A cura di Ornella Amato
Il “Sipario” sul Palcoscenico di piazza del Plebiscito
Introduzione
Chiunque abbia visitato almeno una volta la città di Napoli, sa bene che il cuore pulsante della città stessa è piazza del Plebiscito che rappresenta la piazza della rinascita della Napoli che trionfa, che vive, che si mostra all’Italia, all’Europa e al mondo intero. Per accedervi bisogna passare per una vera e propria “porta di accesso”: piazza Trieste e Trento.
Piazza Trieste e Trento: le origini
Piazza Trieste e Trento è una delle piazze più note della città non tanto per la sua storia quanto per il punto in cui si trova: in principio era un semplice slargo adiacente il palazzo del viceré, oggi è il luogo in cui s’incrociano le vie dello shopping e dei palazzi nobiliari della città: via Roma, via Chiaia e via San Carlo.
Per la sua collocazione, la piazza è considerata una sorta di “salotto all’aperto e di accesso al Plebiscito”, nel quale è piacevole prendere un caffè presso lo storico Gran Caffè Gambrinus che, soprattutto tra ‘800 e ‘900, nelle sue sale in stile Liberty, coi suoi stucchi tutt’oggi esistenti, ha visto accomodarsi ai suoi tavolini personaggi di caratura internazionale come Oscar Wilde e l’imperatrice d’Austria Elisabetta di Baviera, ma anche grandi nomi napoletani come Matilde Serao, Totò, i De Filippo.
Grazie alla sua struttura circolare, ma estremamente irregolare e che si apre a ridosso delle tre vie più note della città, consente uno sguardo a tutto tondo dell’area limitrofe: dalle facciate del palazzo della Prefettura a quelle della chiesa di San Francesco di Paola e di palazzo Salerno (distaccamento del Ministero della Difesa) e l’imponente facciata di palazzo Reale, strutture che delimitano l’area di piazza del plebiscito, la cui panoramica, da piazza Trieste e Trento, è pressoché completa.
Nel momento in cui lo sguardo coglie il limite esterno di piazza del Plebiscito attraverso l’ultimo angolo visibile della facciata del palazzo reale, l’occhio si concentra sulla fontana detta “del carciofo” o, come in maniera dispregiativa la chiamano i napoletani “il carciofo di Achille Lauro”, fontana che l’ex sindaco della città volle donare ai suoi concittadini.
Sono presenti, in senso antiorario: una parte dei giardini di palazzo reale con l’accesso alla biblioteca nazionale ad esso adiacente, l’ accesso laterale al Real Teatro di San Carlo, via San Carlo che separa il teatro dalla “dirimpettaia” Galleria Umberto, la chiesa di San Ferdinando, nota come la “Chiesa degli Artisti”, che tutt’oggi accoglie esponenti dell’antica nobiltà partenopea, ed infine via Roma, meglio nota come via Toledo, dal nome della cittadina spagnola poiché da essa si raggiungono i quartieri spagnoli, che erano i vicoli abitati da esponenti delle milizie spagnole di stanza a Napoli al servizio del viceré.
In quel periodo la piazza, denominato largo Santo Spirito, divenne luogo di stazionamento per le carrozze. La sua capienza era sufficiente da tenere diverse carrozze contemporaneamente e, sebbene oggi si presenti in maniera completamente diversa da come in principio doveva essere, non è difficile immaginare folle di cocchieri attendere che i nobili presso i quali sono a servizio escano dal palazzo reale.
Da piazza San Ferdinando a piazza Trieste e Trento: il perché del nuovo nome
Successivamente la piazza ottenne il nome di piazza San Ferdinando, volendo omaggiare la chiesa barocca dedicata a San Ferdinando che si affaccia su di essa; ancora oggi sono moltissimi i napoletani che continuano a chiamarla così, quasi “rifiutando d’istinto” la denominazione di piazza Trieste e Trento.
La nuova denominazione risale al 1919 e fu voluta dai Savoia e attuata a mezzo Regio Decreto, a celebrazione dell’annessione delle due città all’Italia dopo la Prima guerra mondiale. E’ considerata anche “la piazza dei palazzi del potere” poiché su di essa si affaccia, al civico 48, palazzo Zapata, che ospitò il cardinale spagnolo Zapata, che nel 1620 era stato viceré della città, nonché alto esponente del Tribunale dell’Inquisizione, ma ben presto fu rimosso dal suo incarico direttamente dai sovrani di Spagna, che temevano una rivolta popolare per il pessimo rapporto che instaurò con la città.
Oggi il palazzo ospita la Fondazione Circolo Artistico e Politecnico ed il Museo “Giuseppe Caravita, Principe di Sirignano”, con in mostra le opere di artisti napoletani dei secoli XIX e XX. Al civico 14, invece, così come ricorda anche una lapide, vi abitò Gaetano Donizetti e qui ebbe sede la redazione de Il giornale, periodico a cui collaborò anche Benedetto Croce.
La fama della piazza, sebbene possa sembrare il contrario, in realtà non è stata messa in ombra dall’adiacente e più nota piazza del Plebiscito, piuttosto “Trieste e Trento”, come la chiamano i napoletani, è riuscita ad accentrare in sé non solo la multietnicità culturale partenopea, ma grazie alla “posizione strategica” nella quale si trova è divenuta crocevia e luogo di incontro della Napoli dello shopping, della cultura, dell’architettura storico – artistica e della storia della città.
Non c’è e non ci può essere confronto con piazza del Plebiscito che – complici anche le maggiori dimensioni – è divenuta palcoscenico di un vero e proprio teatro all’aperto, un palco su cui sono saliti – e di certo continueranno a salire – grandi nomi. Ma per salire su questo palco, o anche più semplicemente per attraversare la piazza simbolo di Napoli, l’urbanistica ha voluto che si passasse attraverso “Trieste e Trento” che, come un ricco sipario, si apre e lascia accedere su di essa.
Piazza Trieste e Trento è una di quelle piazze della città dalla quale passano tutti: il napoletano ed il turista, lo storico e lo studente, il giovane per lo shopping all’ultima moda, l’anziano che per abitudine si reca al Gran Caffè Gambrinus e legge il quotidiano accomodato ai tavolini mentre sorseggia un buon caffè e, ogni tanto, alza lo sguardo e si lascia rapire da tutto quanto di incommensurabile è intorno a lui e intorno alla piazza.
Sitografia
grancaffegambrinus.com
cosedinapoli.it
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