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A cura di Adriana d’Arma

 

 

Introduzione

 A pochi chilometri dalla città di Gela, situato su una collina gessosa nei pressi della contrada Spadaro, si erge il cosiddetto Castelluccio, una costruzione di epoca sveva (Fig. 1).

 

Nonostante la notevole posizione geografica di questo edificio fortificato nell’entroterra della pianura di Gela e la sua struttura architettonica, il Castelluccio non viene citato dagli storici e dagli autori più antichi, come il Fazello e il Camilliani, tra i baluardi costieri della Sicilia. Tuttavia, esso viene menziontato soltanto come struttura in termini di luogo di confine e non di costruzione.

 

Storia del Castelluccio 

Le origini di tale fabbrica risalgono già al XII secolo, e nello specifico al 1143, data a cui risalgono alcuni documenti che menzionano un atto di concessione. In quell’occasione fu il conte Simone di Butera, membro della famiglia Alemarica, che lo concesse in dono, insieme ad alcune terre nella zona meridionale della contea, all’Abate del Monastero di San Nicolò l’Arena di Catania. Per comprendere meglio la storia e l’evoluzione architettonica del Castelluccio sono state fondamentali delle operazioni di scavo condotte, in occasione dei primi interventi di restauro, nel maggio del 1988. All’epoca, il piano terra della costruzione era stato ribassato di circa 50 centimetri. Inoltre, erano stati condotti due saggi. Il primo, in corrispondenza del finestrone di sud, il secondo in corrispondenza dell’angolo di sud-est.

L’anno successivo, durante la seconda fase dei lavori, il Castelluccio ha visto succedersi al suo interno una regolare campagna di scavo, sia al suo interno sia nelle zone della torre est. Altri due saggi all’esterno della struttura, poi – in particolare uno nel pendio meridionale della collina (Fig. 2) – sono stati effettuati in questa occasione.

 

L’edificio medievale si è sviluppato, secondo gli studi, in quattro distinti periodi. Il primo periodo, quello cosiddetto “antico”, è circoscritto spazialmente all’area collinare del Castelluccio e alle zone limitrofe. È solo alla seconda fase, invece, che dobbiamo far risalire la costruzione della fabbrica vera e propria e al suo utilizzo come fortificazione, come presidio militare. La costruzione della fabbrica è stata portata avanti in due distinti momenti, uno attorno al 1200 e l’altro circa un secolo dopo. Il terzo periodo, invece, è databile attorno al 1400: all’epoca il Castelluccio iniziò ad essere abitato dalla famiglia, ed è in questo momento che la fortezza assunse un carattere di residenza civile, ad uso abitativo, perdendo il suo ruolo strettamente strategico-militare. La storia del Castelluccio, tuttavia, si concluse con un disastroso incendio, che fu l’evento che condusse la struttura ad una successiva fase della sua storia, un momento di abbandono totale. Tali eventi sfavorevoli portarono ad un successivo tentativo di ristrutturazione, con il seguente avvio di lavori che non vennero mai portati a termine. Il quarto ed ultimo periodo, infine, può essere associato esclusivamente alle frequentazioni sporadiche della struttura da parte dei pastori e della locale comunità contadina e, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, alla collocazione di una postazione militare.

 

Descrizione del Castelluccio

Per entrare al Castelluccio, vi si accede percorrendo la collinetta.  Esso presenta una pianta rettangolare, disposta in senso est-ovest, con accesso a occidente.

La struttura è caratterizzata da due torri terminali a pianta quadrata, disposte alle opposte estremità a est e ad ovest. La prima si contraddistingue per aver ricoperto sia funzioni di avvistamento sia ruolo di protezione verso l’ingresso. La seconda torre, invece, era destinata esclusivamente a controllare il lato est della pianura. Tale torre contiene, sulla parete sud, una nicchia contornata da cornici in pietra; si suppone, secondo gli studiosi, che questa torre dovesse in origine contenere un’immagine di culto.

Il Castelluccio ad oggi si presenta formato da un piano terra e da un primo piano che in verità non fu mai portato a termine. Probabilmente l’edificio doveva prevedere più piani, ed originariamente era pianificata una copertura, un tetto che però non venne mai completato.

Nel piano terra sono disposte diverse feritoie e due grandi finestre ad arco, decorate con ghiere, che si affacciano rispettivamente sul lato sud e su quello nord.

La parete nord presenta un incasso, proprio allo spigolo, in alto; tale incasso corrisponde a una traditora, ovvero il punto dove gli arcier colpivano il primo nemico che provava ad entrare nel castello.

Inoltre, sempre sulla parete nord, una monofora ogivale, che in qualche modo qualifica la particolarità dell’ambiente chiuso rispetto al salone d’ingresso. Si tratta della camera padronale, dalla quale si accede direttamente alla torre orientale, al terrazzo e quindi alla torre ovest.

Al centro della parete sud, poi, si trova un magnifico finestrone in pietra bianca, mentre altre quattro finestre sono presenti sul muro della seconda elevazione, sui lati opposti di nord e di sud.

Lo spazio interno era suddiviso da cinque archi ogivali disposti trasversalmente; nella parete meridionale si trovava un grande camino, ornato da stipiti scolpiti e sormontati da un arco a tutto sesto.

 

Oggi è possibile visitare il Castelluccio soltanto se preventivamente autorizzati, e sono concesse peraltro soltanto visite in gruppo. Grazie ad una scala e ad una passerella prefabbricata in metallo, ci si può affacciare e godere del panorama mozzafiato, in virtù della posizione strategica in cui è collocato.

Il diminutivo “Castelluccio”, usato per descrivere questa struttura, si conserva fino ai giorni nostri, ma non restituisce l’immagine reale, di grande bellezza e magnificenza, di un edificio che è invece oggetto del sentito e profondo apprezzamento da parte di di tutti coloro che hanno, e hanno avuto, l’occasione di ammirarlo (Fig.3).

 

 

 

Le immagini sono scattate da chi scrive.

 

 

Bibliografia

Scuto, S. Fiorilla, Gela, il Castelluccio. Un nuovo documento dell’architettura sveva in Sicilia, Messina, 2001.

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