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A cura di Michela Folcini

Introduzione

[Nella Camera degli Sposi] si ammira un’arte da psicologo sommo, che penetra nelle anime”. Queste sono le parole che Guido Piovene usa nel suo Viaggio in Italia pubblicato nel 1957 per descrivere una delle più straordinarie e innovative opere d’arte del Rinascimento lombardo.

Alla Corte di Ludovico Gonzaga

Nel 1458 l’artista padovano Andrea Mantegna viene invitato dal marchese Ludovico II Gonzaga a soggiornare nella bellissima Mantova, città lombarda di cui egli è signore.

Dopo molte insistenze, l’invito viene accolto ufficialmente dall’artista solo all’inizio degli anni Sessanta del Quattrocento, quando Andrea Mantegna decide di trasferirsi nella città mantovana insieme alla propria famiglia.

Presso la corte dei Gonzaga, Andrea Mantegna viene nominato pittore di corte, trovandosi così continuamente impegnato a sperimentare le proprie capacità artistiche su differenti fronti: da una parte l’impegno nei confronti della pittura sacra e della ritrattistica, dall’altra la grande decorazione pittorica e l’incisione.

La presenza del pittore veneto non è la sola che porta grande lustro e prestigio alla corte di Ludovico II Gonzaga, infatti il marchese decide di chiamare a lavorare nella propria città anche importanti architetti italiani, quali Luca Fancelli e Leon Battista Alberti, impegnati nella costruzione della Chiesa di S. Andrea dove oggi è possibile rendere omaggio alla tomba di Andrea Mantegna.

A partire dal suo soggiorno mantovano, Mantegna si inserisce sempre più in un ambiente favorevole alla promozione delle arti garantito dai suoi committenti, un clima che verrà conservato anche nel secolo successivo grazie all’arrivo in città di Giulio Romano impegnato nella realizzazione architettonica e pittorica del Palazzo Te tra il 1525 e il 1535.

La Camera degli Sposi

Il 16 giugno del 1465 Ludovico II Gonzaga commissiona al Mantegna la realizzazione di uno dei lavori più raffinati e impegnati di quel tempo, oggi considerato uno dei capolavori più celebri dell’arte rinascimentale italiana, ma anche una delle opere d’arte più significative per i valori politici che possiede.

Questo celeberrimo capolavoro dell’arte si conserva in un ambiente del Castello di San Giorgio, annesso al Palazzo Ducale di Mantova e oggi è conosciuto come la Camera degli Sposi, o “Camera picta” (camera dipinta) come viene citata nelle fonti storiche.

Da un punto di vista architettonico la sala si presenta come uno spazio quasi cubico coperto da una volta a padiglione e interamente decorato da straordinarie pitture che celebrano non solo la grandezza della corte Gonzaga, ma specialmente la figura di Ludovico II Gonzaga e della moglie Barbara in qualità di committenti dell’opera.

L’elogio a Ludovico è testimoniato da un’epigrafe dedicatoria in latino, sostenuta da putti alati posizionati al di sopra dell’attuale porta d’ingresso alla sala: “All’illustre Ludovico secondo marchese di Mantova, principe ottimo e invincibile nella fede, e all’illustre Barbara sua consorte, incomparabile gloria delle donne, il loro Andrea Mantegna padovano compì questa tenue opera in loro onore nell’anno 1474”.

Entrando nella Camera degli Sposi si ha quasi la sensazione di essere catapultati nell’epoca quattrocentesca, proprio alla corte dei Gonzaga: le pitture corrono lungo le pareti della sala e raccontano le storie di questa famiglia, presentando uno ad uno i membri della corte di Mantova.

Di queste quattro pareti affrescate, solo due si presentano a noi come pura celebrazione dei Gonzaga. Attraverso le immagini si raccontano due episodi storici avvenuti il primo gennaio del 1462: il Ritratto di Corte (parete nord) e L’incontro (parete ovest).

Una curiosità legata a questo luogo risiede nel suo nome. A differenza di come si potrebbe pensare, la Camera degli Sposi non viene nominata in questo modo perché camera privata del signore e della signora della città, perché all’epoca dei Gonzaga questo luogo in realtà svolgeva il ruolo di camera di rappresentanza politica. L’associazione alla sfera del matrimonio e privata comincia a farsi strada a partire dal 1648 con Carlo Ridolfi, il quale inizia a definirla “camera degli sposi” per la presenza nelle pitture di Ludovico Gonzaga raffigurato accanto alla moglie Barbara.

Il Ritratto di Corte, affresco della parete nord 

Il Ritratto di Corte presenta l’episodio storico nel quale il segretario di corte consegna a Ludovico II una lettera con cui se ne richiede la presenza a Milano a causa delle gravi condizioni di salute di Francesco Sforza, signore di Milano. Il legame tra le due signorie si è consolidata nel momento in cui Ludovico è stato nominato capitano generale delle truppe milanesi, e in qualità di capitano la sua presenza è richiesta al servizio degli Sforza.

Nel ciclo pittorico della parete nord la famiglia Gonzaga è raffigurata secondo i canoni della ritrattistica imperiale bizantina. Il marchese è rappresentato in atteggiamento ufficiale e in trono; tiene in mano la lettera appena consegnata dal suo segretario e la sua posa rompe la staticità e la frontalità delle altre figure: Ludovico ruota il suo busto al fine di entrare in dialogo con la figura alle sue spalle, portatrice del messaggio degli Sforza. Al centro si stagliano altre figure della corte: la moglie Barbara di Brandeburgo con la piccola Paola, Rodolfo accanto a Barbarina Gonzaga e infine la nana di corte Lucia, figura che guarda direttamente lo spettatore. A sinistra troviamo un gruppo di cortigiani che si muovono all’interno della scena: le loro posizioni sono molto interessanti, infatti di grande effetto sono i loro movimenti di salita e di discesa dalle scale dipinte che sembrano seguire l’andamento architettonico della parete (infatti Mantegna è in grado di sfruttare a suo vantaggio la presenza del camino che viene interpretato come punto di appoggio per le figure della corte).

Probabilmente vicino al principe trovano posto anche diversi umanisti quali forse Leon Battista Alberti e Vittorio da Feltre, presenze che aumentano ancor di più il prestigio della corte mantovana dell’epoca rinascimentale.

Fig. 3 – Ritratto di Corte (parete nord), Camera degli Sposi. Fonte: https://www.mantovaducale.beniculturali.it/.

L’incontro, affresco della parete ovest

In continuità con l’episodio precedente, Mantegna affresca su questa parete il momento in cui il marchese Ludovico II, partito per Milano, saluta lungo il cammino il figlio neo cardinale Francesco.

L’episodio dell’incontro vero e proprio si trova nel settore destro della parete ovest: qui Francesco tiene per mano il fratello minore Ludovico, il quale a sua volta tiene la mano al piccolo Sigismondo, vestito di bianco per suggerire il suo futuro ruolo di cardinale.

L’organizzazione delle pitture mostra e celebra la duplice dinastia politica e religiosa dei Gonzaga raggiunta a partire dal governo di Ludovico II.

Di particolare interesse è lo sfondo che si scorge alle spalle di Ludovico II e del figlio Francesco: la città rappresentata sembra avere tutte le caratteristiche architettoniche della città di Roma, tuttavia questa città è Mantova in quanto si mostra con la presenza dello stemma Gonzaga.

La scelta di presentare la città lombarda come la città eterna indica l’aspirazione del marchese a proporre Mantova come una “nuova Roma”, governata da principi che si ispirano ai modelli degli imperatori antichi.

 L’oculo della volta della Camera degli Sposi

Probabilmente l’immagine più suggestiva che si può rintracciare nella Camera degli Sposi è quella della volta.

Al centro di essa Mantegna inserisce un oculo sperimentando in pittura le sue grandi abilità prospettiche, ponendo in questi termini la sua innovazione come modello per altri pittori dal Cinquecento in poi.

L’oculo si presenta come un tondo aperto in modo illusionistico verso il cielo; ad esso si affacciano differenti figure scorciate dal basso verso l’alto come dame, domestiche, altre figure femminili, ma anche un pavone e un vaso.

Di straordinario illusionismo prospettico sono i putti raffigurati quasi in bilico su questa apertura verso il cielo; molti di questi sembrano volersi affacciare verso il basso per guardare gli ospiti della sala, altri più nascosti possono essere solo intravisti grazie a una manina che spunta.

L’illusionistica “finestra” si inserisce al centro di un motivo decorativo a finto mosaico dorato, suddiviso in modo regolare da finte cornici “scolpite” con motivo a palmetta che ricordano molto i bassorilievi antichi.

Infine, attorno al quadrato scultoreo che racchiude l’oculo si dispongono otto losanghe, ognuna delle quali presenta uno dei ritratti dei primi otto imperatori di Roma, raffigurato dentro una bellissima cornice di elementi vegetali e nastri svolazzanti, sorretta da un piccolo putto.

Di nuovo è possibile rintracciare in questa decorazione il richiamo alla città dei grandi imperatori, modelli ideali di una forma di potere assoluto ed esempi di una stirpe dinastica, ossia quella imperiale.

Grazie alla lettura comparata delle fonti storiche e allo studio della storia dell’arte si scopre il vero significato delle immagini della Camera degli Sposi, un’opera influenzata dalle teorie politiche umanistiche e che vuole definire l’immagine del marchese di Mantova e della sua dinastia attraverso l’abilità di Andrea Mantegna.

Fig. 7 – L’oculo della volta, Camera degli Sposi. Fonte: http://www.lombardiabeniculturali.it/.

 

Bibliografia:

Cordaro, La Camera degli Sposi di Andrea Mantegna, Electa Milano, 1997.

Lucco, Mantegna a Mantova, 1460 – 1506, Skira, Milano, 2006.

Lucco, Mantegna, Milano, 2013.

 

Sitografia:

https://www.mantovaducale.beniculturali.it/

http://www.lombardiabeniculturali.it/

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