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A cura di Ornella Amato e Camilla Giuliano

 

Introduzione

Breve storia del presepe da Betlemme a Napoli

L’origine storica del presepe va ricercata nei Vangeli di Matteo e Luca dove, in circa 180 versi, sono riportati l’arrivo di Maria e Giuseppe a Betlemme e la nascita del Cristo.

Nel 1223 San Francesco d’Assisi, a Greccio, decise di mettere in scena quanto scritto nel testo sacro, affinché tutti potessero conoscere il vero significato del Natale.

Dopo di lui furono molte le iniziative cristiane che diedero vita alla celebrazione dell’evento; dalle scene teatrali si passò alla rappresentazione con statuette prodotte artigianalmente. Il primo presepe della storia venne realizzato da Arnolfo di Cambio nel 1283 ed è oggi conservato nella basilica Santa Maria Maggiore a Roma.

 

Le origini dell’arte presepiale napoletana

Il presepe è stato ben presto apprezzato nelle corti napoletane dove, in particolare con l’arrivo dei Borboni nella seconda metà del XVIII sec., raggiunse un livello altissimo.

La storia racconta che il re Carlo di Borbone, insieme alla regina Maria Amalia e all’intera corte, era solito trascorrere parte delle giornate estive a preparare mattoncini, casette e abiti per i personaggi che avrebbero animato il presepe della Cappella del palazzo reale della capitale, prendendo spunto e idee da coloro che animavano quotidianamente i vicoli e le strade.

Nasceva così il presepe napoletano quale trasposizione plastica del centro della città, con personaggi popolari abbigliati seguendo i costumi del tempo, coi suoi colori, le sue botteghe, le grida delle madri che dai balconi chiamavano i figli che si attardavano a rincasare.

La Napoli del XVIII sec. diventava, così, una nuova Betlemme.

 

Questa nuova arte divenne un simbolo della napoletanità nel mondo tanto da essere celebrata tutt’oggi nei principali musei cittadini, come dimostrano i presepi presenti nella Cappella del Palazzo Reale nel cuore della città e alla Reggia di Caserta o anche il più famoso presepe Cuciniello all’interno del Museo Nazionale di San Martino.

 

Il 28 dicembre 1879, Michele Cuciniello, presentava al pubblico un presepe di sughero, stucco e cartapesta in cui si ricreava la città coi suoi borghi e le sue case, nel quale si muovevano personaggi del popolo napoletano che s’intrecciavano con i protagonisti della Natività.

 

Si può affermare con certezza che il diletto estivo dei Borbone ed il presepe Cuciniello rappresentino il punto di partenza dei maestri presepiali di San Gregorio Armeno[1] che hanno portato fuori dalla città un’opera artigianale tutta napoletana.

 

L’arte presepiale napoletana dei giorni nostri

I maestri presepiali di Via San Gregorio Armeno tutt’oggi mantengono viva la tradizione inaugurata dai Borbone e realizzano presepi in sughero, legno e cartapesta guardando come modello al presepe Cuciniello, abbigliando i pastori con costumi tipicamente settecenteschi, evitando di discostarsi dalla tradizione, sforzandosi di mantenerla viva.

 

Nella realizzazione del presepe, l’iconografia perseguita è sempre uguale: il centro della scena è quello della Natività, le cui statuine vengono inserite nella grotta secondo un criterio ben preciso: al centro è il Bambino alla cui sinistra è inginocchiata la Vergine, rappresentata secondo la tradizione mariana, con una tunica bianca e con indosso un manto azzurro il cui bordo è talvolta dorato; a destra, in piedi, c’è San Giuseppe con indosso una tunica ed un mantello, in genere  viola e marrone e che tiene nella mano destra una piccola lanterna, mentre, con la sinistra regge e si poggia ad un bastone.

 

Dietro la Sacra Famiglia, trovano posto il bue a destra e, a sinistra, l’asino, mentre schiere angeliche scendono sulla grotta.

Davanti o anche dentro la grotta, s’incontrano i primi due personaggi tipicamente campani: gli zampognari che, con zampogna e ciaramella, suonano la ninna nanna al Bambino Gesù.

 

Secondo una leggenda, gli zampognari suonerebbero Tu scendi dalle Stelle, canto natalizio composto da Sant’Alfonso Maria dei Liguori nel dicembre del 1754.

La tradizione vuole anche che la loro origine sia dell’area beneventana.

In Campania, gli zampognari sono considerati il vero simbolo del Natale umile e semplice, il suono della zampogna e della ciaramella si sente lungo le strade in due momenti ben precisi del mese di dicembre: nove giorni prima della Solennità dell’Immacolata Concezione, con la novena all’Immacolata, e nove giorni prima di Natale con la novena di Natale.

La loro iconografia è abbastanza semplice: oltre agli strumenti, sono sempre abbigliati con vesti che ricordano i pastori, presenti sulla scena generalmente nella parte alta, insieme al loro gregge, a ricordare l’Annuncio di Gloria dato proprio ad essi, dagli angeli.

Il centro abitato, con le sue case, le sue botteghe, i suoi abitanti, invece si sviluppa generalmente ai lati.

Le case rimarcano quelle del centro storico partenopeo e dei suoi vicoli: bucati stesi ai balconi di ferro, finestre con inferriate curve, gabbiette per gli uccellini esposte fuori ai piccoli balconi, personaggi della Napoli del ‘700 che si mostrano nel loro quotidiano, lungo le strade della città.

 

La parte di maggior interesse è di certo data dalle rappresentazioni dei mestieri: si tratta di botteghe e attività le cui mercanzie sono esposte all’esterno dei locali e che facilmente si ritrovavano non solo nel centro città, ma anche nei quartieri più popolari ai quali ci si ispirava.

Non manca mai il pescivendolo, sul cui banco non devono mancare le vasche coi capitoni e il baccalà, poiché sono parte integrante del cenone della tradizione napoletana, e il fruttivendolo con le sue primizie, che chiudono il cenone ed il pranzo di Natale, la tradizionale osteria, nella quale non è protagonista solo l’oste, ma in genere i suoi clienti che sono riuniti intorno al tavolo.

 

Tra le botteghe, un ruolo particolare è quello della pizzeria.

Quella della pizza è una tradizione antichissima, che trae origine dalla focaccia lievitata dell’epoca dei romani che a loro volta s’ispirarono, all’uso di acqua, farina e lievito di alcune popolazioni risalenti al 3000 a.C.

In realtà il termine pizza venne introdotto solo tra il 1500 e il 1600, quando veniva venduta per strada dai fornai su delle bancarelle. Inizialmente era una pietanza per il popolo povero, ma a partire dall’ 800 ebbe grande diffusione in tutta Italia divenendo simbolo della cultura napoletana.

L’arte della pizza divenne così un mestiere, il pizzaiolo più famoso della storia fu Raffaele Esposito, che nell’11 giugno del 1889 chiamò la pizza con pomodoro, mozzarella e basilico, Margherita, in onore della regina di casa Savoia e del re Umberto I.

Il mestiere del pizzaiolo divenne un’icona della tradizione partenopea, e come tale si ritrova fra le statuette dei presepi a Napoli.

 

È tradizione mettere dietro al presepe, una scenografia che ricordi paesaggi orientali o più semplicemente un cielo stellato su cui poggiare la cometa. Nel presepe napoletano, questa tradizione è mantenuta, ma è spesso affiancata da vedute della città, come il golfo col Vesuvio o scorci di strade con cupole in lontananza.

 

La presenza delle cupole delle chiese, paradossalmente, non deve sorprendere: si tratta di chiese presenti in città al momento della realizzazione dei presepi, poiché sono solo i momenti della Natività e dell’annuncio ai pastori che vengono traslati da Betlemme a Napoli.

 

Conclusioni

Il presepe napoletano, nato nella seconda metà del Settecento da un diletto estivo della corte borbonica, oggi è una forma d’arte riconosciuta in tutto il mondo, conservata nei musei cittadini, che vuole rappresentare una nuova Betlemme: una Betlemme ricostruita, guardando ai vicoli, alle strade, alle case della Napoli del XVIII sec. e di coloro che la vivevano.

I loro abiti e le loro abitudini, trasposti sul presepio, non stonano con la rappresentazione della Natività, che segue sempre l’iconografia tradizionale e che deriva dal presepe di Greggio del 1223, realizzato da San Francesco d’Assisi, ma la inglobano armonicamente, come se fosse parte naturale di esso, senza temere sbavature.

 

 

 

 

 

Note

[1] Via San Gregorio Armeno è una delle strade del centro storico di Napoli lungo la quale si trovano esclusivamente botteghe di maestri presepiali e nelle quali si realizzano pastori che ricordano quelli del ‘700 napoletano; è nota anche come la via dei presepi e del Mercatini di Natale permanenti.

 

 

 

 

Sitografia

www.artigianatopresepiale.com

www.brundarte.it

www.presepi.com

www.porcellaneartistichenapoli.com

https://www.visitnaples.eu/napoletanita/sapori-di-napoli/la-storia-del-presepe-e-dell-arte-presepiale-da-betlemme-al-presepe-cuciniello , consultato il 01/11/2022;

https://www.campania.info/napoli/cosa-vedere-napoli/san-gregorio-armeno/ , consultato il 01/11/2022;

https://storienapoli.it/2020/12/17/via-san-gregorio-armeno-storia/#:~:text=Anzi%2C%20la%20santa%2C%20in%20modo,durante%20la%20fuga%20dall’Oriente. consultato il 01/11/2022;

http://www.gessetticolorati.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/10/scheda_presepe.pdf , consultato il 01/11/2022;

https://artepresepe.it/storia-presepe/ , consultato il 04/11/2022;

http://www.enzococcia.com/mestiere-pizzaiuolo/ , consultato il 05/11/2022;

https://italpizza.it/blog/quali-sono-le-origini-della-pizza , consultato il 05/11/2022;

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