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A cura di Silvia Faranna

La pittura murale di Botticelli alle Gallerie degli Uffizi

‹‹Ne’ medesimi tempi del Magnifico Lorenzo Vecchio de’ Medici, che fu veramente per le persone d’ingegno un secol d’oro, fiorì ancora Alessandro, chiamato a l’uso nostro Sandro e detto di Botticello››[1]: Sandro Botticelli fu uno dei massimi rappresentanti della cultura figurativa laurenziana a Firenze, dove si formò per poi diventare un artista indipendente dal 1470, quando fondò una propria bottega artistica.

Nel corso della sua vita Botticelli lavorò prevalentemente a Firenze, al servizio della famiglia Medici e di altre nobili famiglie fiorentine, nonché per un committente molto prestigioso, il papa Sisto IV, per il quale si recò a Roma dal 1481 al 1482 al fine di dipingere la cappella Sistina insieme ad altri eminenti artisti dell’epoca.

Fra l’aprile e il maggio del 1481, poco prima della sua partenza per Roma, Botticelli fu impegnato nella realizzazione di un affresco presso lo Spedale di San Martino alla Scala di Firenze, posto tra via della Scala e via degli Orti Orticellari (fig. 1). Lo Spedale, che sorse nel 1313 in dipendenza dall’omonimo e più noto Ospedale di Siena, era predisposto prevalentemente all’accoglienza e curatela degli infermi e dei bambini orfani. Nel corso degli anni, lo Spedale fu oggetto di ristrutturazioni architettoniche e progetti: in seguito alla distruzione del convento delle suore di San Bartolomeo e San Martino, per via dell’assedio di Carlo V del 1529, nel 1532 l’Ospedale fu donato parzialmente a queste ultime che ne mutarono anche l’intitolazione. Nel 1536 fu soppresso e agglomerato a quello degli Innocenti, ospedale dall’architettura brunelleschiana, fondato con l’intento di accogliere gli infanti abbandonati.

 

Grazie ai documenti pubblicati da Giovanni Poggi nel 1915-1916, è possibile sapere che Botticelli realizzò ‹‹una dipintura d’una Nunziata la chuale è nella logg(i)a inanzi della nostra porta della chiesa e de la porta di chasa.››[2] e il cui compenso fu consegnato a un collaboratore dell’artista, un certo Lodovico. Probabilmente le monache dello Spedale scelsero di commissionare la pittura murale al Botticelli anche in relazione alla sua vicinanza: lo Spedale si trovava in prossimità di Borgo Ognissanti, dove Botticelli visse sin dall’infanzia e dove in seguito aprì la sua bottega (non per caso il pittore è sepolto proprio nella chiesa di San Salvatore in Ognissanti). L’affresco del Botticelli può essere interpretato come un dono di ringraziamento alla Vergine Annunciata, patrona dello Spedale, richiesto in seguito alla pestilenza che colpì Firenze nel 1478-1479, quando l’orfanotrofio di Santa Maria della Scala fu utilizzato come luogo di sepoltura (fig. 2).

 

In origine l’affresco fu realizzato dall’artista sotto una loggia antistante la chiesa di San Martino, proprio ‹‹al di sopra del secondo portale››, ma in seguito alla creazione di un coro per le suore nel 1623, l’affresco venne parzialmente coperto e ristretto in due lunette. Data la condizione a rischio della pittura, venne staccato dal supporto nel 1920 e restaurato nella sua forma completa, recuperando anche la porzione superiore.

L’identificazione dell’esatta posizione originaria dell’affresco contribuisce a una lettura più chiara della costruzione prospettica adottata dal Botticelli. Infatti, il punto di fuga della scena è posto in corrispondenza della testa dell’angelo, di conseguenza decentrato verso sinistra (fig. 3); essendo l’affresco posizionato sopra la porta, la visione dell’angelo ‹‹è centrale per chi entri nella porta e questo è il punto di vista dell’intera opera››[3].

 

La scena dell’Annunciazione è distribuita in diversi ambienti: dall’atrio in cui si libra l’angelo Gabriele, si prosegue con l’anticamera di Maria, che lascia intravedere la camera da letto, e si conclude con un giardino recintato (un hortus conclusus, simbolo della verginità di Maria) che appare alle spalle dell’angelo attraverso una sorta di “cannocchiale prospettico”, dal quale si intravedono i cipressi e un passaggio d’acqua in lontananza. La sapiente spartizione dello spazio, che anticipa i prossimi affreschi nella cappella Sistina, è arricchita da minuziosi particolari decorativi che rendono l’affresco una preziosa testimonianza degli interni delle abitazioni quattrocentesche: i pilastri sono ricoperti da girali e i capitelli decorati con motivi floreali, mentre le pavimentazioni prospettiche sono composte da intarsi di marmi bianchi e rossi da una parte e di cotto dall’altra. Dominante è il colore bianco: sin dal tappeto orientale su cui si poggia la Vergine, fino alla coltre sotto cui si protegge Maria, ai tendaggi, alle federe e, infine, alla coperta trasparente che ricopre il letto (fig. 4).

 

Difatti, la presenza costante del bianco che illumina gli appartamenti dell’Annunciata potrebbe richiamare alla virtuosa purezza[4] di colei che, appena ricevuto l’annuncio dall’Angelo, messo del Signore, lo accetta con umiltà. La sensazione di movimento della scena è resa dall’arrivo dell’Angelo dalla porta: Gabriele è rappresentato in volo, quasi sul punto di toccare terra, mentre si avvicina alla Vergine incrociando le mani al petto e portando con sé il giglio, simbolo di purezza (fig. 5).

 

I suoi capelli morbidi e le vesti, che ne avvolgono il corpo leggero, si gonfiano e ondeggiano al passare della brezza; il dolce volto del messaggero divino è raffigurato nel mentre del suo annuncio: ‹‹Ave gratia plena, Dominus tecum››, accompagnato dai raggi di luce che attraversano lo spazio per raggiungere Maria (fig. 6).

 

Inginocchiata su un tappeto, raccolta nella sua intimità, Maria interrompe la lettura, china il volto aggraziato e porta le mani al petto: è coperta da un mantello celeste ed è avvolta da un copricapo diafano, colta nella sua umanità e profonda fede (fig. 7).

 

Sebbene l’affresco non possa essere ammirato nel suo luogo d’origine, grazie alle fonti e ai documenti è possibile ricostruirne il contesto originale, comprendendo le scelte dell’artista, il cui affresco ad oggi può essere osservato nella Galleria degli Uffizi in compagnia di altrettanti capolavori del maestro (fig. 8).

 

 

 

Note

[1] G. VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Firenze 1568, Grandi Tascabili Economici Newton7, collana “I mammut”, 47, Newton Compton Editori, 1997, p. 974.

[2] G. POGGI, “The Annunciation”of San Martino; by Botticelli, in “The Burlington Magazine for Connoisseurs”, vol. 28, 154, 1916, p. 130.

[3] GODOLI, PALLET, in Rinascimento, 2001, p. 69.

[4] Cfr. N. PONS, Sandro Botticelli. Pittore della Divina Commedia, catalogo della mostra a cura di G. Morello, A. M. Petrioli Tofani (Roma, Scuderie Papali al Quirinale, 20 settembre – 3 dicembre 2000), Roma Milano 2000, pp. 56-57.

 

 

 

Bibliografia

POGGI, “The Annunciation”of San Martino; by Botticelli, in “The Burlington Magazine for Connoisseurs”, vol. 28, 154, 1916, pp. 128-130, 132-133, 137.

VASARI, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Firenze 1568, Grandi Tascabili Economici Newton7, collana “I mammut”, 47, Newton Compton Editori, 1997.

Sandro Botticelli. Pittore della Divina Commedia, catalogo della mostra a cura di G. Morello, A. M. Petrioli Tofani (Roma, Scuderie Papali al Quirinale, 20 settembre – 3 dicembre 2000), Roma Milano 2000.

ARASSE et aliis, Botticelli e Filippino: l’inquietudine e la grazia nella pittura fiorentina del Quattrocento, catalogo della mostra (Parigi, 1° ottobre 2003-22 febbraio 2004, Firenze 11 marzo-11 luglio 2004), Milano 2004.

DEBENETTI, Botticelli artist and designer, Bruxelles 2021.

 

Sitografia

https://www.uffizi.it/video/le-annunciazioni-di-botticelli-9c369805-0183-4625-a5b8-874361c1787f

http://www.affreschistaccati.beniculturali.it/index.php?it/152/ricerca-affreschi/affreschi_551d14ea197f4/143

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