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A cura di Denise Lilliu

La vita e gli esordi

Edina Altara, illustratrice, pittrice, ceramista e decoratrice, nacque nel Nord della Sardegna, precisamente a Sassari, nel 1898. Proveniente da una famiglia benestante, agiata, la sua condizione le diede la possibilità di poter lasciare l’Isola e trovare maggiori possibilità di sbocco nel mondo dell’arte e delle collaborazioni, tra cui quella, prestigiosa, con Gio Ponti. Edina Altara è da tutti ricordata per il suo fascino, tenacia, determinazione, i suoi mille talenti, e la sua modernità; una serie di caratteri, questa, a dir poco inconsueta per una donna nata in Sardegna e in quell’epoca. Basti ricordare che nella mentalità dell’epoca – i primi del ‘900 in Sardegna – raramente una donna aveva la possibilità di formarsi intellettualmente e in ambito lavorativo. Nella sua famiglia, lei fu la terza di quattro sorelle, e la prima di loro che decise di dedicarsi all’arte, mostrando grande interesse e una spiccata creatività fin da bambina; infatti, la sua carriera iniziò ben presto, quando da poco più che adolescente cominciò ad approcciarsi all’arte da autodidatta, mostrando fin da subito le sue grandi capacità, esordendo a soli diciassette anni. I suoi primi lavori, prodotti in giovane età e oggi perduti, erano per la maggior parte giochi assemblati e costruiti da lei stessa, tanto che la stessa Altara ricordò sempre di non aver mai comprato delle bambole, ma di essersele sempre costruita da sola. Alla Mostra Campionaria del giocattolo a Milano nel 1916, Edina si aggiudicò addirittura il secondo posto. Nel 1917, fu l’artista Giuseppe Biasi a introdurre la giovane Edina alla mostra della Società degli Amici dell’Arte di Torino, e fu proprio in questa occasione che il Re Vittorio Emanuele III acquistò un suo collage, Nella Terra degli Intrepidi Sardi o Jesus Salvadelu, del 1916. Sul collage, esposto al Quirinale, già all’epoca non erano mancati gli apprezzamenti, e neanche le critiche, da parte di famosi artisti e critici come per esempio Ugo Ojetti, Margherita Sarfatti e Luigi Bartolini. Sempre nel 1917, Edina partecipò alla Mostra sarda al Caffè Cova: anche in questo caso non potè fare a meno di essere notata da parte di alcuni critici, e Vittorio Pica gli dedicò addirittura un articolo sulla rivista “Emporium”. Nel 1918 si trasferì ufficialmente dalla Sardegna, spostandosi in Toscana, a Casale Monferrato (paese del suo futuro consorte) dove si formò e lavorò, collaborando con diverse riviste.

Il matrimonio

Nel 1922 Edina riuscì a scampare ad un matrimonio combinato con il marchese Carmelo Manca di Villahermosa Sanjust, sposandosi con Vittorio Accornero de Testa, conosciuto come Victor Max Ninon, anche lui illustratore, pittore, scenografo e scrittore ricordato per aver disegnato le fantasie per i foulard di Gucci, in particolare la fantasia “Flora” creato esclusivamente per Grace Kelly. Edina e Vittorio/Victor formavano una coppia molto affiatata, e la loro visibilità andò ad aumentare molto velocemente. I due infatti erano in grado di dare vita a opere molto originali e ricercate, creando soprattutto grafiche pubblicitarie e opere per l’infanzia. Edina aveva uno spiccato talento nel disegnare i personaggi, Vittorio, invece, si dedicava a agli ambienti. La loro prima illustrazione venne pubblicata addirittura sulla rivista “Lidel”. I due si sarebbero occupati anche di illustrare l’opuscolo e il menù per un grande transatlantico, prima di giungere, nel 1934 a causa di un’affinità sempre più compromessa, a una separazione amichevole.

Un nuovo capitolo

Subito dopo la separazione nel 1934, si aprì una nuova strada per Edina. Dopo essersi spostata a Milano, la Altara cominciò a dedicarsi alla moda, con un richiamo all’abbigliamento tipico sardo. Proprio a Milano aprì una sorta di atelier a casa sua, mettendo da una parte l’operato precedente e collaborando anche insieme alle due sorelle (Lavinia e Iride) che seguirono la sua stessa strada. Nonostante l’avvicinarsi della guerra, che penalizzò molto la gestione dell’atelier, la clientela rimase comunque numerosa. Anche per Edina, però, arrivò il momento della chiusura dell’atelier.

Dopo la parentesi nel suo atelier, si avvicinò anche alla ceramica – sempre con un occhio di attenzione alla tradizione dei ceramisti sardi, come per esempio Francesco Ciusa – disegnando dei bozzetti da riprodurre direttamente su stoviglie e mattonelle ma non allontanandosi mai troppo dalla moda: dal 1941 al 1943, infatti, Edina si occupò di disegnare i figurini per la rivista “Grazia”. È a partire dal 1942, però, che si aprì, per lei, una prospettiva ancor più prestigiosa, ovvero la collaborazione, che durò fino agli anni Sessanta, con il grande architetto e designer italiano Giovanni Ponti, meglio conosciuto come Gio Ponti. Edina esordì lavorando per la rivista “Bellezza”, diretta dallo stesso Ponti, ma fu dal 1946 che la collaborazione tra i due divenne più stretta. Per questa rivista Edina illustrava – nelle sue illustrazioni si notano sempre una certa eleganza e lo studio attento dei particolari – e scriveva, occupandosi, molte volte, anche di produrre i disegni da applicare sugli arredi e oggetti venduti da Ponti.

Grazie alla visibilità ricevuta dalla collaborazione con Gio Ponti, nel 1949 Edina ottenne l’incarico di disegnare e decorare gli interni e gli arredi per cinque transatlantici, tra cui anche l’Andrea Doria ormai inabissata. Nel 1951 si impegnò a collaborare per disegnare gli arredi di Casa Lucano – chiamata “Casa di fantasia” da Ponti – ovvero due comò e due porte illustrate con soggetti tratti dalla mitologia greca. Lo stesso Ponti, sulla rivista “Domus”, dedicò un articolo su questo progetto.

Tra gli anni Cinquanta e sessanta, Edina si avvicinò ancor di più all’arte, creando diversi collage, come il famoso S’Isposa collocato oggi al MAN di Nuoro. In questa opera si nota chiaramente un colore vivace e una stilizzazione che denuncia la sua appartenenza a una cultura secessionista. Nei suoi collages, ma anche nelle ceramiche, Edina Altara dà ampio spazio alle figure femminili, spesso donne rappresentate con indosso il costume tradizionale sardo. Negli anni Settanta, invece, Edina diede vita ai suoi ultimi lavori decorativi, oggi esposti nella sua casa museo e, dopo aver vissuto per anni a Milano, tornò finalmente in Sardegna, dove dopo aver assistito alla morte delle sue due sorelle, fu lei stessa a spirare, nel 1983, in seguito a una sua permanenza presso una casa di riposo a Lanusei, nella provincia di Nuoro.

Bibliografia

Giuliana Altea, I maestri dell’arte sarda, Edina Altara, Nuoro, Ilisso, 2005.

Sitografia

Edina Altara (absart.it) sito visitato il 29/05/2022.

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