A cura di Mery Scalisi
Introduzione: le fortezze siciliane
Le fortezze siciliane, di origine medievale, mostrano due chiare tipologie di costruzione: il castello regio e quello feudale, due tipi di architettura fortificata che appartengono a due diverse concezioni di potere politico ed economico.
Il castello come sistema difensivo non ha avuto una sola configurazione architettonica, immutata e immutabile, ma ha subito diversi cambiamenti nel corso dei secoli, a seguito di alcune variabili legate alle continue trasformazioni degli strumenti di difesa.
La realizzazione delle prime fortezze siciliane si ebbe sull’isola con la dinastia degli Altavilla, ai quali fu riconosciuta la dignità di Corona Regia.
I normanni, con molta probabilità, giunsero in Sicilia nel 1060, anno della loro conquista, e vi rimasero fino al 1091. Segue il periodo normanno-svevo, che ebbe il suo massimo splendore con Federico II di Svevia (fig.1), in cui si sviluppò una fase di crescita culturale e artistica per l’intera isola, grazie soprattutto al mescolarsi della cultura sveva con quella araba, così da arrivare a raggiungere in pochi decenni un elevato livello politico-culturale.
Adrano, Paternò e Motta Sant’Anastasia
È in questi anni che in Sicilia vengono edificati i palazzi che coniugano il rigore architettonico e difensivo della cultura normanno-sveva alla pura geometria sacra della religione musulmana.
Da questo momento vengono stabiliti nuovi impianti di costruzione e pensate nuove strategie per la difesa e il controllo del territorio, quest’ultimo così vasto da ipotizzare che la messa in atto di nuovi complessi difensivi possa essere avvenuta dal riutilizzo di strutture di difesa già esistenti, le cui tracce, in alcuni casi, sono ancora visibili e inglobate nelle costruzioni attuali.
Adrano, Paternò e Motta Sant’Anastasia, con i loro torrioni, rappresentano territori strategici, situati lungo la linea difensiva del monte Simeto, dietro la Valle dell’Alcantara a nord-est della Sicilia, nel messinese (fig.2).
Dai tre torrioni normanni delle fortezze siciliane è emerso un elemento comune e sistematico, per forma e volumetria, nonostante i successivi interventi che ne hanno potuto modificare il sistema figurativo, che permette un confronto con i comuni edifici siciliani e in particolar modo con il primo edificio del periodo Crociato in Palestina.
I tre torrioni, collegati fra loro strategicamente e pensati per difendere i paesi etnei, presentano dunque similitudini sia per quanto riguarda l’impianto strutturale e difensivo, sia per quanto riguarda i materiali di realizzazione.
Fortezze siciliane: Adrano
Il Castello Normanno di Adrano o Castrum Adernionis, più volte riadattato e restaurato in età romana, bizantina, araba, fu eretto dal conte Ruggero I di Sicilia (1070-1074), periodo in cui verranno edificate anche le torri dei vicini comuni Paternò e Motta Sant’Anastasia.
Ruggero I muore a Mileto all’età di settant’anni dopo aver riunito la Sicilia e la Calabria; gli succede al trono il figlio Simone, morto solo dopo quattro anni, a cui segue il fratello, Ruggero II, re di Sicilia e Puglia.
Il torrione di Adrano, insieme a quello di Paternò e Motta Sant’Anastasia, rientrerebbe in un vero e proprio sistema difensivo tipico del periodo normanno (in questa stessa ottica rientra anche la costruzione del così detto Ponte dei Saraceni, volto a controllare la valle del Simeto e i territori di Troina, Regalbuto e Randazzo (fig.3).
Il Castello o Torre di Adrano si trova nel centro storico della città e rappresenta uno dei simboli rilevanti del luogo, poiché costituisce un genius loci, una presenza culturale e artistica del popolo normanno nella Sicilia orientale.
Secondo fonti storiche, la torre nacque dalle fondamenta in rovina di un torrione saraceno. La sua posizione strategica rappresenta, non solo una roccaforte difensiva perfetta per controllare le vie d’accesso all’entroterra lungo la valle del fiume Simeto e alle spalle dell’Etna, ma soprattutto assicurava la conquista verso l’intera piana di Catania e i territori circostanti; nello specifico, fu eretta sull’alto piano roccioso della Cuba, denominazione che trae origine dalla presenza di antiche basilichette a cupola, da tempo scomparse e di origine bizantina (fig.4).
Nei secoli la torre divenne di proprietà di varie nobili famiglie siciliane, fino al XVII secolo, quando si presentò in parziale rovina, probabilmente a causa di un terremoto che colpì la zona.
Il periodo di degrado arrivò agli anni ’50 del Novecento, quando la struttura monumentale fu utilizzata prima come carcere e poi come canile, con continui lavori di adattamento che arrivarono a distruggere i saloni interni del primo piano nobile.
Il buon senso dell’opinione pubblica e la pressione delle istituzioni permisero una stretta collaborazione tra Soprintendenza ai monumenti di Catania e quella alle Antichità di Siracusa, le quali iniziarono un processo di restauro ai locali e un’accurata raccolta di materiale archeologico da collocare nel Museo Civico al suo interno a partire dal 1958.
Larga 20 metri x 16,70 metri di lato, con un’altezza di 33,70 metri, presenta delle mura il cui spessore si aggira intorno ai 5 metri, realizzati in opus incertum con cantonali in pietra lavica perfettamente squadrati.
Esso, insieme a quello di Paternò, fa parte della tipologia di fortezze siciliane a pianta quadrata, solitamente chiamati castelli o torre, un modello adottato dai donjons francesi e inglesi dell’XI e XVII secolo.
La struttura si eleva su tre piani, oltre il pianterreno, raccordati da scale ricavate dentro gli spessori murari; la volumetria muraria è caratterizzata dal fondo grigio della muratura che gli conferisce una rigorosa austerità.
Dall’accesso, consentito attraverso un portale preceduto da una scalinata, è possibile notare la cinta che lo circonda, una bastionatura con rinforzi angolari e dalla forma di torrette stellari (fig.5).
Paternò
Il castello – torre di Paternò, voluto da Ruggero il Normanno nel 1072, è costruito su una rupe basaltica, collina storica di Paternò, che domina parte della valle del Simeto e presenta dimensioni maggiori rispetto alle altre due torri confinanti.
La torre, ergendosi come un maestoso parallelepipedo, ha mantenuto nei secoli la duplice valenza militare e residenziale (fig.6).
L’aspetto esterno è austero quanto raffinato e come gli altri due torrioni venne realizzato secondo la tecnica dell’opus incertum, con materiale lavico, con un’unica differenza: l’aggiunta della pietra bianca calcarenitica (fig.7).
L’edificio, il cui ingresso è consentito solo dal lato settentrionale attraverso un’ampia scala, sorretta da mensole in bianco calcare, che conduce a una porta a doppia ghiera, oltre il piano terra, si eleva su due livelli.
Come la torre adranita, anche quella di Paternò, presenta soffitti coperti da volte a botte, coperti da soppalchi lignei e scale ricavate nello spessore murario. La superficie del terrazzo è cinta da un parapetto continuo, un tempo, probabilmente, provvista di merlatura.
Come la torre adranita anche quella di Paternò è stata adibita a Museo Civico, con reperti che vanno dalla preistoria al Novecento.
Motta Sant’Anastasia
La cronologia storica del castello di Motta Sant’Anastasia non è certa a causa della mancata documentazione, anche se una lunga tradizione storiografica fa risalire la torre all’età normanna.
L’edificio, costruito con molta probabilità tra il 1070 e il 1074, su un promontorio di roccia basaltica alto 65 metri, forse su un rudere di una torre araba, si presenta come un torrione isolato, dovuto alla scomparsa della cinta muraria e di altre costruzioni, esistenti probabilmente fino al Novecento (fig. 8).
Il valore attribuito a tale torre fu prettamente militare-difensivo, mettendo invece in secondo piano la funzione residenziale.
Anche la sua muratura è realizzata in opus incertum, con pietrame lavico, che come il torrione di Adrano, gli conferisce rigore e austerità, e presenta agli spigoli cantonali in conci squadrati dello stesso materiale (fig.9).
La torre è costituita da tre piani; l’ingresso, a piano terra, si apre al centro del prospetto ad ovest con delle aperture ridotte rispetto agli altri due torrioni (fig. 10).
Al suo interno non si sono conservati né volte né solai lignei o muri di tramezzo; l’unica evidenza rimasta è che a differenza degli altri due torrioni il passaggio da un piano all’altro era consentito grazie a delle scale addossate alle pareti e non per mezzo di scavi ricavati dai muri.
La copertura finale è costituita da una volta ogivale con arcata mediana di sostegno poggiante su mensole.
Come le due precedenti fortezze siciliane, anche quella di Motta Sant’Anastasia nel corso del Novecento viene adibita a sede del Museo Civico.
Bibliografia
Rodo Santoro, Castelli, maniere e fortezze, Kàlos
Giuseppe Agnello, Il castello di Adrano, Roma 1966
Barbaro Conti, I castelli di Paternò – Adrano – Motta Sant’Anastasia, stampa Sud-Editrice, 1991
Nello Caruso, documento Tra est e ovest: trasposizioni dei sistemi culturali e tecnologia militare dei paesaggi fortificati. Le fortezze della valle del Simeto. I donjon di Adrano, Paternò e Motta Sant’Anastasia (CT).
Quanto ti è piaciuto l'articolo?
Fai clic su una stella per votarla!
Media dei voti: 4 / 5. Totale: 93
Nessun voto finora! Sii il primo a votare questo post.
Bellissima