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A cura di Irene Scovero

 

Nel precedente articolo si è cominciato a trattare una parte degli esempi di razionalismo architettonico presenti in città, e in questo si proseguirà nel descrivere questo lato di Genova Razionalista.

Piazza Dante

Parallelamente alla costruzione di Piazza della Vittoria si completò negli stessi anni la definizione di un’altra piazza importante per Genova razionalista, PIAZZA DANTE, dove sempre Piacentini firmò uno dei due grattacieli presenti. Anche la sistemazione di questa parte del centro cittadino fu ispirata alla politica autocelebrativa del regime. I lavori vennero iniziati nel 1934 e conclusi nel 1940 comportando la demolizione del quartiere antico che comprendeva le aree di Morcento e del Ponticello. Questa operazione di modernizzazione imposta dal regime portò allo sventramento di zone antiche della città che, a conflitto ultimato, si protrasse anche in altre zone di Genova. Marcello Piacentini, nominato consulente per il piano regolatore, ridusse a due il numero dei grattacieli che erano stati inizialmente pensati dalla Soprintendenza per la piazza e divenne il responsabile di tutto il complessivo piano urbanistico dell’area. Egli ricevette, da parte dell’ingegnere Angelo Invernizzi, l’incarico per il progetto del Grattacielo Sud (Fig.4) che doveva fronteggiare quello Nord (Fig.5) di Giuseppe Rosso[6], inferiore di altezza rispetto al primo e dall’evidente matrice futurista. Entrambi gli edifici condividono l’approccio modernista e una visione attenta dei grattacieli di New York. I due grattacieli sono raccordati tra loro dalla monumentale Galleria Colombo di Tommaso Badano e Giulio Zappa. Successivamente anche Carlo Daneri venne influenzato dagli edifici americani, tanto da progettare, sempre per Piazza Dante, un grattacielo con struttura in acciaio che riprendeva i motivi tipici dell’Art Decò statunitense. Il grattacielo del Piacentini è tutt’ora, dopo il Pirellone di Milano, il secondo edificio più alto in Italia. Il basamento del grattacielo presentava un porticato e la facciata, dalla chiara impronta razionalista, rimarca il suo carattere monumentale nell’alternarsi di strisce bicolori bianche e rosse, con decorazioni a rilievo di Guido Galletti raffiguranti Colombo e il Balilla. Contribuiscono, inoltre, a dare un senso di unità alla piazza anche edifici come il Palazzo INA di Cipriani e Palazzo Gaslini di Zuccarelli, realizzati tra 1938-39, collocati sull’altro lato.

Genova razionalista: il Navigatore e la Casa del Mutilato

La monumentalità degli edifici e delle opere scultoree che adornano palazzi e completano le piazze della città rispecchiano i principi autocelebrativi di propaganda del regime fascista che tentò di riaffermare, attraverso lo spirito classico, la discendenza da un passato glorioso. Con funzione di asse focale, centrale di fronte al mare, nell’area appena riqualificata della Foce, venne realizzato il Navigatore (Fig.6). La scultura, realizzata da Antonio Maria Morera[7] per l’arrivo del Duce a Genova (1938), rappresenta e incarna lo spirito nazionale. Inizialmente in gesso ma terminata in marmo di Carrara in seguito all’inaugurazione ufficiale di Mussolini (1940) l’opera raffigura un marinaio incorniciato da un semicerchio sul quale è inciso il motto Vivere non necesse, navigare necesse est, massima che Plutarco fa dire a Pompeo nel momento in cui doveva convincere i suoi uomini ad affrontare la tempesta. Morera aveva progettato la figura dell’uomo completamente nudo, ma a causa della morale “puritana” dell’epoca decise di dotarlo di una cintura che gli coprisse il sesso.

Fig. 6.

Il modello prescelto fu l’atleta genovese Nicolò Tronci, campione italiano di ginnastica che aveva partecipato alle olimpiadi di Berlino del 1936. Lo scultore realizzò un monumento pienamente rispondente alle istanze del regime. Oggi il navigatore appare depurato dai simboli fascisti che lo ornavano e non è più presente il basamento originale, dove era inciso il monito Giovinezza del Littorio fa di tutti i mari il mare nostro.

Un’altro tema caro alla propaganda fascista è la commemorazione della vittoria che trova riscontro nella Casa del mutilato (Fig.7) di Eugenio Fuselli (1937-38). Il tema della morte in guerra era uno dei temi ricorrenti nella propaganda del regime e trova piena identificazione con il mito dell’eroe, incarnato nell’icona del Milite Ignoto, simbolica personificazione del sacrificio collettivo. C’è da ricordare che nel conflitto bellico, circa 500 mila uomini tornarono menomati e fra questi quasi quarantamila furono mutilati. Un sacrificio di massa che rese necessaria la creazione di un apparato architettonico e scultoreo a memoria di un numero così alto di vittime. In tutta Italia sorsero dunque le Case del Mutilato. Questi edifici, tra gli anni Venti e i primi anni Quaranta, vennero costruiti sull’intero territorio nazionale e rappresentano un unicum nell’architettura italiana del Novecento. Quasi tutte le Case del Mutilato possiedono apparati architettonici, pittorici e scultorei di grande interesse, ma difficili da gestire e da conservare. Questi edifici erano – e in alcuni casi lo sono tuttora – le sedi di uffici e luoghi di incontro di assemblee nelle quali i soci ricordavano il sacrificio e l’eroismo patriottico.

Un elemento particolare, poi, accomunava le Case del Mutilato; per precisa volontà delle stesse associazioni, infatti, gli artisti che prestavano la propria opera nella costruzione (indifferentemente architetti, ingegneri, pittori o scultori) dovevano essere stati feriti in guerra ed essere iscritti all’ANMIG[8]. La Casa del Mutilato nella Genova Razionalista (Fig. 7) di Fuselli, già collaboratore di Piacentini nella realizzazione della Casa Madre dei Mutilati (Roma, 1937; inaugurata da Mussolini l’anno successivo) si trova in corso Aurelio Saffi, subito dopo il Palazzo della Giustizia, dirimpetto a Piazza della Vittoria. L’attuale edificio presenta due volumi distinti, per destinazione e per decorazione. Il corpo principale a strisce orizzontali in marmo bianco e nero ospita gli uffici, mentre quello arretrato, in pietra bianca di finale, ospita il salone delle adunate.

Fig. 7.

Sulla prima ala dell’edificio, al di sopra della statua della Vittoria di Guido Galletti che sorveglia l’ingresso principale, campeggia la frase il sacrificio è un privilegio di cui bisogna essere degni. Davanti al cortile della Casa del Mutilato, a perenne ricordo degli invalidi della Prima Guerra Mondiale, è presente il Monumento al Fante (Fig.8) di Eugenio Barone, già autore di numerose opere all’interno del cimitero di Staglieno e del gruppo dei Mille a Genova Quarto. L’opera, in bronzo, rappresenta tre figure poste su un basamento di pietra: un fante, stretto da una donna magra ed anziana, ed un soldato che, alzando il braccio mutilo di mano, sembra indicare il destino di sofferenza che ha davanti. La scritta più famosa e visibile sulla facciata dell’edificio recita la Guerra è la lezione della storia che i popoli non ricordano mai abbastanza.

Fig. 8.

 

Note

[6] Giuseppe Rosso fu redattore della rivista Stile Futurista dove nel 1935 fu pubblicato un articolo con il progetto del suo edificio in Piazza Dante.

[7] ANTONIO MARIA MORERA (Casale Monferrato 1888 – Genova 1864) La sua produzione si colloca nel pieno del razionalismo degli anni Trenta. Si forma all’Accademia Albertina di Torino e negli anni venti quando di trasferisce definitivamente a Genova, intensificherà l’attività plastica scultorea prendendo a modello le figure michelangiolesche e rodiniane. Tra le opere di grande rilievo a Genova si ricorda la serie dei monumenti ai Caduti, fra cui quello della Caserma A.Doria del 1922 e quello eretto a Ge-Rivarolo nel 1926.

[8] ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi di Guerra): Fondazione realizzata con lo scopo di non disperdere il patrimonio architettonico-culturale e gli ideali, i valori e le testimonianze di cui i mutilati ed invalidi di guerra sono portatori. Nata con lo scopo di onorare i mutilati, gli invalidi e le loro famiglie, l’ANMIG promuove lo stato democratico, svolge ricerche storiche e organizza convegni e seminari su tutto il territorio nazionale ed estero con l’intento di far conoscere la storia e il sacrificio sofferto dai mutilati e dagli invalidi di guerra italiani.

 

Bibliografia

Matteo Fochessati, Gianni Franzone (a cura di), Genova moderna percorsi tra il Levante e il centro città, Genova, Sagep, 2014.

Fabrizio Bottini, Dalla periferia al centro: idee per la città e la city, in Giorgio Ciucci, Giorgio Muratore (a cura di), Storia dell’architettura italiana – il primo Novecento, Milano, Electa, 2004, pp. 346 – 371.

Franco Sborgi (a cura di), La scultura a Genova e in Liguria, Il Novecento, Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1989.

Matteo Fochessati, Gianni Franzone (a cura di), La memoria della guerra, Antonio G.Santagata e la pittura murale del Novecento, Genova, Sagep, 2019.

Silvia Barisione, Ville in Riviera tra eclettismo e razionalismo, Genova, Sagep, 2015.

 

Sitogragia

www.anmig.it www.fondoambiente.it

www.treccani.it

 

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