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A cura di Alessandra Apicella

 

Simbolo per eccellenza dell’Isola di Ischia, il Castello Aragonese, con la sua immagine di isola nell’isola, racchiude tra le sue mura e le sue pietre secoli di storia, di cui è ancora possibile osservare le bellezze.

Situato sul versante orientale dell’isola e collegato a quest’ultima attraverso un ponte, che unisce l’isolotto al Borgo di Celsa, più generalmente conosciuto con il nome di Ischia Ponte, il Castello Aragonese deve il suo nome alla dinastia degli Aragonesi, ed in particolare ad Alfonso V d’Aragona, che, nel 1441, introdusse importanti modifiche architettoniche militari sulla pianta del castello precedente, così come fece anche con il Maschio Angioino nella città di Napoli. 

La fondazione del castello è legata alla figura del tiranno Gerone di Siracusa, che, prestato aiuto ai Cumani nella battaglia navale contro i Tirreni nel 474 a.C., e vintala, ricevette come dono di ringraziamento l’intera isola. Conquistata dai Romani nel 315 a.C., questi vi fondarono la colonia di Aenaria e utilizzarono il castello come fortino contro le incursioni nemiche, aggiungendovi, dal punto di vista architettonico, abitazioni e torri. In seguito all’eruzione del Montagnone nel 150 d.C. e al conseguente abbassamento del suolo, il castello si ritrovò isolato e, per distinguerlo dal resto dell’isola di Ischia, denominata “insula maior”, se ne faceva menzione chiamandolo “insula minor”.

La posizione isolata e la struttura ripida dell’isolotto lo portarono a divenire un ottimo rifugio durante le scorrerie e le invasioni barbariche che interessarono l’isola tra il IV ed il V secolo d.C. Impossibile da espugnare, la popolazione ischitana si rifugiò all’interno del castello, sfruttandone le peculiarità e strutture militari, che vennero meno soltanto quando l’intera isola, ed anche il Castello, subirono la conquista da parte della dinastia Sveva, con Enrico VI di Svevia, nel 1194, che lo trasformò in sede delle istituzioni e come residenza per le famiglie nobili. Alla dinastia degli Angioini, invece, si deve la base fondativa del Maschio, che fu poi modificata, nella disposizione attuale – solido di forma quadrangolare con torri – in seguito alla conquista aragonese, a cui si deve anche la costruzione del primo ponte di collegamento con l’insula maior. Infatti, fino a questo momento l’unico modo per raggiungere il castello era attraverso una scala esterna, di cui è ancora visibile qualche traccia dal mare. Il Castello, sotto Alfonso V d’Aragona, acquisì la duplice funzione di roccaforte militare in tempo di guerra e residenza reale nei tempi di quiete.

 

Il susseguirsi di tempi e dinastie comportò la costruzione progressiva di luoghi di interesse sull’isolotto, da palazzi signorili a edifici di culto, come nel caso della Cattedrale dell’Assunta, edificata come ex-voto dalla popolazione, in seguito alla distruzione di quella situata nell’isola maggiore, a causa dell’eruzione vulcanica del 1301.

Con lo stabilizzarsi delle condizioni politiche, nel corso del Seicento, la popolazione iniziò progressivamente ad abbandonare il Castello, in quanto, se da una parte perfettamente adeguato alla difesa militare, si mostrò inadeguato a soddisfare le necessità quotidiane della popolazione, che si spostò nella parte restante dell’isola, popolandola e attuando attività di agricoltura e pesca.

Da carcere politico a residenza per reduci, con l’arrivo di Garibaldi a Napoli, la conquista dell’isola e la proclamazione del Regno d’Italia, il castello entrò a far parte del patrimonio del Demanio dello stato e ne venne affidata la manutenzione all’Orfanotrofio militare di Napoli. Acquistato dall’avvocato Nicola Ernesto Mattera, tra il 1912 ed il 1913, la proprietà del castello passò poi nelle mani dei figli, che, attraverso varie importanti operazioni di restauro, condotte con perizia e sensibilità, e volte a mantenere le tracce visibili della storia, riuscirono a riportare la costruzione al suo antico splendore, fino a renderla visitabile al pubblico, alla fine degli anni Novanta del Novecento.

 

La superficie dell’isolotto è caratterizzata da ruderi, vigneti, ulivi, molte terrazze panoramiche, loggette e viali e sentieri percorribili come mezzo di raccordo tra i vari edifici che risaltano in questo luogo che coniuga storia e natura.

 

La Chiesa dell’Immacolata ed il Convento delle clarisse

Voluta all’inizio del Settecento dalla madre badessa Lanfreschi, del convento attiguo, la chiesa non fu mai completata a causa dell’eccessivo onere economico. Caratterizzata da una pianta a croce greca con l’aggiunta di un presbiterio e di un pronao, le pareti, così come la facciata esterna, sono semplicemente intonacate, al contrario della zona interna, riccamente decorata con stucchi barocchi, cornici e paraste e che si conclude in alto con una cupola poggiante su un tamburo circolare forato da otto finestroni. Dal 1980 viene principalmente utilizzata come sede per esposizioni di arte contemporanea di artisti del calibro di Picasso, de Chirico e Burri.

Il convento attiguo, di costruzione cinquecentesca, ospitava le monache dell’ordine delle Clarisse, provenienti da ricche famiglie nobili. Il cimitero delle monache, posto sotto la chiesa, è costituito da vari ambienti coperti da basse volte a botte, che accolgono alcune strutture in muratura dove venivano adagiati i corpi privi di vita, lasciati in decomposizione, in modo tale da affermare l’inutilità del corpo fisico in quanto solo contenitore dello spirito. Privo di finestre, l’unico raccordo con l’esterno è dato da alcuni cunicoli di forma quadrangolare, detti “venarole”.

 

Chiesa di San Pietro a Pantaniello

La Chiesa fu costruita intorno al Cinquecento probabilmente dall’architetto Jacopo Barozzi da Vignola. Attualmente si presenta spoglia, con semplici cornici e modanature in pietra, senza la possibilità di cogliere quella che doveva essere la decorazione originaria. La pianta è esagonale ed è coronata da una cupola ribassata; particolare è la presenza di ampie finestre ad arco, forse in corrispondenza di quelle che avrebbero dovuto essere delle cappelle radiali che non ci sono pervenute.

 

Carcere borbonico

Costruito per volere di Ferdinando I di Borbone nel 1723, ospitò insieme ai criminali, illustri intellettuali risorgimentali. Più volte chiuso e riaperto, mantenne la sua struttura severa data dalle mura massicce, i piccoli spioncini e le porte robuste.

 

Cattedrale dell’Assunta e cripta

Costruita dopo l’eruzione del 1301, fu realizzata al di sopra di una preesistente cappella, che fu tramutata in cripta. Costituita da una pianta a tre navate, le cui due laterali sono in parte coperte da volte a crociera, la chiesa non presenta la copertura della navata centrale, dell’abside ed è mutila di facciata, a causa dei bombardamenti subiti. Originariamente di stile romanico, fu poi ritoccata durante il Seicento, di cui restano visibili alcuni dettagli decorativi barocchi nell’abside dell’altare maggiore e nelle parti coperte delle navate laterali. Annessi alla cattedrale vi sono quattro cappelle, una sacrestia, un campanile e la già citata cripta. Quest’ultima fu costruita tra l’XI ed il XII secolo e presenta un ambiente centrale, diviso in due campate coperte da volte a crociera, circondato da alcune cappelle perimetrali voltate a botte, le cui decorazioni alludono alle famiglie nobili che vi sono sepolte dentro. Recentemente è stata scoperta un’altra cappella, a sinistra dell’entrata, rimasta a lungo murata e probabilmente usata come zona di sepoltura in tempo di pestilenza.

Attualmente la chiesa è utilizzata come sede per concerti di musica classica e contemporanea, rappresentazioni teatrali e letture di poesie.

 

Ad oggi, il Castello è anche l’ambientazione prediletta per fantasiosi giochi scenografici di luce durante la festa di Sant’Anna, il 26 luglio. Per tradizione la festa è caratterizzata dalla sfilata di barche, giochi pirotecnici e l’incendio del Castello, realizzato attraverso rifrazioni di luce e volto a ricordare il cannoneggiamento fatto contro l’isola dai soldati inglesi nel 1809. Questo scrigno di storia, architettura e natura, di cui se ne possono cogliere le bellezze 365 giorni all’anno, grazie alla cura e all’attenzione della famiglia Mattera, rappresenta l’incontro tra il passato ed il presente, in continuo dialogo tra loro, grazie alle continue iniziative ed esposizioni attuate nelle sale più antiche di questo agglomerato architettonico. 

 

Bibliografia

Stanislao Erasmo Mariotti, Il Castello d’Ischia, Imagaenaria, Napoli, maggio 2015

Nuova guida completa. Ischia, Valentino Editore, 2013

 

Sitografia

https://castelloaragoneseischia.com/it/homepage 

https://laprimapietra.altervista.org/incendio-del-castello-aragonese-di-ischia/ 

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