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A cura di Federica Comito

 

Introduzione

Con il termine “caricatura” si intende un genere grafico che si diffonde in Italia a partire dal Seicento. Inizialmente questo genere spopola tra gli artisti bolognesi, guidati dall’esempio dei Carracci e della loro scuola, e solo successivamente approda a Roma, dove raggiunge il suo massimo sviluppo con la figura di Gian Lorenzo Bernini. La capacità straordinaria degli artisti che si dedicano a questa tipologia di disegno è quella di saper cogliere i tratti distintivi di un personaggio, potenziandone i difetti ed evidenziandone le particolarità fino all’assurdo. Il risultato è quello di un personaggio dalle sembianze contraffatte, ma facilmente riconoscibile per un particolare accentuato che lo rende oggetto di scherno.

Dialogando di categorie e classificazioni, è corretto dire che la caricatura rientra nella produzione del “disegno autonomo”, cioè quella tipologia di opere fini a sé stesse e senza legami con progetti precisi. Si tratta di un genere artistico che sfrutta, quasi esclusivamente, il disegno per la produzione e la stampa per una maggiore e rapida diffusione. Non si esprime, quindi, attraverso la pittura o la scultura ed è un genere rapido, diretto e “popolare”. Questa scelta è dovuta principalmente al fatto che il disegno è il mezzo più semplice e immediato per esprimere le idee scherzose e burlesche che stanno alla base della caricatura.

Già nel 1681 Filippo Baldinucci, conoscitore d’arte e collezionista fiorentino, scriveva, a proposito della caricatura, come di una tecnica disegnativa utilizzata soprattutto per i ritratti che presentano l’accrescimento dei difetti o l’alterazione dei tratti distintivi, che diventano sproporzionati.

 

Storia della Caricatura

Secondo alcuni studi, la presenza dei primi disegni caricaturali risalirebbe ad alcune opere di Leonardo Da Vinci, anche se al tempo questo genere non era conosciuto con il termine di caricatura. Infatti, Leonardo è il primo artista del quale ci siano giunte prove grafiche di schizzi in cui vengono accentuati e/o deformati i tratti delle figure. Si tratta della serie dei fogli con le “teste grottesche”.

Fig. 1- Leonardo da Vinci, Cinque teste grottesche (A man tricked by Gypsies), 1493 ca., penna e inchiostro su carta bianca, Windsor Castle, Royal Library.

Tuttavia, la differenza con la caricatura seicentesca non è l’inconfondibile grottesco risultato finale, bensì le motivazioni che hanno spinto l’artista a realizzare un’opera che rispetta tali canoni. L’obiettivo di Leonardo, infatti, non era quello di schernire il soggetto ritratto, ma quello di analizzare il modo in cui le emozioni umane si mostrano all’esterno attraverso lo studio dei particolari del volto, sfociando in diverse espressioni facciali che esprimono disgusto, gioia, rabbia, paura ecc.

Dunque, non si possono considerare queste opere delle caricature, ma piuttosto studi di espressione.

Per questo motivo, anche se teorizzata solamente nei trattati artistici del Seicento, la nascita della caricatura come genere autonomo si fa risalire alla fine del Cinquecento. Le prime prove di caricatura secondo l’accezione “moderna” si incontrano in ambito bolognese nella scuola Carraccesca, principalmente nell’opera giovanile di Agostino e Annibale e a seguire nell’attività di Guercino e Domenichino.

In breve tempo il genere spopola anche a Firenze, dove è conosciuto come “disegno giocoso”, a sottolineare il lato divertente che spinge gli artisti a realizzare le caricature. A Firenze però, a differenza di Bologna, si sceglie di realizzare personaggi caratteristici piuttosto che reali protagonisti della vita quotidiana, con l’obiettivo di prendere di mira e criticare la società del tempo.

 

La Caricatura a Roma

Circa alla metà del 1600 il genere caricaturale si diffonde a Roma, dove diventa rapidamente famoso e ottiene il suo massimo sviluppo. Anche gli artisti romani si ispirano agli insegnamenti della scuola emiliana che ha dato i natali alla caricatura, ma arricchiscono il genere con più grande arguzia e precisione nei dettagli.

Tra i maggiori esponenti romani del genere troviamo Pier Francesco Mola che, ispirandosi chiaramente al Guercino, realizza schizzi a penna e sanguigna di figure deformate e spiritose.

Anche Gian Lorenzo Bernini si dedica ampiamente al genere caricaturale, per il quale risulta essere particolarmente espressivo e comunicativo. A lui si deve il merito di avere portato alla sua massima espressione la caricatura a Roma e di averla introdotta poi in Francia, alla corte di Luigi XIV, esportando il gusto per quello che veniva chiamato “schizzo caricato”.

Bernini, forse anche aiutato e facilitato dall’occhio da scultore, riesce ad individuare ed enfatizzare quei tratti dei personaggi che sotto il suo tocco diventano subito spiritosi e ridicoli, ma estremamente caratterizzanti. Ne è un esempio il ritratto del Cardinale Scipione Borghese, che ci appare con il volto tondo e pieno, o ancora l’Innocenzo XI malato, ritratto a letto con fattezze scheletriche. Immediatamente si riesce ad immaginare i personaggi a pieno: non solo la loro fisionomia, ma anche la personalità diventa facilmente intuibile.

Tra le caricature seicentesche più conosciute a Roma ricordiamo la caricatura di Padre Sebastiano Resta, raffigurato mentre legge uno dei suoi amati libri con gli occhialetti bassi, ad opera del pittore classicista Carlo Maratta, che era solito ritrarre i suoi amici con elementi esagerati e ridicoli; o ancora lo schizzo con la caricatura di Mario de’ Fiori, pittore celebre appunto per le composizioni floreali e che viene qui omaggiato dall’amico Giovanni Battista Gaulli.

Una nota di racconto e descrizione è tipica invece dei disegni di Pier Leone Ghezzi, capace di raccontare alla perfezione la società romana di fine Seicento in pochi tratti veloci. Le sue opere, caratterizzate da tratti a penna sottili e tratteggi incrociati, danno vita alla corte pontificia: disegna abati, cardinali ed anche gli artisti che lavoravano per loro. Ritrae, inoltre, personaggi famosi come cantanti, musicisti e attori, ciascuno dei quali viene sbeffeggiato con l’aggiunta di brevi descrizioni agli angoli dei fogli per mettere ancora di più in ridicolo un difetto o un comportamento. È questo il caso della caricatura del Cantante Antonio Bernacchi, ritratto in abito orientale. Il Ghezzi regalò numerose sue caricature al cardinale Domenico Passionei, per ringraziarlo dell’ospitalità offertagli nella sua villa a Frascati. Passionei, straordinario connoisseur e amatore d’arte, raccolse i disegni nella sua ricca biblioteca e ciò ha permesso che questi pezzi, oggi conservati alla Biblioteca Civica di Fossombrone, giungessero fino a noi.

Fig. 6 – Pier Leone Ghezzi, caricatura del cantante Berardi, 1731, penna e inchiostro bruno su carta bianca, Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana.

Conclusione 

Alla fine del Seicento la caricatura si diffonde in Europa, perdendo quel carattere semplicemente scherzoso e burlesco che era stato il simbolo della caricatura italiana. Infatti, in Francia e in Gran Bretagna tenderà ad interessare la satira politica e sociale, mentre in Spagna verrà usata soprattutto come strumento di denuncia contro gli orrori della guerra (come si può vedere nell’esempio di Goya). Questo nuovo ruolo della caricatura tornerà successivamente ad influenzare il gusto italiano, quando gli artisti se ne serviranno per commentare e denunciare la situazione politica durante la dominazione austriaca. Infine, con l’ausilio della stampa, la caricatura finirà per anticipare il moderno giornalismo europeo.

 

Bibliografia

Negri Arnoldi – S. Prosperi Valenti Rodinò, Il disegno nella storia dell’arte italiana, Roma, 1986.

Petroli Tofani-S. Prosperi Valenti Rodinò-G.C. Sciolla, Il Disegno. Forme, tecniche e significati, Milano, 1991.

Fusconi-A. Petroli Tofani-S. Prosperi Valenti Rodinò-G. C. Sciolla, Il Disegno. I grandi collezionisti, Milano, 1992.

Baldinucci, Vocabolario Toscano dell’arte del disegno, 1681.

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