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A cura di Silvia Faranna

 

Un percorso tra storia sacra e storia fiorentina. Le Storie di San Giovanni Battista

Parete destra: le storie di San Giovanni Battista 

Le storie della parete destra nella Cappella Tornabuoni sono dedicate a ripercorrere gli eventi salienti della vita di San Giovanni Battista, un santo particolarmente importante per la città di Firenze, in quanto ne era (ed è) il santo patrono, nonché il santo con cui condivideva il nome Giovanni Tornabuoni, il committente degli affreschi. La prima scena che apre il racconto della vita di San Giovanni Battista rappresenta L’annuncio a Zaccaria della nascita di Giovanni Battista, secondo il Vangelo di Luca (fig. 1). 

 

Al centro dell’affresco si trovano l’angelo, vestito in giallo, e Zaccaria, l’anziano padre del Battista, innalzati su uno spazio sacro che li divide dalla gradinata inferiore. Zaccaria era giunto a Gerusalemme per svolgere la solenne cerimonia dell’offerta dell’incenso, ma mentre si trovava all’altare, venne raggiunto dal lieto angelo, che gli annunciò la nascita del futuro figlio. Il felice annuncio è nella scena interpretato in una dimensione totalmente fiorentina: ad assistere si trovano, a sinistra e a destra, i componenti maschili della famiglia Tornabuoni (fig. 2), ma non solo; il committente volle far raffigurare i membri dell’Accademia neoplatonica: Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Angelo Poliziano e Gentile de’ Becchi (fig. 3).

 

A seguire si trova La visitazione di Maria alla cugina Elisabetta. Secondo il Vangelo di Luca, la Vergine Maria volle intraprendere un lungo viaggio pur di andare a fare visita alla cugina, che ormai da sei mesi, nonostante l’età avanzata, portava in grembo la sua creatura, il San Giovanni (fig. 4). 

 

L’affettuoso incontro tra le due donne avviene al centro della scena, ma non all’interno di un’abitazione, quanto in un’ambientazione esterna, che ricorda la città di Firenze. In fondo a sinistra, dalla porta della città salgono le scale due personaggi: una donna che porta sul capo una cesta e un uomo vestito di rosso, che alcuni identificano col pittore stesso (fig. 5).

 

Il paesaggio possiede delle analogie con l’altura di San Miniato al Monte; si riconosce la torre di Arnolfo di Palazzo Vecchio, il campanile di Santa Maria Novella, e anche il Mar Tirreno. La scena è vivamente partecipata: al centro le due cugine sono colte nell’attimo prima di un abbraccio, ma ai lati sono presenti cinque donne, delle quali le tre a sinistra, dal punto di vista iconologico, sono riconosciute come le tre Marie (Maria Maddalena, Maria Cleofe, Maria Salomè). A destra, invece, giunge una bella donna dai capelli raccolti, vestito broccato, portamento regale, in avanzato stadio di gravidanza: si tratta di Giovanna degli Albizi, la giovane sposa di Lorenzo Tornabuoni, figlio di Giovanni, e colei che pose fine alla rivalità tra le due famiglie fiorentine (fig. 6).

 

Alle sue spalle, la donna che indossa il manto nero è Dianora, la sorella di Giovanni Tornabuoni, moglie di Pier Soderini; accanto a Dianora, non può passare inosservata la giovane donna riccamente abbigliata, la cui identità però è sconosciuta. 

La scena successiva, se letta da destra verso sinistra, sembra avere una guida: si tratta, secondo la descrizione del Vasari, di ‹‹una femmina che porta a l’usanza fiorentina frutte e fiaschi da la villa, la quale è molto bella››[1] (fig. 7). 

 

L’ancella dalla celeste veste, svolazzante, eterea, porta sul capo un cesto colmo di frutta e accompagna lo sguardo del visitatore al centro della scena, ma differentemente da quanto si possa aspettare, nonostante sia stata rappresentata La nascita di Giovanni Battista, l’attenzione viene tutta rivolta alla donna al centro (fig. 8). 

 

Si tratta di Lucrezia Tornabuoni, la sorella di Giovanni, già ricordata come la madre del Magnifico, che indossa un abito rosaceo, decorato con motivi floreali e tiene in mano un fazzoletto; il suo sguardo vivido e sicuro è diretto verso lo spettatore, ma attrae verso di sé quello di tutte le altre donne che la circondano: della stessa Elisabetta, ancora a letto dopo il parto, delle dame di compagnia e persino delle balie (fig. 9).

 

L’imposizione del nome del Battista è la scena seguente, differente dalle tre precedenti per l’essenzialità della narrazione; non compaiono né particolari elementi paesaggistici, né ritratti fiorentini, ma solo una chiara e incisiva descrizione degli eventi secondo le parole del Vangelo (fig. 10).

 

Zaccaria, alla notizia della gravidanza della moglie, ormai avanzata negli anni, e del nome “Giovanni” imposto al figlio per volere del Signore, manifestò una reazione di incredulità verso l’angelo, che di conseguenza lo punì privandolo della parola fino alla nascita del figlio. Data la premessa, si comprende meglio la scena, che vede protagonista Zaccaria, al centro del quadro e affiancato dalla moglie e dal neonato, che comunica, mettendolo per iscritto sulla tavoletta, il nome del bambino. Spicca poi il rosso del manto di Zaccaria, che in questo momento, dopo l’imposizione del nome, riprende la parola.  

Proseguendo nelle scene della storia del Battista, nella Predicazione del Battista il santo è ben riconoscibile nei suoi tipici attributi: la veste di pelli, la cintura in cuoio e la croce. Il santo è raffigurato al centro della scena, in un luogo roccioso tipicamente ricordato, secondo i testi sacri, come il deserto, circondato da molti uditori. In alto, sulla destra, anche lui riconoscibile dalle vesti rosse e blu, si trova Cristo, il Messia, colui che viene “anticipato” da Giovanni (fig. 11). 

 

Gesù e Giovanni compaiono nuovamente insieme nella penultima scena del ciclo, il Battesimo di Gesù al fiume Giordano (fig. 12).

 

Gesù si erge al centro della rappresentazione, con i piedi immersi nel fiume, con un corpo nudo ed elegante allo stesso tempo, coperto solo con un velo bianco; accanto a lui, Giovanni compie il gesto del battesimo con sicurezza, portandosi leggermente in avanti. La benedizione al battesimo è data dalla Trinità che è esaltata al di sopra con colori accesi, dove Dio Padre benedicente è affiancato da una sfilza di angeli. Intorno ci sono i fedeli, intenti a spogliarsi per ricevere anche loro il sacramento, ‹‹che aspettando d’essere battezzati, mostrano la fede e la voglia scolpita nel viso››[2] ricordano le fisionomie delle sculture antiche. Sin dal Trecento, in verità, le figure di persone nude o intente a spogliarsi erano già inserite nella scena del Battesimo, come si nota nel Battesimo di Cristo (1445 circa) di Piero della Francesca (1412 circa-1492), o similmente nella Cappella Brancacci (1425-1428 circa) del Masaccio (1401-1428). 

Infine, a completamento delle sette scene dedicate alla vita del Battista, Ghirlandaio ha rappresentato nella lunetta che giunge alla volta il Banchetto di Erode e la decapitazione del Battista (fig. 13). 

 

La vita di San Giovanni si concluse infatti tragicamente per decisione del re Erode, il quale, cedendo alle volontà della figlia di Erodiade, Salomè, le consegnò a testa del Battista in cambio della sua danza. Il Battista, l’ultimo profeta inviato da Dio a Israele, anticipa il sacrificio che compirà Cristo per l’umanità. Ghirlandaio con le sue pennellate descrive passo per passo la vicenda di cui il santo fu protagonista. Pone la narrazione all’interno di una maestosa architettura a tre navate, coperta in parte da volte a botte cassettonate, che ricordano le stesse costruzioni architettoniche dei rilievi bronzei donatelliani per la Chiesa del Santo a Padova.

In primo piano, spicca Salomè, danzante, avvolta dalle crespe della veste che ne segue il ritmo della danza, e irriverente con la sua macabra richiesta, ovviamente esaudita (fig. 14). La testa del Battista, posta su un piatto d’argento, è presentata ad Erode, che seduto al centro della tavola, la guarda pietosamente.

 

 

Conclusione

Il Ghirlandaio, secondo Artur Rosenauer, fu il primo pittore ad aver perfezionato l’organizzazione del lavoro della bottega artistica ‹‹secondo un metodo che sarà proprio dei grandi decoratori murali dei secoli successivi››[3]. Fu proprio durante i cinque anni di decorazione della Cappella Maggiore che poté mettere in atto un metodo di lavoro disciplinato che, a partire dai disegni, andava a dirigere i lavori su tutte le pareti della cappella, riuscendo a mantenere, nonostante le mani differenti, uniformità e armonia delle forme e colori. Per portare a compimento la grande impresa, il pittore fece affidamento anche ai suoi collaboratori, le cui pennellate sono a volte distinguibili lungo lo strato pittorico (anche il giovane Michelangelo (1475-1564), allievo del Ghirlandaio, sembra aver partecipato al cantiere in Santa Maria Novella). Al Ghirlandaio si deve riconoscere la capacità di unire, attraverso una pittura ricca di dettagli e di lontano gusto fiammingo, il passato sacro e il presente fiorentino, evidenziando il nuovo rapporto tra artista-committente-opera d’arte in cui non bisognava più solo celebrare la sacralità delle storie bibliche, ma anche la ricchezza e la potenza di chi poteva permettersi di acquistare la cappella più grande della chiesa, decorarla secondo il proprio gusto, fino a sceglierne i colori e i dettagli più minuziosi.

Il Ghirlandaio seppe rispecchiare nella sua pittura, di grande raffinatezza ed eleganza, la volontà di un committente come Giovanni Tornabuoni, uno dei tanti fautori dell’età dell’oro medicea, di cui il pittore fu uno dei massimi interpreti e per questo lodato anche grazie alla sua Cappella che fu ‹‹tenuta cosa bellissima, garbata e vaga per la vivacità dei colori, per la pratica e la pulitezza del maneggiarli nel muro, e per il poco essere stati ritocchi a secco; oltre la invenzione e collocazione delle cose››[4].

 

 

 

Note

[1] G. VASARI, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, Firenze 1568, Grandi Tascabili Economici Newton7, collana “I mammut”, 47, Newton Compton Editori, 1997, p. 956. 

[2] Ivi, p. 957.

[3] C. DANTI, G. RUFFA, Note sugli affreschi di Domenico Ghirlandaio nella chiesa di Santa Maria Novella in Firenze, in “OPD restauro”, 2, 1990, p. 29. 

[4] G. VASARI, Le vite…cit., p.957-958. 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

C. DANTI, G. RUFFA, Note sugli affreschi di Domenico Ghirlandaio nella chiesa di Santa Maria Novella in Firenze, in “OPD restauro”, 2, 1990, pp. 29-28, 87-89. 

R. G. KECKS, Ghirlandaio: catalogo completo, Firenze 1995. 

Domenico Ghirlandaio (1449-1494), atti del convegno internazionale a cura di W. Prinz, M. Seidel, (Firenze, 16-18 ottobre 1994), Firenze 1996. 

G. VASARI, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, Firenze 1568, Grandi Tascabili Economici Newton7, collana “I mammut”, 47, Newton Compton Editori, 1997. 

A. SALUCCI, Il Ghirlandaio a Santa Maria Novella. La Cappella Tornabuoni: un percorso tra storia e teologia, Firenze 2012. 

C. C. BAMBACH, Michelangelo divine draftman & designer, catalogo della mostra (The Metropolitan Museum of Art, New York, 13 novembre 2017- 12 febbraio 2018), New Heaven London 2018. 

 

Sitografia

https://www.treccani.it/enciclopedia/ghirlandaio_%28Enciclopedia-Italiana%29/ 

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