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A cura di Beatrice Cordaro

 

Introduzione. Antonello da Messina, i fiamminghi e la pittura ad olio

L’artista: brevi cenni biografici

Nato a Messina nel 1430, poco si sa delle vicende biografiche di Antonello, ma sappiamo quanto basta per confermare la grandezza del suo operato in epoca rinascimentale. Antonello, menzionato in un contratto del 1438 nel quale si impegnava a lavorare per un conciatore di pelli, si formò come pittore a Roma (dove per Vasari aveva “atteso molti anni al disegno”) e poi a Napoli (inizio degli anni ’40) presso la Bottega di Colantonio, e successivamente ebbe modo di entrare in contatto con l’arte nordica (fiamminga e provenzale), dalla quale trasse un atteggiamento attento alla natura e alla rappresentazione meticolosa dei suoi dettagli e sfumature. Le prime commissioni risalgono alla fine degli anni ’50 del ‘400, momento in cui Antonello è attestato a Reggio Calabria. Al marzo del 1457 risale infatti un documento con cui Antonello, “pictor civis Messane”, si impegna a consegnare uno stendardo da parte del maestro della confraternita di San Michele dei Gerbini di Reggio Calabria.[1] Nei tre anni di silenzio delle fonti che separano la commissione reggina da un secondo soggiorno calabrese (1460), gli storici dell’arte (Cavalcaselle) hanno ipotizzato un viaggio di Antonello nel centro Italia, nel corso del quale il maestro sarebbe entrato addirittura in contatto con Piero della Francesca[2]. Gli anni tra il 1460 e il 1470, anche se la seconda parte del decennio si contrassegna per una totale assenza di documentazione sull’artista, furono fruttuosi in termini di fama, e Antonello ricevette numerose importanti commissioni conoscendo, sia direttamente che indirettamente, la cultura pittorica delle Fiandre (Petrus Christus, Jean Fouquet) e il suo portato più rivoluzionario, la pittura ad olio. Tra il 1471 e il 1472, poi, Antonello fu particolarmente impegnato a Noto, cittadina dove, per la chiesa di Santo Spirito, di un altro gonfalone e dove ebbe modo anche di confrontarsi con il pittore Francesco Laurana. Nel 1473 è ancora a Messina, per poi spostarsi a Venezia intorno al 1475. Dopo l’esperienza in laguna, Antonello tornò in Sicilia, e morì nella sua città natale, Messina, nel 1479. Come sembrano indicare le richieste precedenti alla sua dipartita, il pittore venne sepolto presso il cimitero del convento di Santa Maria del Gesù, vestito con il saio dell’ordine dei frati minori francescani. Il cimitero venne distrutto dalla piena del 1863.

 

Un appunto su Jan Van Eyck e sulla pittura ad olio quattrocentesca

Considerato a buona ragione il principe indiscusso del primo rinascimento nordico, Jan Van Eyck fu l’artista che impresse alla pittura una svolta radicale, epocale, riuscendo a rinnovarla profondamente, soprattutto dal punto di vista della rappresentazione del reale. Pur in chiave diversa, l’impatto di Jan van Eyck nelle Fiandre può essere paragonato a quello con cui il giovane Masaccio (1401-1428) cambiò la storia dell’arte italiana. Van Eyck riportò in auge una tecnica, quella della pittura ad olio, che pure era già attestata negli scritti di Teofilo e in quelli di fine Trecento di Cennino Cennini[3]. Vasari, nella vita di Antonello, scriveva proprio di come Van Eyck

“si mise a provare diverse sorti di colori, e come quello che si dilettava dell’archimia, a far di molti olii per far vernici et altre cose, secondo i cervelli degl’uomini sofistichi come egli era”[4]

e di come, al termine delle sue sperimentazioni,

“alla fine trovò che l’olio di seme di lino e quello delle noci, fra tanti che n’aveva provati, erano più seccativi di tutti gl’altri”[5]

La riscoperta della pittura ad olio, che rispetto alla tempera con leganti proteici (albume d’uovo) impediva l’opacizzazione del pigmento con l’essiccazione, fu dunque decisiva per le sorti dell’arte occidentale.

 

Antonello da Messina e la pittura fiamminga

Fu ancora Giorgio Vasari a testimoniare con fermezza l’affinità tra la pittura di Antonello e quella fiamminga. Sempre nella vita del maestro messinese, lo storico aretino trattò parlò di Antonello da un lato come allievo di Jan Van Eyck, dall’altro come maestro inventore e, di conseguenza, portatore in Italia della magnifica pittura ad olio. Per lo storico aretino, infatti, Antonello, dopo aver osservato a Napoli una “tavola di mano di Giovanni da Bruggia”[6], dipinta a olio, partì per le Fiandre, dove, “in Bruggia pervenuto prese dimestichezza grandissima col detto Giovanni”. Alla morte del maestro, Antonello “se ne tornò di Fiandra per riveder la sua patria”.

La ritrattistica di Antonello Da Messina venne considerata, e lo è tutt’ora, una pittura rivoluzionaria, e le forti ascendenze fiamminghe portarono, nel Cinquecento, anche esperti come il veneziano Marcantonio Michiel (1484-1552), collezionista e studioso d’arte, ad attribuire il San Girolamo nello studio (Fig. 1) proprio allo stesso van Eyck, e non ad Antonello.

Il San Girolamo è un dipinto ad olio su tavola di tiglio. Si tratta di un dipinto la cui realizzazione pare, effettivamente, essere figlia di un’opera similare di van Eyck (Fig. 2) e facente parte del perduto Trittico Lomellini. In realtà l’opera di Antonello, nella sua composizione e nei suoi volumi, si pone nettamente in contrasto con il lavoro di Jan Van Eyck nel quale, come si può ben vedere, sono totalmente assenti la sapiente orchestrazione prospettica e la dettagliata architettura proposte invece da Antonello. I punti di contatto con la cultura fiamminga tuttavia ci sono, e si ritrovano nel sapiente uso della luce, che sembra propagarsi da una molteplicità di punti. Ancora di gusto fiammingo è poi la ricchezza dei dettagli che ornano il contesto entro cui San Girolamo agisce: dagli animali alle piante, passando per i vasi sparsi in primo piano e sulla scaffalatura alle spalle del santo, o ancora per le piastrelle a motivi geometrici.

Nell’opera di Antonello, Girolamo è osservabile dall’esterno, e nello specifico da una grande porta culminante in un arco ribassato. Incredibile è il talento di Antonello Da Messina nel ricreare un ambiente realista, all’interno del quale lo sguardo dello spettatore, lungi dal fermarsi alle figure in primo piano, riesce ad andare oltre l’ambiente dello studio spingendosi oltre i vetri di una finestra che si apre al paesaggio.

 

 

 

 

Note

[1] M. Bussagli, Antonello da Messina, p. 16.

[2] Ivi, p. 23.

[3] Ivi, p. 14.

[4] G. Vasari, Le Vite, p. 375.

[5] Ibidem

[6] Ivi, p. 377.

 

 

Bibliografia

Maria Francesca Alberghina, Fernanda Prestileo, Salvatore Schiavone, IRR and XRF investigations on Annunciata by Antonello da Messina to trace the original appearance of the blue veil, in “Archeomatica”, 1, pp. 22-27.

Federica Ammiraglio (a cura di), Van Eyck, I classici dell’arte, Rizzoli / Skira, 2004, p. 21.

Giulio Carlo Argan, Il Rinascimento, Sansoni per la scuola, 2015, p.223.

Gioacchino Barbera (a cura di), Antonello da Messina. Sicily’s Renaissance Master, New York, Metropolitan Museum of Art, 2005.

Marco Bussagli, Antonello da Messina, “Art Dossier”, Milano, Giunti, 2014.

Caterina Cardona, Giovanni Carlo Federico Villa (a cura di), Antonello da Messina, catalogo della mostra al palazzo Reale di Milano, Milano, Skira, 2019.

Claudia Cieri Via, The invisible in the Visible. The Annunciation by Antonello da Messina from narrative to icon, in “IKON. Journal of Iconographic Studies”, vol. 9, 2016, pp. 261-268.

Mauro Lucco (a cura di), Antonello da Messina, l’opera completa. Antonello da Messina e la pittura fiamminga, Milano, Silvana Editoriale, pp 27-41.

Giorgio Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architetti (1568), Torino, Einaudi, 2000.

 

Sitografia

Breve biografia di Antonello da Messina

https://www.finestresullarte.info/arte-base/antonello-da-messina-vita-opere-pittore-siciliano

Vergine annunciata di Antonello da Messina

https://www.balarm.it/news/magazine/al-museo-salinas-i-capolavori-di-antonello-4851

http://www.arte.it/notizie/palermo/umana-seduzione-e-pudica-bellezza-l-annunciata-di-antonello-da-messina-17009

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