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A cura di Marco Bussoli

 

Pensando al Molise è difficile, per i più, riuscire a pensare ad un monumento di interesse culturale, ma ancor più complesso, anche per gli addetti ai lavori, individuare degli artisti che, nel passato, abbiano fatto centro della loro produzione artistica questa regione. Uno dei pochi artisti del passato di cui si può trovare una traccia è Paolo Gamba, pittore del XVII secolo, la cui produzione artistica è quasi tutta locata tra il Molise e le zone limitrofe di Abruzzo e Puglia.

 

Paolo Gamba: notizie, lacunose, sulla vita

Della vita del pittore Paolo Gamba si sa ben poco dalle fonti documentarie. Tuttavia, è possibile ricostruire il suo percorso grazie al censimento delle sue opere. Nato a Ripabottoni, oggi in provincia di Campobasso, nel 1712, il pittore è figlio di Giovan Battista Gamba, un decoratore di modeste capacità le cui opere sono visibili a Sulmona e Pescocostanzo (AQ).

A soli 20 anni, il pittore sposa Domenica Ciarla e, secondo una notizia che in molti riportano, si trasferisce a Napoli per studiare nella bottega del pittore Francesco Solimena. Il soggiorno, che non trova riscontro nelle fonti archivistiche, è ipotizzato solo sulla base dell’analisi stilistica delle sue opere, che aderiscono a forme scenografiche e luministiche ricorrenti nel barocco napoletano; è però vero che queste forme erano già diffuse nelle zone periferiche del regno, tant’è che lo stesso Solimena aveva lavorato per la parrocchiale di Ripabottoni, dove una sua tela è conservata.

La prima opera di Gamba è datata al 1740, e consiste in una serie di affreschi, oggi distrutti, in Sant’Elia a Pianisi (CB). Da questo momento, il pittore inizia un’intensa attività, soprattutto grazie al rinnovamento voluto dai Vescovi di Larino, che non solo commissionano gli affreschi nella cupola della chiesa di San Francesco a Larino, ma gli affidano anche lavori in numerose chiese della provincia, tra cui le pitture nella parrocchiale di S. M. Assunta a Ripabottoni, riedificata sul progetto di Ferdinando Sanfelice tra il 1731 ed il 1744.

A partire dagli anni Sessanta, iniziando a diradarsi le commissioni molisane, l’attività del pittore si sposta verso l’Abruzzo e la Capitanata. Quando, alla fine del decennio, Gamba torna a lavorare in Molise, è attivo dal 1771 nella chiesa di San Francesco di Agnone e da lì, negli anni successivi, fino alla morte sopraggiunta nel 1782, nelle chiese di Fossalto e Campodipietra.

Agnone

Tra i comuni molisani quello di Agnone gode, non solo oggi, di un certo rilievo; se, infatti, continua ad essere meta turistica è per il suo borgo, per la Pontificia Fonderia Marinelli, una delle poche fonderie al mondo che produce campane con il bollo papale, e per i tipici prodotti enogastronomici. Se la fondazione del borgo è dibattuta, ma sicuramente sannitica, resta molto evidente il passaggio, nel XIV secolo, dei veneziani, che fondano il cosiddetto borgo veneziano, in cui la persistenza dei simboli della serenissima è forte (basti pensare alla chiesa intitolata a San Marco, nel cui portale è raffigurato un leone).

 

Attraversando le strade del borgo, la struttura medievale dell’abitato che si pone sulla cresta del colle e che lì si sviluppa, almeno in una prima fase, risulta ben leggibile.  I segni di questo sviluppo sono tangibili nell’orditura dei camminamenti e nel presidio cittadino che rappresentano gli edifici religiosi, numerosi e uniformemente distribuiti già dall’antichità, come segnala, tra gli altri, Mortari.

 

La chiesa di San Francesco

La chiesa ed il convento di San Francesco sono, tra gli edifici di Agnone, quelli che, forse, presentano in modo evidente i maggiori segni di un passato che in Molise, a seguito dei numerosi eventi sismici, non è sempre così leggibile. Nella facciata della chiesa è, infatti, ben evidente il fronte della chiesa trecentesca, con l’apertura ad ogiva, decorata, ed un rosone in sommità. Caratteristica del rosone è la cornice decorata, scolpita con un motivo di foglie in rilievo tra due fasce lisce, cui si aggiunge una decorazione semicircolare nella parte superiore, più sporgente e rilevata, ma pur sempre estremamente semplificata, che termina su due colonnine dal capitello decorato con volute semplificate che nascono dal basso. Queste, poi, poggiano su ognuna rispettivamente su un leone, segno del passaggio veneziano in questi territori. Anche il portale è decorato con elementi molto semplificati: la strombatura del portale è sottolineata da tre semicolonne ed una sorta di pilastro, con un unico abaco che lega tutti i capitelli tra loro.

Come nelle colonnine del rosone, anche qui i capitelli hanno pochi elementi decorativi, un singolo giro di foglie d’acanto, che in alcuni casi si avviluppano nella parte alta, formando delle volute, mentre nella prima semicolonna sono ben aperte. La decorazione dell’ogiva, in linea con quella della parte bassa, è molto lineare, con una serie di modanature geometriche di diversa forma; tra queste fa eccezione una fascia che si articola con due spirali lisce e, tra queste, una fascia piana con una larga spirale che accoglie un motivo di foglie lobate.

 

Da quanto attestano i documenti presenti in archivio, la fondazione dell’edificio risale al 1343, anno in cui probabilmente ebbe inizio la costruzione del primo edificio religioso e del monastero. Tra XVII e XVIII secolo il complesso fu completamente trasformato, e la chiesa adattata alle prescrizioni controriformistiche. Non è ben chiaro, dalle fonti disponibili, se fu in questa fase che la chiesa venne ingrandita. Tuttavia, resta il fatto che, a partire dal ‘600, vennero eseguiti dei lavori per ottenere una chiesa a navata unica con cappelle ed altari laterali. Nello stesso periodo, il Padre Maestro Antonio Fiorito commissionò il rifacimento del campanile in muratura, mentre la cupola fu innalzata alcuni decenni dopo, per volere di Padre Maestro Nicolò Palombo.

 

Gli affreschi di cupola e transetto

Quando nel ‘700 il complesso di San Francesco venne rinnovato, furono chiamati i più prestigiosi artisti sulla piazza per decorarne gli interni: oltre che configurarsi come un esempio di architettura controriformistica, la chiesa è anche d’esempio per le decorazioni stuccate, in stile roccocò, che arricchiscono l’aula, riempiendo lo spazio senza eccedere nell’horror vacui, ma diventando cornice, anche effettiva, per gli altri elementi decorativi. In questo ambiente così ricco opera Paolo Gamba, che con i suoi affreschi porta del colore nella candida chiesa.

Pescando dai temi maggiormente praticati durante la sua attività, Gamba programmò, per le decorazioni della cupola, delle pitture di carattere puntuale, mentre in quelle della navata due grandi scene incorniciate dagli stucchi. Il tamburo della cupola è diviso in otto porzioni da un partito architettonico di lesene binate, che portano una trabeazione semplificata che, in corrispondenza delle finestre, si deforma curvandosi. A fasce alternate sono, quindi, presenti nel tamburo delle aperture o degli affreschi, in particolare degli ovoli in stucco bianco e dorato che racchiudono i ritratti di quattro profeti. Le figure di Amos, Giona, Daniele e Geremia, scelte tra i profeti della Bibbia, occupano quasi interamente lo spazio dell’ovulo in cui sono poste. Nonostante ciò, il pittore si è dimostrato perfettamente in grado di caratterizzare lo sfondo, lasciando dei segni caratteristici per ognuno di essi; Giona, ad esempio, è rappresentato incappucciato, quasi pensoso, e lascia sullo sfondo un mare calmo con il mostro marino in lontananza.

 

Nei pennacchi che sorreggono la cupola sono invece racchiuse le rappresentazioni dei quattro Evangelisti, uno dei temi cari del pittore, che li ripropone in più occasioni con l’accuratezza e la finezza di approfondirne i caratteri sia pittorici che espressivi; queste figure, infatti, sono assolutamente paragonabili a quelle analoghe affrescate a Larino (CB), nella chiesa di S. Francesco, ma ad un’analisi più attenta spiccano per un chiaroscuro più accentuato, anche grazie all’uso di una luce più vibrante che manca al disegno dei profeti. Curioso è un dettaglio contenuto nel San Marco, che ha ai piedi due putti: uno di questi, che regge penna e calamaio per l’evangelista, sembra ammonire l’altro, che è invece impaurito dal leone su cui il santo poggia i piedi. Oltre agli Evangelisti, nel transetto sono anche presenti figure minori di virtù, anche queste affrescate entro sottili cornici che decorano le ghiere sotto gli archi.

 

Gli affreschi della navata

La navata di San Francesco è dominata dalla presenza di un grande affresco che, entro una cornice mistilinea, tipicamente settecentesca, ne costituisce il fuoco, l’elemento su cui l’occhio si poggia inevitabilmente, soprattutto poiché è l’unico elemento colorato all’interno dello spazio bianco.

 

La scena che Gamba dipinge è quella della Cacciata agli inferi degli angeli ribelli. Il pittore, con una caratterizzazione differenziata, dispone la scena su due registri differenti: in alto, ovvero verso l’ingresso, Dio è tra gli angeli e la croce gli è vicina, mentre poco più in basso l’arcangelo Michele e gli altri angeli stanno scacciando Lucifero ed i ribelli, che sono già caduti; Lucifero si è schiantato a terra e giace con la schiena sulla roccia. L’artista ambisce qui, secondo Carano, a raggiungere gli esiti luministici e drammatici del suo maestro, Francesco Solimena, che lavorava però con toni e colori più scuri, riuscendo in un luminismo più spiccato. Questa scena risulta, però, molto equilibrata nella sua transizione progressiva tra la luce del paradiso e il buio della terra.  Nell’affresco Gamba ambienta le scene più concitate nelle zone centrali: ai piedi della divinità è posto un altare, ancora sulle nuvole, ed un angelo, nei suoi pressi, sventola l’incenso, immediatamente più in basso, invece, sta avvenendo il combattimento, con la figura alata di Michele che brandisce la croce.

 

Sull’ingresso si trova un affresco, più piccolo e anch’esso inserito in una cornice mistilinea, che raffigura quattro angeli seduti sulle nubi in una situazione di pace: tre di essi stanno infatti suonando, mentre l’ultimo sta leggendo e cantando. Anche in questo caso la luce è poco vibrante, motivo per cui risulta estremamente evidente la rigidezza delle nubi sui cui si poggiano le figure. Questo affresco è inoltre gravemente danneggiato, con una lacuna che ne sfigura la parte centrale.

 

La chiesa di San Francesco ad Agnone è un edificio particolarmente apprezzabile sotto numerosi punti di vista, tra i quali spicca il ruolo centrale per la comunità (l’edificio conventuale è infatti sede di due biblioteche e comprende anche un piccolo spazio per l’esposizione di materiali). A ciò si aggiunge il pregio di una decorazione che, se non unica, rappresenta il punto di arrivo e di maturazione della poetica di un pittore unico, per prolificità ed esiti, nel territorio molisano. Quello che manca è, però, oltre ad una valorizzazione adeguata della chiesa, uno sguardo approfondito sulla figura di Paolo Gamba, artista su cui non si compiono più studi ormai da decenni.

 

 

 

 

Bibliografia

Carano, Paolo Gamba, pittore molisano del XVIII sec., Campobasso, 1984

Basile, Interventi di conservazione e di restauro sui beni artistico-storici, in Conoscenze, III (1986)

Mortari, Molise, appunti per una storia dell’arte, Roma, 1984

 

Sitografia

https://www.treccani.it/enciclopedia/paolo-gamba_(Dizionario-Biografico) (10-12-2021)

https://www.bandierearancioni.it/approfondimento/museo-civico-di-palazzo-san-francesco-ad-agnone (17-12-2021)

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