunciano al preliminare tracciato a matita e le forme sono definite da una linea di contorno angolosa e spezzata, disegnata con la penna e con l’inchiostro marrone. È curioso il fatto che Duranti interviene in questo modo anche sui fogli di alcuni autori antichi della sua collezione: egli infatti ne ripassa i contorni con la penna e l’inchiostro per semplificarne le linee.
Il più grande studioso del Duranti fu Luigi Dania, che analizzò i suoi disegni a partire dagli anni Sessanta. Secondo Dania la tendenza del Duranti a semplificare le forme e le linee è dovuta alla sua passione per i disegni di Luca Cambiaso[3] che propongono simili accortezze stilistiche.
Il tema ricorrente nella sua arte grafica è relativo alle Sacre Scritture e alle realtà vetero-testamentarie dell’Antico e del Nuovo Testamento. Profondamente devoto, Fortunato Duranti traduce la sua spiritualità religiosa in disegni dal sapore di visioni mistiche. Nella sua sperimentazione grafica non mancano scene classicheggianti, incorniciate da mirabili sfondi architettonici.
Un’altra forma di arte figurativa cara al Duranti è la pittura. La sua produzione pittorica è costituita da numerose tele, anch’esse in gran parte di tema religioso/spirituale e conservate, in gran numero, nella Pinacoteca di Montefortino a lui intitolata. Lo stile pittorico è il medesimo di quello grafico: forme spezzata, scene concitate, racconti veloci che si traducono in un’espressività scenica dal forte impatto emotivo.
A questo riguardo il suo autoritratto è molto eloquente: Fortunato Duranti si rappresenta in età avanzata su un confuso paesaggio roccioso e su un cielo cupo di un intenso colore scuro. Il suo volto pallido si mostra con lo sguardo aperto, fisso, vivo. Le pennellate sono veloci, ma precise e rimandano ad uno stile pieno di forte carica emotiva. Nell’angolo destro in alto l’artista ha voluto dipingere un trompe-l’oeil che rovescia in avanti l’angolo della tela scoprendo la cornice di un altro quadro.
Fortunato Duranti è un artista visionario, a tratti ascetico e contemplativo. Profondamente colto e fortemente influenzato dalle vicende storiche che ha vissuto, ci ha lasciato un patrimonio di inestimabile valore considerato come un seme che ha portato frutti nuovi nella storia dell’arte marchigiana che gli ha succeduto.
Note
[1] Figlio di Giulio Domenico e di Angela Maria, nasce a San Sebastiano Curione, oggi in provincia di Alessandria. Pittore e disegnatore di grande produzione fu uno dei massimi esponenti del neoclassicismo italiano.
[2] Alberto Francini, Un singolare ottocentista: Fortunato Duranti, in “Pinacotheca”, 1928-1929, pp. 335-348.
[3] Figlio del pittore Giovanni, nacque il 18 ottobre 1527 a Moneglia (Genova). Fu introdotto agli studi di pittura dal padre e, grazie ad un buon talento, si perfezionò nell’arte figurativa. La sua produzione artistica fu notevole e riguardò anche le arti grafiche.
Bibliografia
Stefano Papetti (a cura di), Fortunato Duranti e il suo tempo, Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, Fermo, 2014
Stefano Papetti (a cura di), La mente mia s’invola: Fortunato Duranti artista visionario tra le Marche e Roma(1787-1863), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (MI), 2014
VV., La Pinacoteca Duranti di Montefortino, Bolis Edizioni, Azzano San Paolo (BG), 2003
Sitografia
www.pinacotecafortunatoduranti.it
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