A cura di Federica Comito
La Cappella Chigi: introduzione
Commissionata a Raffaello plausibilmente nel 1511 da Agostino Chigi, la Cappella Chigi ha funzione funeraria e prende il nome dal suo committente. Al 1513 risale il progetto del maestro urbinate che prevedeva il rifacimento della cappella quattrocentesca, ma i lavori verranno ufficialmente portati a termine solo nel 1661. La cappella occupa il penultimo ambiente della navata sinistra nella basilica romana di Santa Maria del Popolo. Probabilmente, l’idea di trasformare la semplice nicchia laterale in un mausoleo a cupola, impreziosito da marmi policromi e mosaici, deve essere giunta al committente dopo un viaggio a Venezia e la vista degli esempi di San Marco e Santa Maria dei Miracoli.
La struttura
Trattandosi di una struttura già esistente, Raffaello era vincolato nella creazione della pianta della Cappella Chigi e perciò decise di elaborare un progetto in altezza rifacendosi all’idea di Bramante in San Pietro. La struttura architettonica della cappella presenta una pianta centrale con quattro pilastri angolari arricchiti da nicchie. Questi sorreggono altrettanti arconi, sui quali si imposta il tamburo con otto finestre quadrate che illuminano l’ambiente. Su quest’ultimo si erge la cupola emisferica cassettonata. Il peso totale della copertura grava sui pilastri e questo espediente permise a Raffaello di assottigliare le pareti e di ingrandire lo spazio interno della Cappella Chigi, raggiungendo i sette metri di ampiezza. Decise, inoltre, di raddoppiare l’arcata d’ingresso e a quella interna diede lo spessore di tre paraste.
A ridosso della parete frontale della cappella si trova il sepolcro, disegnato da Raffaello stesso, rialzato su un podio formato da tre gradini. Questo è a sua volta affiancato da nicchie, ricavate nei pilastri, contenenti statue. Infine, affiancano le nicchie paraste scanalate sormontate da capitelli di ordine corinzio. Tra i due capitelli corre una decorazione con festoni di fiori, frutta e un mascherone posto al centro in perfetta corrispondenza con la scultura collocata all’interno della nicchia sottostante. Quest’ordine fu scelto da Raffaello per essere accordato con quello in uso nelle navate laterali della chiesa.
Anche Francesco Salviati contribuì alla decorazione della Cappella Chigi. Gli sono attribuiti i tondi con le Stagioni collocati nei pennacchi e gli affreschi che narrano la Creazione e il Peccato Originale, posizionati tra le finestre del tamburo della cupola. Salviati collaborò anche con Sebastiano del Piombo per il dipinto a olio sull’altare raffigurante la Nascita della Vergine che andò a sostituire la pala dedicata all’Assunzione della Madonna, prevista da Raffaello, che però non fu mai realizzata.
La cappella è arricchita da marmi policromi e si distaccano dall’insieme colorato solo gli elementi architettonici in marmo bianco posti nei punti di snodo come gli archivolti, le paraste e le cornici, impreziositi da inserti pittorici e a mosaico. In origine, invece, il prototipo presentato risultava bianco e spoglio.
All’interno della cappella sono custodite, nelle quattro nicchie in prossimità dei pilastri, le statue di Giona che esce dalla Balena opera di Lorenzetto e di Elia, realizzata anch’essa dallo stesso artista tra il 1517 e il 1522 circa e terminata da Raffaello da Montelupo. Nelle due nicchie restanti si trovano i gruppi scultorei raffiguranti Abacuc e l’angelo e Daniele e il Leone ad opera di Gian Lorenzo Bernini e datate rispettivamente 1656-61 e 1655-57. Lorenzo Lotto, detto il Lorenzetto, lavorò presumibilmente anche al bassorilievo in bronzo con Cristo e la Samaritana che doveva essere collocato sulla tomba di Chigi ma che oggi si trova sull’altare.
Sono altresì da attribuire a Raffaello le tombe piramidali in marmo rosso per Agostino Chigi e suo fratello Sigismondo, alle quali Bernini aggiunse dei particolari decorativi nei tondi marmorei. Queste preziosissime tombe si collocano in corrispondenza dei sarcofagi dei due fratelli e chiudono le arcate cieche laterali con lastre di marmo bugnato. La forma piramidale porta l’occhio dell’osservatore verso l’alto, fino a giungere all’oculo chiuso al centro della cupola. In passato si poteva osservare, attraverso una grata posta sul pavimento, un’ulteriore piramide che si trovava nel sepolcro sotterraneo insieme ai sarcofagi della famiglia Chigi. Opera di Raffaello furono anche i cartoni per la realizzazione dei mosaici sulla cupola, terminati nel 1516 dal veneziano Luigi de Pace, come ricorda la data incisa sulla cupola stessa.
Attraverso i costoloni dorati della cupola si apre uno spazio celeste dove Dio creatore a mezzo busto, al centro dell’oculo, è circondato da angeli e divinità pagane che rappresentano il Sole, la Luna e i pianeti ed è rappresentato mentre accoglie le anime che ascendono al cielo. I cartoni originali di Raffaello sono purtroppo andati perduti, ma si conservano all’Ashmolean Museum di Oxford alcuni studi preparatori databili al 1512-13 circa che confermerebbero l’autografia raffaellesca.
Particolarissimo è il pavimento della cappella ideato da Bernini su commissione di Fabio Chigi, futuro papa Alessandro VII. Al centro della pavimentazione, dove è collocata la tomba dello stesso Alessandro VII, c’è una decorazione che rimanda al tema del memento mori, confermato dalla Morte alata che cela nella scritta Mors aD CaeLos l’indizio della data di realizzazione in numeri romani (MDCL: 1650). Bernini realizzò anche la lampada in bronzo con tre cherubini in volo e le otto stelle simbolo della famiglia Chigi. Il modello della lampada rimanda alla corona della Madonna alla quale è dedicata la cappella. Infine, all’ingresso sono collocati due candelieri bronzei alti 1,5 m al di sopra di zoccoli lignei e decorati con simboli che rimandano alla famiglia dei committenti.
Conclusione
La cappella Chigi è un’opera d’arte completa. Al suo interno si fondono diverse espressioni artistiche quali architettura, scultura, pittura e mosaico formando un insieme fortemente unitario. Sono presenti tematiche cristiane e richiami pagani che, tuttavia, creano un insieme armonioso. Diversi sono i rimandi all’antico: la forma piramidale delle tombe richiama un antico simbolo funerario, mentre l’uso di marmi e mosaici si rifà agli sfarzosi rivestimenti che ricoprivano anticamente i monumenti romani di età imperiale.
Bibliografia
C.L. Frommel-S. Ray-M. Tafuri, Raffaello e la sua carriera architettonica, in Raffaello architetto, Milano, 1984.
- Oberhuber, Raffaello: l’opera pittorica, Elemond Electa – Mondadori, 1999.
- Bruschi, Storia dell’architettura italiana. Il primo Cinquecento, Electa, 2002.
C.L. Frommel, L’architettura del Rinascimento italiano, Skira, 2007.
- Bertelli-E. Daffra-M. Pavesi, Invito all’arte. Dal rinascimento al rococò; Pearson Italia, Milano-Torino 2017.
Sitografia
https://www.treccani.it/enciclopedia/lorenzetto_(Dizionario-Biografico)/
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