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A cura di Andrea Bardi

Introduzione

Se nella prima parte dell’articolo sulla Sala dei Fasti Farnesiani si è profusamente parlato della volta, in quella che segue ci si occuperà di analizzare la decorazione delle pareti laterali.

La Sala dei Fasti Farnesiani. Le pareti laterali

Sulle pareti laterali della Sala dei Fasti Farnesiani a Caprarola, Taddeo dispiega otto episodi inerenti alla storia più recente del casato. Così come per le scene sulla volta, anche per queste ultime la successione temporale parte dal lato corto del camino. La nomina a comandante dell’esercito pontificio di Pier Luigi Farnese, qui anticipata di due anni rispetto all’effettiva datazione (1535 e non 1537) si riallaccia, a distanza di un secolo esatto, all’altrettanto falsa elezione di Ranuccio.

L’iscrizione, posta tra la cornice e il riquadro, recita:

PETRVUS LVISIVS FARNESIVS / A PAVLO III PONTIFICE MAXIMO / ECCLESIASTICI EXERCITVS IMPERATOR / CONSTITVITVR ANNO SAL. MDXXXV

(“Pier Luigi è nominato da papa Paolo III comandante dell’esercito della Chiesa nell’anno di grazia 1535”)

Associata alla nomina di Ranuccio sulla volta, quella di Pier Luigi Farnese (1503-1547) permette, per la maggior facilità di visione, uno sguardo più approfondito. Analogamente alla prima, presenta un punto di vista sbalzato, non frontale, che sembra tuttavia quasi del tutto controbilanciato dalla disposizione pressoché paratattica dei personaggi. Nelle fisionomie dei tre Farnese, Taddeo paga a Tiziano il giusto tributo. Il volto di Pier Luigi assume i tratti del ritratto oggi a Capodimonte, mentre i tratti di Paolo III e Alessandro sono assimilabili a quelli della tela, anch’essa a Capodimonte, comprendente anche Ottavio. Il riquadro successivo sulla parete della Sala dei Fasti Farnesiani presenta l’affresco con Orazio Farnese nominato prefetto. 

L’iscrizione, posta nella medesima posizione rispetto alla scena adiacente, recita:

PAVLVS III PONTIFEX MAXIMVS / HORATIVM FARNESIVM NEPOTEM / SVMMAE SPEI ADOLESCENTEM / PRAEFECTVM VRBIS CREAT / ANNO SALVTIS MDXXXIIX

(“Paolo III papa nomina prefetto dell’Urbe il nipote adolescente di grande speranza Orazio Farnese nell’anno di grazia 1538”)

Nel 1538 Orazio aveva sette anni, e la sua nomina a Prefetto avvenne solo nel 1547. All’anno in questione risale, però, la nomina di Ottavio, qui presente affianco a Pier Luigi e a Paolo III i quali, denunciando ancora una volta la chiara matrice cadorina, chiudono la composizione da destra. Sul lato opposto della Sala dei Fasti Farnesiani, invece, è ancora un’apertura sull’esterno a dare la possibilità a Taddeo di cimentarsi col paesaggio mentre l’equilibrio delle figure è garantito da uno stuolo di porporati. Tra i due riquadri, infine, l’ovato con il ritratto di Enrico II di Francia. L’iscrizione recita:

HENRICO FRANCORVM REGI MAXIMO FAMILIAE FARNESIAE CONSERVATORI

(“A Enrico, Re di Francia, grande protettore della famiglia Farnese”)

L’accordo di protezione firmato con Enrico II risaliva al 27 maggio 1551. Con l’inizio della stagione spagnola in Italia, in corrispondenza del pontificato di Paolo IV, la famiglia si pose (15 settembre 1556) sotto l’ala protettrice di Filippo II [ritratto sulla parete opposta della Sala dei Fasti Farnesiani].

L’iscrizione che sovrasta la porta adiacente alla Cappella recita infatti:

PHILIPPO HISPANIARVM REGI MAXIMO OB EXIMIA IN DOMVM FARNESIAM MERITA

(“A Filippo, Re di Spagna, per il suo grande servizio alla famiglia Farnese”).

I ritratti dei due reali, inseriti in un contesto simile, potrebbero venir letti come l’effettiva concretizzazione dei piani diplomatici di Alessandro; le corone di Spagna e di Francia unite al papato contro la minaccia turca e l’eresia luterana. Come ha giustamente notato Loren Partridge, una simile lettura sarebbe quantomeno mistificatoria. Lo svolgimento effettivo dei fatti storici ha dimostrato infatti che la distanza che nella sala separa i due sovrani si presta più eloquentemente ad esprimere il costante stato di conflitto che interessava le due superpotenze. La reazione di Enrico alla firma del trattato tra gli Asburgo e i Farnese fu in effetti molto violenta: egli non esitò a dichiarare i Farnese dei “traditori” e a confiscarne i beni in territorio francese. Lo sforzo diplomatico bilaterale dei Farnese si ritrova anche nelle due scene che fiancheggiano l’effigie di Filippo: il Matrimonio di Ottavio Farnese con Margherita d’Austria e il Matrimonio di Orazio Farnese con Diana di Francia [Fig. 20].

Fig. 20 – Matrimonio di Orazio Farnese con Diana di Francia. Credits: Di Taddeo Zuccari – https://www.flickr.com/photos/mamondini/5673117503/sizes/l, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16108266.

Paolo Portoghesi ha evidenziato come, nel Matrimonio di Ottavio, Taddeo si fosse lasciato ammaliare dalla “coeva ritrattistica di corte europea”, che assommava ai “richiami all’ufficialità del Bronzino e all’eco di Tiziano e Raffaello […] il carattere araldico perseguito da pittori come Antonio Moro e Juan Pantoja de la Cruz”[1]. Per il Matrimonio di Orazio, invece, il modello più spiccatamente francofono richiama i coevi esempi di Francois Cluet (1510-1572), il cui ritratto di Enrico II funse effettivamente da base per la sua effigie nel salone di Caprarola. Le ultime quattro scene, nonché le più grandi per dimensioni nella Sala dei Fasti Farnesiani, coprono invece un arco temporale che va dal 1540 (Incontro a Parigi) al 1550 (Restituzione di Parma), e che comprende l’Incontro a Worms (1544) e la Guerra luterana (1546).  Il primo episodio è quello dell’Entrata a Parigi tra Francesco I re di Francia, Carlo V e il cardinal Alessandro Farnese [Fig. 21]. L’iscrizione qui recita:

FRANCISCVS GALLIARVM REX CAROLVM V AVGVSTVM / COMPRIMENDAE DEFECTIONIS CAVSA IN BELGIAS PROFICISCENTEM / ET ALEXANDRVM FARNESIVM CARDINALEM MAGNIS / DE REBVS LEGATVM LVTETIAE PARISIORVM / AMPLISSIMO APPARATV SVSCIPIT ANNO SALVTIS MDXL

(“Francesco re di Francia accoglie a Parigi con grande pompa l’augusto Carlo V in viaggio verso le Fiandre per reprimere una ribellione e il cardinale Alessandro Farnese come legato di affari importanti nell’anno di grazia 1540”).

Fig. 21 – Entrata a Parigi. Credits: By Taddeo Zuccari – http://dizionaripiu.zanichelli.it/, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=53502394.

La scena nella Sala dei Fasti Farnesiani descrive l’incontro parigino del 1540 tra Francesco I di Valois (in testa al corteo su di un cavallo bianco), Carlo V d’Asburgo (alla sua sinistra) e Alessandro Farnese (in sella ad un mulo). Il vertice seguì l’insurrezione della città di Gent tanto contro Carlo quanto contro Roma (forte si stava dimostrando l’ascendente della confessione luterana nelle Fiandre). All’interno del fitto corteo, che si risolve sullo sfondo in teste appena accennate e in una trama di lance appuntite, i soldati si mescolano ai popolani locali, tra cui un uomo che, sull’estremità sinistra, si intravede nello spazio tra due alberi. Chiude la composizione sulla destra una delle porte di accesso alla città, il cui dubbio rigore archeologico è totalmente ascrivibile alla sua assimilazione in “nuova Roma” (romani sono anche le vesti e gli equipaggiamenti dei due soldati a cavallo) di Parigi. Curiosa risulta anche la scelta, da parte di Taddeo, di ritrarre se stesso e i suoi familiari (il padre Ottaviano e il giovane fratello Federico, che all’epoca aveva ventitré anni) nei panni dei portatori del baldacchino. A questa scena segue Il convegno di Worms sulla guerra contro i luterani tra il cardinal Alessandro Farnese, Carlo V e suo fratello Ferdinando I. L’iscrizione recita:

ALEXANDER FARNESIVS CARD. A PAVLO III / PONT. MAX. DE BELLO LVTHERANIS INFERENDO / LEGATVS VORMATIAE CVM CAROLO IMP. ET / FERDINANDO ROMANORVM REGE CONGREDITVR / ANNO SALVTIS MDXLIV

(“Il cardinale Alessandro Farnese legato a Worms da papa Paolo III per trattare della guerra ai Luterani si incontra con Carlo V imperatore e Ferdinando re dei Romani nell’anno di grazia 1544”).

Il gusto quasi neotrecentesco ed estremamente solenne[2] del cardinal Farnese, visto di profilo e in sella allo stesso mulo (un’imitatio Christi, questa, assai più eloquente che nella scena precedente) apre la scena nella Sala dei Fasti Farnesiani che, nota ancora Portoghesi, si caratterizza per una “diversa sensibilità nei confronti del paesaggio che […] pare quasi un’anticipazione di quello ‘classicistico’ di Annibale Carracci e Domenichino”[3]. In uno spazio più arioso, quindi, il Gran Cardinale stavolta si appresta a confrontarsi con Carlo V, suo fratello Ferdinando I (che lo sostituì alla guida dell’Impero nel 1558) e il di lui figlio Massimiliano II, Re dei Romani. La penultima scena sulle pareti è quella della guerra luterana [Fig. 23], accompagnata dall’iscrizione

PAVLVS III PONTIFEX MAXIMVS CAROLO V IMP. / CONTRA LVTHERANOS BELLVM GERENTI / ALEXANDRO FARNESIO CARDINALI LEGATO ET / OCTAVIO EIVS FRATRE PARMAE ET PLACENTIAE PRINCIPE / COPIARVM DVCE MAGNA ITALORVM AVXILLA MITTIT / ANNO SALVTIS MDXLVI

(“Paolo III papa invia a Carlo V imperatore in guerra con i Luterani ingenti truppe ausiliarie con il cardinale Alessandro Farnese come legato e Ottavio suo fratello, principe di Parma e Piacenza, come comandante nell’anno di grazia 1546”)

Fig. 23 – La guerra luterana. Credits: By Daderot – Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79913723.

La controversa questione parmense è invece affrontata nell’ultimo riquadro storico con Giulio III che restituisce Parma al cardinal Alessandro e quindi al fratello Ottavio. L’iscrizione recita:

ALEXANDER FARNESIVS CARDINALIS / VRBEM PARMAM OCTAVIO FRATRI INTERPOSITIS / CALVMNIIS NON REDDITAM A IVLIO III ACCIPIT / EAQVE FRATRI TRADITA ANCIPITEM ID TEMPORIS / DOMVS SVAE STATVM IN TVTO COLLOCAT AN. MDL

(“Il cardinale Alessandro Farnese riceve da Giulio III la città di Parma non restituita al fratello Ottavio per macchinazioni interpostesi, e riconsegnatala al fratello rimette in sicurezza l’incerta condizione in quel tempo della sua Casa nell’anno 1550”).

La restituzione di Parma a Ottavio Farnese da parte di Giulio III fu in gran parte dovuta all’influenza del cardinal Alessandro sul concilio cardinalizio, che, sotto le pressioni di quest’ultimo, riuscì a far eleggere nel 1550 Giovanni Maria Del Monte. Fino ad allora, la città era stata oggetto di contesa tra la chiesa, l’imperatore e la famiglia Farnese in seguito all’assassinio di Pier Luigi ordito dal duca di Milano Ferrante Gonzaga (1547). L’ambientazione della scena trova un suo immediato riscontro figurativo nell’episodio della nomina di Orazio: del tutto simile è la costruzione dello spazio, con lo scranno papale rialzato sulla destra e il collegio cardinalizio sulla sinistra; analogo il pretesto figurativo della finestra che diviene, così come nella nomina di Ranuccio Farnese, espediente efficace per un abbandono del pittore alla natura. I seggi cardinalizi vengono ricavati, differentemente rispetto all’episodio della nomina di Ranieri Farnese, da “frammenti di architrave resi a chiaroscuro”[4].  Quello che Portoghesi definisce poi un “compendio tra elementi del repertorio archeologico e una visione venezianeggiante dell’insieme”[5] si arricchisce di stimoli colti dalla cultura veneta, con la quale Taddeo ebbe modo di confrontarsi tramite gli esempi di Francesco Salviati e Sebastiano del Piombo.

Chiudono il complesso apparato decorativo della sala l’allegoria di Roma[6][Fig. 25] sulla sovrapporta d’ingresso dal portico e lo stemma Farnese, ancora una volta fiancheggiato dalla Freccia col Bersaglio e dalla Navicella, simboli di una Chiesa pronta a combattere in un contesto, come quello di palazzo Farnese, che Clare Robertson definì “una nuova Roma, una nuova Gerusalemme, o il microcosmo della Repubblica Cristiana”[7].

Fig. 25 – Roma. Fonte: L. Partridge, Divinity and Dynasty at Caprarola: Perfect History in the Room of Farnese Deeds, in “The Art Bulletin”, 60, New York, 1978, pp. 494-530.

 

 

Note

[1] Portoghesi, pp. 59-60.

[2] Un riferimento più vicino è il Raffaello delle Stanze (il Cardinal Giovanni de’ Medici nell’Incontro di Leone Magno con Attila).

[3] Portoghesi, p. 60.

[4] Portoghesi, p. 61.

[5] Ibidem

[6] Il modello iconografico di riferimento è quello delle monete romane (Partridge, p. 499). L’allegoria di Roma è una donna in veste militare, seduta sui sette colli e con il piede apppoggiato su un globo, a simboleggiare il dominio di Roma sul globo. Presente anche la lupa e i due fanciuli della leggenda, Romolo e Remo. La Nike alata tenuta con la mano destra invece è emblema di vittoria.

[7] Robertson, p. 123.

 

Bibliografia

Agosti, sulla biografia vasariana di Taddeo Zuccaro, in “Prospettiva”, 153/154, Firenze, Centro Di della Edifimi, 2014, pp. 136-157.

Faldi, Il palazzo Farnese di Caprarola, Torino, SEAT, 1981.

Labrot, Le Palais Farnese de Caprarola, Parigi, Klincksieck, 1970.

Mascagna, Caprarola e il palazzo Farnese. Cinque secoli di storia, Viterbo, Quatrini, 1982.

Partridge, Divinity and Dynasty at Caprarola: Perfect History in the Room of Farnese Deeds, in “The Art Bulletin”, 60, New York, 1978, pp. 494-530.

Pierguidi, Disegnare e copiare per imparare: il trattato di Armenini come fonte per la vita di Taddeo Zuccari nei disegni del fratello Federico, in “Romagna Arte e Storia”, 92/93, Rimini, Panozzo, 2011, pp. 23-32.

Portoghesi (a cura di), Caprarola, Roma, Manfredi, 1996.

Robertson, Il Gran Cardinale. Alessandro Farnese patron of arts, New Haven-Londra, Yale University Press, 1992.

Trasmondo Frangipani, Descrizione storico-artistica del r. palazzo di Caprarola, Roma, coi tipi della civiltà cattolica, 1869.

Vecchi, P. Cimetta, Il palazzo Farnese di Caprarola, Caprarola, Il Pentagono, 2013.

Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze, Giunti, 1568.

Voss, La pittura del tardo Rinascimento a Roma e a Firenze (1920), Roma, Donzelli, 1994.

 

Sitografia

http://www.bomarzo.net/palazzo_farnese_caprarola_04_sala_fasti_farnesiani_it.html

https://www.britannica.com/biography/Taddeo-Zuccaro

www.culturaitalia.it

Villa Farnese a Caprarola pt 1

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