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Il territorio di Palaia, immerso tra i verdeggianti colli pisani, si caratterizza per essere popolato da piccole frazioni originariamente nate come borghi-fattorie, proprietà di ricchi feudatari: fra questi nuclei agricoli si trova anche Villa Saletta, località di probabile fondazione longobarda, appartenuta ai territori della certosa di Calci fino al 1461 ed in seguito passata ai Riccardi, nobile famiglia fiorentina detentrice di diversi territori nel contado (fig.1).

 

Fin dal loro insediamento a Villa Saletta i Riccardi si occuparono a più riprese dell’asseto architettonico e organizzativo del villaggio, sviluppatosi lungo una direttrice principale aperta su un ampio piazzale i cui lati sono ancora oggi circoscritti da quattro edifici principali: la villa padronale, le due chiese e la torre dell’orologio. Questa ben studiata conformazione dello spazio venne commissionata dal Suddecano Gabriello Riccardi (1705-1798), senz’altro il componente della famiglia più legato a Villa Saletta, a cui si devono gli importanti interventi di ammodernamento della fattoria oltre che una gestione sapiente e rispettosa del contado. Gabriello era il terzogenito del marchese Cosimo Riccardi, erede della casata fiorentina che risiedeva nell’imponente palazzo di Via Larga, un tempo appartenne a Cosimo il Vecchio de’Medici, oggi denominato appunto Palazzo Medici-Riccardi. A Villa Saletta la presenza dei Riccardi è ancora oggi impressa negli stemmi gentilizi ritraenti la chiave, simbolo della famiglia, disseminati nel borgo in diverse forme, come nei blasoni lapidei sopra i portoni, oppure impressi ad affresco sulle mura degli edifici (fig.2-3-4).

 

Gli interessi personali del Suddecano, appassionato studioso e uomo di fede, ben si combinavano con la tranquilla campagna di Villa Saletta, la sua residenza prediletta congeniale ai suoi interessi, dove amava trascorrervi molto del suo tempo e conservare qui anche una piccola raccolta di libri. A livello sociale l’interesse di Gabriello verso le famiglie contadine che abitavano il borgo fu finalizzato a un miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita, un impegno che volle garantire anche dopo la sua morte come riportato puntualmente nei suoi atti testamentari. È negli anni ‘70 del Settecento che Gabriello teorizzò un moderno piano urbanistico, volto a rinnovare la facies della piazzetta antistante la dimora patronale, attraverso una trasposizione in scala minore delle grandiose forme architettoniche in voga nei centri cittadini toscani. La commissione di tale progetto fu caldeggiata dallo stesso in una lettera indirizzata al Vescovo di San Miniato nel 1774, chiedendo l’autorizzazione a smantellare l’oratorio di proprietà della Compagnia della Natività di Maria SS. e del Divino Sacramento, per potervi erigere a sue spese una nuova chiesa “più grande e artistica” (fig.5); il Suddecano con il consenso dei confratelli, s’impegnava inoltre a garantire la ricostruzione con il materiale della demolizione e chiedeva, ad opera compiuta, di potervi trasferire l’icona della Vergine della Rocca, l’immagine sacra di ignota provenienza adorata dalla popolazione locale, che si trovava in valle ai piedi di un grande masso pericolante.

 

Con l’approvazione della curia l’oratorio venne consacrato il 28 ottobre 1775 e la sera stessa venne salutata in una solenne processione la transizione dell’immagine sacra in una grande edicola posta dietro l’altare maggiore, da cui purtroppo venne trafugata negli anni ‘90 del secolo passato. All’interno l’oratorio (attualmente non accessibile) si presenta ad aula unica con volta a botte, riccamente decorato con stucchi e quadrature prospettiche nella zona presbiteriale, mentre le pareti laterali tinteggiate del tipico verde lorenese sono scandite da cornici e motivi a candelabre. Per legare indissolubilmente il nome di Gabriello a questo territorio, il Suddecano nel 1798 desiderò avere sepoltura proprio in questo oratorio, come indica ancora oggi dalla lapide dedicatoria in sua memoria. Esternamente l’oratorio si può ancora ammirare nelle forme del tardo barocco pisano, avvicinabile alle architetture dei progettisti Ignazio Pellegrini (1715-1790) e dell’ancora poco conosciuto Nicolaio o Nicola Stassi (?-1794), molto attivo nel territorio.

La facciata, in linea con gli edifici religiosi di quest’area, presenta un profilo estremamente semplice chiuso ai lati da alte lesene e raccordato nelle due ali laterali leggermente sporgenti da piccole volute: la finestra “a campana” tamponata costituisce l’unico elemento esornativo evidente che con le sue linee sinuose ne movimenta il prospetto. Alla fase dei lavori per la costruzione dell’Oratorio della Vergine della Roccia si deve anche il restauro settecentesco della chiesa priorale dei Santi Pietro e San Michele (fig.6).

 

Probabilmente riedificata nel 1594 dagli stessi Riccardi su una preesistenza ancor più antica, il Suddecano Gabriello provvide a uniformare stilisticamente i due edifici sacri della piazza apportando delle modifiche anche alla più antica chiesa; sul fronte vennero infatti aggiunti il portale con timpano spezzato, la finestra a campana e lo stemma della casata. Alcune foto d’epoca testimoniano come fino al secolo passato la facciata fosse movimentata da un elegante bozzato pitturato, in seguito perduto. L’interno si presenta a navata unica con un grande arco che immette nella zona presbiteriale (fig.7): dietro l’altare maggiore si conserva una tela raffigurante La Madonna del rosario e Santi di epoca seicentesca, mentre sulle pareti laterali trovano posto un Santo agostiniano (probabilmente San Nicola da Tolentino) che salva le anime dall’inferno (XVIII secolo?) e una Madonna fra Santi (fig.8), l’opera qualitativamente più interessante, che tradisce suggestioni coloristiche venete, forse da attribuire all’entourage del pittore Francesco Conti (1681-1760), attivissimo per i Riccardi e da loro protetto per tutta la vita.

 

Alla sinistra del portale d’ingresso la nicchia che contiene la fonte battesimale è decorata ad affresco con l’episodio del Battesimo di Gesù, eseguito da un ignoto pittore settecentesco (fig.9-10-11). La tecnica veloce e compendiaria, unita all’ottimo risultato finale e alla qualità dei colori ancora ben conservati, farebbe pensare ad una mano esperta, abituata a dipingere in modo professionale e rapido.

Attualmente proprietà di privati che permettono il mantenimento del borgo fantasma e dell’intera tenuta, Villa Saletta, proprio per il suo fascino antico, nel corso degli ultimi tempi è stata locations cinematografica di diversi film.

 

 

 

Bibliografia

G. Bartoletti, La libreria privata del marchese suddecano Gabriello Riccardi: il fondo manoscritti, Firenze 2017.

A.Alberti, Villa Saletta in Valdera: da villaggio medievale a fattoria modello di età moderna. Pisa 2007.

 

Sitografia

Sulla famiglia Riccardi: https://www.treccani.it/enciclopedia/riccardi

Su Francesco Conti: https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-conti_%28Dizionario-Biografico%29/

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