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A cura di Mattia Tridello

 

Dopo aver introdotto nel precedente articolo la storia del Castello del Catajo, si proseguirà la trattazione illustrando il complesso dal punto di vista architettonico.

Il Castello del Catajo: l’esterno e l’architettura

Prima di analizzare l’esterno e l’architettura del complesso, occorre conoscere il significato del singolare nome che l’edificio detiene. L’origine di quest’ultimo, purtroppo, si è persa nel corso dei secoli, per questo, ancora oggi, non esistono interpretazioni del tutto certe e definitive. Le due più accreditate farebbero risalire il toponimo o al nome con il quale era conosciuta la Cina nel Medioevo, Catai appunto (per via della forme esotiche richiamate dall’architettura del palazzo), oppure alla contrazione delle parole in veneto “Ca’ del Tajo”, con le quali si faceva riferimento allo scavo del canale fluviale di Battaglia Terme che aveva tagliato l’unità dei campi agricoli in due parti. Quest’ultimo attraversa la tenuta e ne costituisce la difesa naturale: infatti per accedere alla dimora storica occorre sorpassare il ponte del piccolo fiume, oltrepassare il monumentale cancello che reca sulla sommità alcune riproduzioni di statue antiche (come l’Ercole Farnese) e dirigersi verso l’entrata principale ubicata sul lato orizzontale del palazzo (Fig. 1).

Esternamente l’architettura del complesso, sebbene presenti corpi di fabbrica edificati in periodi diversi, si presenta unitaria e senza notevoli differenze estetiche. L’impatto principale della tenuta è senz’altro quello dell’altezza. Tutti i fabbricati si sviluppano verso l’alto, quasi a volersi aggrappare alle pendici di uno dei colli che ne contorna l’orizzonte. Il palazzo è diviso, infatti, su diversi piani in base alla funzione degli stessi e all’uso che ne si faceva durante i soggiorni. Dalla visuale esterna il castello può essere diviso in tre blocchi: la casa di Beatrice (al livello più basso) ovvero la costruzione originaria quattrocentesca, il Castel vecchio (il livello alto) costruito negli ultimi decenni del Cinquecento e infine, più a nord, il Castel Novo, l’ala ottocentesca. Le singole parti sono accumunate dalla pianta rettangolare e dalla presenza di merlature continue in muratura che ne accrescono l’unità e la compostezza architettonica.

Fig. 1  – Veduta aerea del castello da battaglia Terme, in direzione di Padova.

 

L’ingresso

L’ingresso al castello avviene tramite il monumentale ma elegante portale d’accesso (Fig. 2). Quest’ultimo, realizzato sul finire del Settecento da Tommaso Obizzi, presenta un fornice architravato centrale (utilizzato per  il passaggio a cavallo) e due entrate laterali più piccole ad uso dei pedoni. La facciata dell’ingresso è tripartita grazie alla presenza di quattro colonne tuscaniche bugnate, possibile segno dell’influenza dell’architettura di Giulio Romano, che sostengono la trabeazione dorica formata da architrave, fregio con metope e triglifi e cornice. La sommità della costruzione è adibita ad attico percorribile e si corona di quattro statue celebrative intervallate da due maschere e un cartiglio centrale.

Fig. 2 – Portale di ingresso.

 

Il Cortile dei Giganti

Una volta oltrepassato il portale d’accesso si è introdotti nell’ampio Cortile dei Giganti (Fig. 3-4), la corte erbosa circondata dalle mura del palazzo su tutti i quattro lati. Fatta costruire nel corso del XVII secolo da parte di Pio Enea II Obizzi, il giardino veniva utilizzato per ospitare rappresentazioni teatrali e perfino acquatiche poiché, grazie alla medesima distesa a livello del terreno, era possibile allagarlo e ricostruirvici ambientazioni esotiche e incredibili duelli navali. A lato del cortile, in asse con l’arco trionfale di accesso, è collocata la cosiddetta “Fontana dell’elefante” (Fig. 5). Realizzata in concomitanza alla costruzione del giardino seicentesco, la singolare composizione rappresenta, tra un turbinio di personaggi mitologici, quali Bacco, un elefante. Quest’ultimo, insieme a quello realizzato da Bernini nell’obelisco difronte alla Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma e quello del parco dei mostri di Bomarzo, costituisce una delle tre uniche sculture seicentesche ubicate in Italia che raffigurano l’animale.

La “casa di Beatrice” e la terrazza

Sullo sfondo del cortile dei giganti si apre, salendo due gradinate realizzate appositamente per essere percorse a cavallo, il nucleo più antico del palazzo: la “casa di Beatrice”. La costruzione presenta due piani sovrapposti, coronati da un’ampia e vasta terrazza delimitata grazie a delle balaustre in muratura intervallate da vasi decorativi in cotto (Fig. 6). La particolarità dell’edificio risiede negli angoli della copertura. Ai quattro lati, infatti, quasi come dei pinnacoli di accenno gotico, emergono delle piccole torrette ancorate alle mura perimetrali del corpo di fabbrica. Quest’ultime, dal gusto vagamente esotico e arabeggiante, costituiscono anche la delimitazione suggestiva della terrazza dei ricevimenti, l’ampio solaio calpestabile che, durante le feste nella tenuta, veniva usato come sala da ballo a cielo aperto e sala da pranzo all’ombra del magnifico paesaggio circostante (Fig. 7).

 

 

 

Bibliografia

Corradini, “Gli Estensi e il Catajo”, Modena-Milano, 2007.

L. Fantelli e P.A. Maccarini, “Il castello del Catajo”, Battaglia Terme, 1994.

Antonio Mazzarosa, “Storia di Lucca”, vol. 1, Giusti, Lucca, 1833.

 

Sitografia

Sito internet ufficiale del Castello del Catajo;

Sito internet “BATTAGLIATERMESTORIA.it”

Dizionario bibliografico degli italiani;

 

Immagini

Tutte le immagini dell’articolo sono state tratte da:

Immagini di dominio pubblico tratte da Google immagini, Google maps, dalla sezione immagini del sito ufficiale del Castello del Catajo ©, da Wikipedia e dal sito internet “BATTAGLIATERMESTORIA.it”.

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