L’AVVENTURA DELLO SGUARDO: LA PARIGINA

A cura di Alberto Tosa

"La Parigina", di Vittorio Corcos

Una delle cose a cui penso più spesso, quando mi capita di osservare un ritratto di ignoto, è cercare di capire chi si celi dietro a quel determinato volto che guardo. Quegli occhi, su cui poso i miei, chissà che cosa guardavano mentre venivano dipinti, che cosa avevano visto, e che cosa la persona ritratta aveva vissuto.

Più che dalla storia della genesi del dipinto, resto dunque affascinato da quella del personaggio, l’avventura che si nasconde dietro ad uno sguardo. Ed è sempre una grande gioia riuscire a dare un nome ad un volto, rimasto nel tempo sconosciuto.

È il caso di un dipinto di collezione privata esposto recentemente nella mostra dedicata a Vittorio Corcos al Museo Accorsi – Ometto, nel 2019. “La parigina”, questo il titolo, è stato uno dei dipinti più ammirati da parte del pubblico (fig.1). Quasi tutti i ritratti presenti in mostra erano di soggetti identificati. Anna Belimbau, Fernanda Ojetti, Lina Cavalieri, persino la ragazza di “Sogni”, stupendo manifesto dell’estetica decadentista, è riconoscibile (si tratta di Elena Vecchi, figlia dell’amico Augusto Vittorio Vecchi).

Fig. 1 - Vittorio Matteo Corcos, La parigina, 1897 circa. Olio su tela, 65x50 cm. Collez. Privata.

La “parigina”, invece, continuava a guardarci ed a farci innamorare del suo sguardo restando nell’anonimato. Chi è quella ragazza? Assecondando il titolo, si potrebbe pensare che si tratti di una modella parigina, che Corcos ritrae a Parigi o appena ritornato nella sua Livorno, per sposare Emma Rotigliano. Siamo nel 1896; l’anno successivo i due si trasferiranno a Firenze, dove Corcos riceverà il battesimo in San Giovanni il 9 dicembre. Il salotto di casa Corcos diviene da allora meta frequentatissima di letterati ed artisti, riflesso dell’importanza culturale del pittore, impegnato nella illustrazione di libri e di riviste, ma soprattutto nel ritrarre protagonisti della società di fine secolo, tra cui donne eleganti e famose. Accanto ai dipinti di Carducci, Mascagni e Lega, prendono corpo i ritratti di Lina Cavalieri, Isadora Duncan, Maria Josè – signore aristocratiche ambientate nello sfarzo delle loro dimore (figg. 2-3).

Davvero per la “parigina” Corcos si era limitato a raffigurare una semplice modella? O poteva trattarsi di una donna appartenente a quella schiera di “femmes élégantes” e famose?

L’indizio risolutore mi venne in mente quando, tempo fa, stavo studiando il ritratto di Lina Cavalieri, in collezione privata (fig. 4). Di grandi dimensioni, il dipinto presentava la dedica “A Lina Cavalieri”, oltre che la data e la firma. Lina è rappresentata nella sua invidiabile silhouette in un abito all’ultima moda, in un ambiente spoglio, ma in posa. Una foto dell’epoca ritrae la cantante nella stessa posizione: è ipotizzabile che i due non si siano nemmeno incontrati, ma che il pittore l’abbia ritratta sulla base di quella fotografia. Perché questa scelta, dunque? Di questo ritratto esiste anche il bozzetto, recentemente comparso all’asta, su cui è riportata la dedica “V. Corcos. / Al M.se Pietro d’Ajeta / Per ricordo / Marzo 902” (fig. 5). Pietro Lanza, marchese d’Ajeta, era un melomane, amico di Giacomo Puccini e in rapporto con Ruggero Leoncavallo. Dunque un’opera commissionata da un ammiratore, che non si accontentava probabilmente più di una fotografia, ma che voleva esprimere la sua più alta venerazione per la diva con un dipinto realizzato da un grande artista.

Che la stessa cosa potesse essere successa per la parigina? Sfogliare cataloghi e fotografie delle dive di fin de siècle è stato un lavoro lungo e faticoso, ma alla fine, quasi casualmente, è emersa tra le fotografie l’immagine di una ragazza dallo sguardo inconfondibile: si trattava proprio della protagonista del dipinto (fig.6). Non è semplice descrivere l’emozione provata nel vedere quel volto, scorgerlo da un angolo differente rispetto al dipinto, con i cappelli raccolti, o portati in un’altra maniera: come Pigmalione, dare vita ad un’opera, dargli fisicità, esperienza, vissuto. Darle un nome. La ragazza ritratta da Corcos è Beatrice Minerva “Minnie” Ashley Chanler, un'attrice teatrale americana, che calcò anche i palcoscenici principali in Europa. È possibile che Corcos e Minnie si siano incontrati e che lei abbia posato per il pittore? Tutto è possibile, anche se in questo caso andrebbe escluso, in quanto dopo una ricerca più approfondita è emersa anche la fotografia promozionale dell’attrice, datata 1897, che servì da modello a Corcos: i capelli ondulati sulle spalle, i grandi occhi sognanti, tendenti al blu, sono i medesimi del dipinto realizzato (fig. 7). È probabile dunque che Corcos, come nel caso di Lina Cavalieri, abbia realizzato il dipinto, sulla base della fotografia, successivamente al 1897 e comunque in Italia, per un ammiratore (fig. 8). Cantante, ballerina e attrice di grande popolarità internazionale, Minnie Ashley era certamente nota anche nel nostro Paese, come dimostrano le cartoline prodotte in Italia che la ritraggono in differenti pose (fig.9). Essendo la foto del 1897, il dipinto è certamente realizzato sul finire del secolo; probabilmente non oltre il 1902, anno in cui l’attrice abbandonò le scene per una malattia agli occhi causata dall'eccessiva esposizione alle luci del palco.

Su di lei non si spensero però le luci: diventò un’affermata scultrice e la vista negli ospedali dei feriti di guerra dal fronte occidentale la ispirò a dedicarsi alla filantropia. L’attenzione per i più bisognosi si concretizzò dopo il suo trasferimento in Francia: qui co-fondò e gestì il Memoriale Lafayette, dedicato agli eroi francesi, nel castello Lafayette, sito nell’alta Loira. Il castello fungeva da scuola, orfanotrofio e prevenzione per la cura dei bambini pre-tubercolari, fragili e malnutriti, nonché un museo della vita e della famiglia del marchese de Lafayette. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale ritornò negli Stati uniti, dove morì nel giugno del 1946, a bordo del treno che da New York la stava portando nella sua residenza estiva a Islesboro, nel Maine. Neanche con la sua morte però ci si scorderà di lei, perché da ora Beatrice Minerva “Minnie” Ashley Chanler potrà rivivere in quel volto splendidamente ritratto da Vittorio Corcos.

 

Un grazie speciale va a Marinella G. che per prima ha avuto l'intuizione, senza la quale non avrei approfondito e scritto questo articolo.

 

ALBERTO TOSA
Storico dell'arte specializzato in museologia, già collaboratore e consulente per il Polo museale del Piemonte e di molte realtà museali, dal 2014 lavora per il Museo di Arti decorative Accorsi - Ometto nell'ufficio Conservazione come Referente della catalogazione e Provenance Curator.


DE CHIRICO E EL GRECO A CONFRONTO

A cura di Gianmarco Gronchi

Introduzione

Questa serie di articoli si prefigge di avvicinare tutto il mondo all’arte, ponendo a confronto l’antico con il contemporaneo. Questi collegamenti risultano tanto più opportuni se si pensa che ogni artista, in ogni epoca, ha vissuto una propria contemporaneità: quindi l’arte contemporanea, intesa come arte del proprio tempo, è sempre esistita ed è stata lo specchio storico-sociale in cui da secoli si è riflessa la vita dell’uomo. Si faranno quindi audaci paralleli tra i più vari mezzi espressivi, con l’obiettivo di innescare nel lettore la curiosità di conoscere, sperimentare, osservare con occhi diversi ciò che lo circonda, apprezzare le meraviglie che il nostro pianeta ospita e, perché no, rivalutare qualcosa che è sempre sembrato fuori luogo, irrilevante, scomodo.

Fra De Chirico e El Greco: il "Gesù divino lavoratore" di De Chirico

Agli occhi dei neofiti dell’arte o dei non addetti agli studi, l’identificazione dell’esecutore dell’opera proposta in basso potrebbe risultare ardua. Una conoscenza generica delle vicende artistiche occidentali porterebbe il lettore non esperto a collocare cronologicamente l’opera intorno al primo Seicento, vuoi il soggetto sacro di facile comprensione, vuoi il colore e la luce di ambito tizianesco o ancora la pennellata materica, sinuosa, sensuale che potrebbe appartenere a un Rubens. Poiché questi accorgimenti hanno la loro ragione d’esistere, risulterà forse sorprendente sapere che l’opera è datata 1951. Non solo, ma reca la firma di uno dei vertici dell’arte che oggi definiamo, per necessità storiografiche, contemporanea: Giorgio De Chirico. Commissionata dalla Pro Civitate Cristiana, un’associazione di volontari cattolica fondata da don Giovanni Rossi nel 1939, si inserisce in quella produzione dechirichiana nella quale il pittore riflette e recupera alcuni stilemi dell’arte antica, sviluppando la poetica del “ritorno al mestiere”. D’altronde, lo stesso De Chirico diceva di se stesso «pictor optimus sum», lamentando nei colleghi la mancanza di conoscenze tecniche dell’arte pittorica, che invece erano proprie dei maestri rinascimentali. Il quadro entrò a far parte della collezione di opere sacre della Pro Civitate, che voleva educare le masse dei lavoratori alla dottrina cattolica, in un momento in cui era particolarmente sentita la presenza del Partito Comunista. Non ci si stupisca quindi della novità dal punto di vista iconografico. Gesù, infatti, viene raffigurato nelle vesti di un lavoratore, iconografia, questa, estranea alla cultura rinascimentale. Il Gesù divino lavoratore mira però al maggior coinvolgimento della classe operaia, particolarmente legata alle istanze del comunismo, e si inserisce in un momento di ripensamento della raffigurazione dei soggetti sacri in campo artistico.

Fra De Chirico e El Greco: "L'apertura del quinto sigillo dell'Apocalisse" di El Greco

Dopo il Gesù divino lavoratore si vuole qui proporre un dettaglio di un’altra opera. Questi nudi, così oblunghi, possenti, ma quasi spettrali, potrebbero condurre sulle strade di un prossimo di Cezanne. Sembra che il mondo si sia popolato di cadaverici personaggi, che, tornati  dall’oltretomba, gridano il loro dramma, mentre un’atmosfera espressionista sembra tendere la mano alle migliori avanguardie di inizio Novecento, da Kokoschka a Kirchner. Eppure, il pennello si è mosso su questa tela ben quattro secoli fa e la mano che lo governava apparteneva a Domínikos Theotokópoulos, per tutti El Greco.

Realizzato per l’altare della chiesa di San Giovanni Battista a Toledo tra il 1608 e il 1614, rappresenta una delle ultime prove di uno dei più ineffabili pittori di fine Cinquecento e inizio Seicento. Non è un caso se in vita il pittore ebbe alcune noie da parte dell’Inquisizione spagnola, particolarmente rigida nel periodo post Controriforma. E non sarà certo un caso se fu proprio il sentire del modernismo novecentesco che permise di rilanciare anche a livello accademico questo artista per troppo tempo obliato. Studiato e ammirato da Cezanne come dagli artisti del Blaue Reiter, dai simbolisti fino a Pollock, è forse in Picasso che germogliarono i frutti più importanti dell’influsso moderno del pittore greco. Nel 1907, durante una visita all’atelier parigino dell’amico Ignacio Zuloaga, Picasso ebbe modo di vedere proprio L’apertura del quinto sigillo dell’Apocalisse – questo il nome dell’opera in questione – che Zuloaga possedeva dal 1897. In quello stesso anno, corpi lividi e approssimati sarebbero apparsi anche nelle Damoiselle d’Avignon e le geografie dell’arte contemporanea non sarebbero più state le stesse.

Confronto fra i due maestri

Con questi esempi non si vuole certo affermare che De Chirico e El Greco siano stati due artisti estranei alle rispettive epoche, anzi, tutt'altro. Le forme e i colori di El Greco non lo rendono il primo dei cubisti – almeno non nel senso canonico di cubismo – tanti sono i legami con Tiziano, Tintoretto, i manieristi toscani e l’arte bizantina, sui quali si innesta un sentimento religioso del  tutto proprio della temperie culturale in cui visse. De Chirico invece emula sì il modo di dipingere primo seicentesco, ma per ragioni molto più profonde della semplice venerazione dei modelli antichi. Sono momenti esemplificativi, invece, di come l’arte non proceda a compartimenti stagni – come spesso ci viene fatto credere – ma di come, invece, il moderno talvolta si generi anche guardandosi alle spalle e non sia sempre spinto dalla corsa verso il primato dell’innovazione. Similmente, i modi incompresi di un tempo talvolta tornano a vivere nelle vesti di una rinnovata e inedita comprensione, figlia di una cultura diversa. Ciò che si cercherà di fare in questi appuntamenti sarà proprio tessere dei fili, accostare tessere significative della storia dell’arte, per suggerire prospettive, si spera, sconosciute ai più, al fine di una visione dilatata dell’arte del nostro tempo. Gli accostamenti che proporremo saranno prevalentemente tecnici e formali, talvolta contenutistici o tematici, si spera mai puramente emozionali, anche se ci sarebbe la tentazione in una società così bisognosa di emozioni. I raffronti messi in atto saranno generalmente tra singoli artisti, ma potrebbe capitare di soffermarci maggiormente su singole personalità o muoverci in degli affondi su temi e iconografie di particolare rilievo. Si spera che le parole che seguiranno a questo articolo riescano un minimo a far capire l’importanza della conoscenza, la bellezza del sapere, l’incredibile avventura dell’emozionarsi davanti a un’opera, nella quale qualcuno, secoli fa o anche solo ieri, ha riversato necessariamente una frazione di sé. Questo perché lo studio e la conoscenza dell’arte del passato e del presente vuol dire comprensione del passato e del presente, che è poi, anche, comprensione di se stessi.

 

 

GIANMARCO GRONCHI

Lombardo d'adozione ma toscano di nascita, sono uno studente del corso di laurea magistrale in Storia e critica d'arte all’Università Statale di Milano. Ho conseguito la laurea triennale in Lettere moderne all'Università degli Studi di Pavia. Durante la mia permanenza pavese sono stato alunno dell'Almo Collegio Borromeo. I miei interessi spaziano dall'arte moderna a quella contemporanea, compreso lo studio della Moda da un punto di vista storico-artistico. Alcuni miei scritti sono apparsi online su "Inchiosto”, “Birdman Magazine. Cinema, serie, teatro" e "La ricerca Loescher". Amo leggere, scrivere e perdermi in musei e negozi di vintage.

 


VAN EYCK E IL 2020: UN ANNO DI RINASCITA

Finalmente il 2020.

Finalmente l’anno di JAN VAN EYCK.

Quanto ho atteso questo momento!

Sabato, 1 febbraio 2020, all’ MSK – Museum of Fine Arts Gent  è stata la giornata inaugurale dell’ attesissima mostra “Van Eyck. An Optical Revolution”,  in essere sino al 30 aprile 2020.

Se ben ricordate, già a ottobre del 2019 vi ho accompagnato alla scoperta delle Fiandre, dandovi un assaggio di ciò che sarebbe successo quest’anno per l’arte fiamminga: infatti “Van Eyck. An Optical Revolution”  è la più grande mostra mai realizzata sul grande artista fiammingo, volta a celebrare la sua vita e il suo operato e a mettere in risalto la vasta campagna di restauro svolta per riportare alla luce lo splendore del POLITTICO DELL’ AGNELLO MISTICO. Non solo! Sono state richiamate da varie collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, almeno la metà delle opere d’arte prodotte dal grande VAN EYCK.

Questa è una grandissima occasione per vedere più da vicino un mondo e un’epoca ormai lontani, ma vicini nell’immaginario dei più affezionati all’arte e alla cultura. La mostra fa parte del festival “Oh My God. Van Eyck was here” che la città di Gent ha organizzato per celebrare il suo Maestro.

ph:Visit Flanders

ph: Visit Flanders

ph: Visit Flanders

Vi voglio dire due parole sulla fase di restauro che, come saprete, ho avuto modo di vedere da vicino nel mio ultimo viaggio nelle Fiandre: posso dire, da spettatrice diretta, che è una grandissima emozione trovarsi dinnanzi a uno dei capolavori più maestosi e importanti di tutti i tempi. Infatti, la grande maestria di VAN EYCK sta proprio nel far brillare i colori utilizzati, così da rendere prezioso il dipinto.

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Infine, vi lascio con questa supernews di due opere che in precedenza non erano state conteggiate nel novero di quelle selezionate, ma che invece faranno parte dell’esposizione: il RITRATTO DI MARGARETHA e i due famosi pannelli del polittico raffiguranti ADAMO ed EVA.

ph: Visit Flanders

ph: Visit Flanders

Anche l’Italia ha partecipato a questa fantastica mostra, prestando opere di grande spessore per la storia dell’arte, come quella di Benozzo Gozzoli, proveniente dall’Accademia di Carrara di Bergamo, due tavole di Beato Angelico provenienti entrambe dai Musei Vaticani, che si vanno ad unire al novero di grandi prestatori come la Galleria Sabauda di Torino e i Musei Civici di Padova. E ancora Pisa, Roma, Firenze, Verona e Venezia. Tra questi, anche nominativi internazionali di spicco, come il Rijksmuseum di Amsterdam, la National Gallery e il Victoria and Albert Museum di Londra, il Prado di Madrid, il MET di New York, il Louvre di Parigi… potrei andare avanti all’infinito! Immaginate di effettuare una visita con questi presupposti: io non ci penserei due volte. Anzi sono già lì!

Quindi ecco che dovete fare: prendere nota che dal dal 01/02/2020 al 30/04/2020 inizi ” Van Eyck. An Optical Revolution”, prenotare un soggiorno a GENT e immergervi nella storia.

BUON VIAGGIO!

P.S.: se siete dei social addicted ricordatevi di usare queste mention nei vostri IG post e IG stories.

@turismofiandre

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LA MOSTRA "RITRATTO DI DONNA", UBALDO OPPI

IL SOGNO DEGLI ANNI VENTI E LO SGUARDO DI UBALDO OPPI

"Ritratto di donna", è questo il titolo che si è voluto dare alla mostra in essere da Giovedì 6 dicembre 2019 a Vicenza, nei meravigliosi spazi della Basilica Palladiana. Una mostra dal sapore sensuale e coinvolgente, in cui l’amicizia femminile, il sogno, il doppio riflesso nello specchio, il rapporto tra il pittore e la modella,donne fiere al punto di divenire feline, la nostalgia di paradisi perduti, ma anche la crudezza della realtà, sono i temi centrali della mostra.

Dipinti, gioielli, abiti firmati Chanel, rendono immersiva e suggestiva questa esperienza di vita che Oppi e i contemporanei del suo tempo, come Felice Casorati, Mario Sironi, Antonio Donghi, Achille Fumi, Piero Marussig, Mario Cavaglieri, Guido Cadorin e Massimo Camigli, hanno voluto raccontare, e noi siamo partecipi di questo racconto personale e eterno.

Oppi, cresciuto a Vicenza ma formatosi a Vienna, Venezia e Parigi, ha un immediato successo in mostre importantissime, anche e soprattutto nella Milano e Roma dei primi anni Venti, dove viene scoperto da Ugo Ojetti e Margherita Sarfatti, la quale afferma: “la pittura appare tra tutte l’arte magica per eccellenza”.

Una delle correnti di pittura più affascinanti degli anni Venti è quella del ”Realismo Magico” -di cui Ubaldo Oppi è uno dei maggiori esponenti-, in cui la visione della realtà è immersa in un'atmosfera di meraviglia e di attesa, e questa aura di sogno si respira tutta in questo spazio museale costruito ad hoc per accogliere sia questa mostra che le successive esposizioni, in prospettiva di un grande progetto di rilancio della Basilica Palladiana di Vicenza come spazio espositivo per eventi culturali di rilevanza internazionale.

L’ ESPOSIZIONE.

L’esposizione è curata da Stefania Pontinari, docente di storia dell’arte contemporanea all'Università Cà Foscari di Venezia, la quale ha suddiviso in sette sezioni la mostra:

Sezione 1: UNA PRIMAVERA DELL’ARTE

La Secessione Viennese ci accoglie con i suoi ultimi echi e simboli, che influenzano ancora la ricerca artistica dei pittori italiani degli anni Dieci. In questa sala svetta tra tutte LA GIUDITTA II di GUSTAV KLIMT (1909). Questa sezione ricrea la suggestione della sala dedicata a Klimt alla Biennale di Venezia del 1910.

 

Sezione 2: LE MUSE STRANIERE

In questa parte si intende dar merito all'intreccio delle affascinanti suggestioni che giungono anche da Parigi, intesa dagli artisti come la Ville Lumière della Belle Epoque, dove imperano divertimenti e dissolutezza, ma che è anche il laboratorio dell’avanguardia, in cui si mescolano intelligenza e disperazione. Le donne, in questa fase, divengono fatali o perdute, sono ritratte nel loro incedere nella vita moderna: mentre sono nei caffè vestite alla moda, compiaciute della loro gioventù, o smarrite e distanti come falene nella notte.

Sezione 3: PASSAGGI

Qui troviamo il racconto del passaggio dalle vie di Montmartre, dove Oppi si recò tra il 1913 ed il 1913, al suo ritorno in Italia in cui, nel 1915 viene spedito al fronte a combattere: da qui i soggetti di profughi e addii.

 

Sezione 4: NOVECENTO

Siamo negli anni Venti. Sta avvenendo un rinnovamento nelle arti: Valori Plastici, Novecento Italiano, Realismo Magico, Nuova oggettività, sono tra le correnti e i gruppi che indicano una strada nuova, ispirata anche alla classicità e all'italianità del Rinascimento italiano. In questo periodo avviene l’incontro tra Ugo Ojetti e Margherita Sarfatti con Ubaldo Oppi.

Sezione 5: IMMAGINAZIONE

In questo spazio domina l’opera LE AMICHE (1924), dando origine ad una rosa di possibili chiavi di lettura, come per esempio due amiche, due sorelle o due sculture. Negli anni Venti dive del cinema e della moda come Josephine Baker, Amelia Louise Brooks, Greta Garbo o Coco Chanel lanciano l’immagine di una donna nuova e diversa: dotata di una diversa silhouette ma anche di ambizioni moderne. Questo è il messaggio che si vuole lanciare attraverso questa sala: il progresso femminile.

Sezione 6: VISIONE

Questa parte della mostra presenta un momento di riflessione sul momento storico e sulle figure del tempo, sul ruolo sociale del lavoro, sul ruolo sociale del lavoro ed il confronto con la controparte maschile.

Sezione 7: PARADISO PERDUTO

Scandali e successi: Le “donne nuove” sono ardite e sanno essere anche scandalose, ma sono costantemente rinchiuse anche in ruoli tradizionali, subordinati, come quello della modella per il pittore, che diviene solo un oggetto da contemplare o desiderare.

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STORIARTE IN VIAGGIO NELLE FIANDRE

RACCONTO DI UN VIAGGIO TRA STORIA, ARTE E SOGNI

Quando sono stata contattata per questo viaggio nelle Fiandre, quasi non potevo crederci. Mi si chiedeva di andare a visitare luoghi che avevo avuto la possibilità di vedere e studiare solo nei libri. Chiaramente, la paura c’è stata da subito, ma sarebbe stata più la frustrazione di restare nella zona di comfort che quella di lasciare il certo per qualcosa di mai vissuto. Le tappe di questo viaggio sono state BRUGES e GENT, due cittadine situate nel cuore pulsante delle Fiandre e che racchiudono l’essenza stessa della cultura fiamminga.

BRUGES

Il mio viaggio nelle Fiandre è iniziato da BRUGES, il 15 ottobre, con una visita al centro storico della città e, grazie alla guida di ANNE, abbiamo avuto modo di comprendere la vita e la storia del luogo.

Il Markt, ossia la piazza principale della città, è il fulcro intorno al quale si sviluppa la vita sociale cittadina, circondata da adorabili case in stile tutte colorate  al centro del quale sorge la torre di vedetta, che anticamente serviva per proteggere il centro abitato da attacchi esterni.

Subito dopo ci siamo recati al Beghinaggio, luogo in cui le donne, durante le crociate, si riunivano per formare una comunità e per sentirsi al sicuro durante l’assenza degli uomini in guerra.

Tutta la città è attraversata da canali e ponti, che rendono il soggiorno molto romantico. I canali sono navigabili, infatti ci sono vari punti di attracco per fare delle piccole gite lungo le acque di Bruges.

Il 16 ottobre è stata la giornata destinata alla scoperta della vita di van Eyck,quindi ci siamo recati nel suo quartiere, abbiamo visto la casa dove ha abitato e la statua nella piazza a lui dedicata.

Lo sapevate che van Eyck era tenuto in altissima considerazione alla corte di Duca Filippo il Buono, suo Signore? Ebbene sì, fu il Pittore di Corte di Filippo il Buono il perfezionatore della tecnica della pittura a olio, che verrà celebrata nel 2020 nella grande mostra a lui dedicata: VAN EYCK. AN OPTICAL REVOLUTION (per info qui: https://vaneyck2020.be/en/).

Visto il maltempo abbiamo approfittato per visitare l’Historium, un‘ attrazione multimediale ed interattiva che sta proprio nel Markt, il cui scopo è di proiettare il visitatore nell'epoca del Maestro e a quando l’opera della Madonna del Canonico van der Paele venne dipinta. In questo museo si fa un vero e proprio salto indietro nel tempo, perché sono state ricreate le esatte ambientazioni, i rumori, i suoni e gli odori dell’epoca. Un’esperienza immersiva che rende davvero l’idea di cosa voleva dire vivere durante il rinascimento fiammingo! (https://www.historium.be/en )

Una tappa importante per scoprire i dipinti dei Primitivi Fiamminghi a Bruges è stata la visita al Museo Groeninge, custode di due importanti opere di Jan van Eyck: il RITRATTO DI MARGARETA e la MADONNA DEL CANONICO VAN DER PAELE.

Da lì ci siamo poi spostati all’ OSPEDALE DI SAN GIOVANNI, al cui interno sono conservati una quantità notevole di dipinti di HANS MEMLING, altro grande artista del luogo e del tempo di van Eyck.

Il direttore RUUD PRIEM ci ha accolto e ci ha spiegato le origini di tale luogo, ossia che storicamente i malati venivano condotti lì, non per essere curati nel corpo, ma nello spirito. Solo successivamente si è iniziato a curare la malattia in modo scientifico, infatti al suo interno sono conservati, oltre alle opere d’arte, anche vari strumenti medici. In supporto a questo luogo di cura,venne fondata anche una farmacia, caduta in disuso negli anni ‘70 e che ora è diventata luogo di interesse culturale annessa all’ospedale.

Terminata questa visita il nostro tempo a Bruges era terminato, ed era già ora di spostarsi a GENT, che ci ha accolti sotto una pioggia battente.

GENT

Gent, città universitaria, conserva il più grande patrimonio lasciatoci dal grande maestro van Eyck, il POLITTICO DELL’AGNELLO MISTICO.

 

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Si sta ultimando la seconda fase del restauro su questo dipinto maestoso, che verrà presentato ufficialmente in tutto il suo rinnovato splendore con una grande mostra a lui dedicatagli nel 2020 (https://www.mskgent.be/en/home), infatti, una parte del polittico si trova dal 2012 in restauro presso il museo MSK di Gent.

Nell'autunno del 2016 è stato completato il restauro dei primi otto pannelli esterni del polittico, che ora si possono ammirare in una sala appositamente allestita all'interno della Chiesa di San Bavone.

Al momento il team di restauro sta lavorando alla seconda fase: il registro inferiore della pala d’altare, contenente l’imponente pannello centrale con l’agnello. Gli esperti restauratori stanno rimuovendo, con la massima cura, gli strati di pittura che si sono sovrapposti nel corso del tempo, e permettendo al vero virtuosismo di Jan van Eyck di venire nuovamente alla luce.

I restauri hanno rivelato i colori, i dettagli, le pieghe e la profondità proprie dell’opera e che dimostrano ancora una volta la bravura dell’autore.

In primo luogo i restauratori hanno svelato l’agnello originale, che ha dimostrato di avere un muso molto più “umano” rispetto alla versione che prima si vedeva dipinta. Intorno alla metà del XVI secolo, la testa dell’agnello venne ridipinta. Quando nel 1951 i restauratori rimossero la vernice verde intorno all’agnello, vennero alla luce le due orecchie originali della bestiola.

I restauratori hanno inoltre scoperto, sotto gli strati di vernice, una serie di edifici sconosciuti.

Come base per gli innumerevoli strati di pittura ad olio del polittico, Jan van Eyck scelse di utilizzare dei pannelli di quercia ai quali sovrappose strati sottili di gesso e colla animale: il risultato, visibile ancora oggi, è un effetto traslucido  che sembra creare una dimensione aggiuntiva e che fa sembrare che la vernice brilli dall’interno.

 

JAN VAN EYCK E IL 2020: LA GRANDE ESPOSIZIONE

Il 2020 sarà l’anno dedicato a JAN VAN EYCK, a conclusione del progetto triennale “Flemish Masters 2018-2020” promosso da VISITFLANDERS.

Il progetto è strutturato per focalizzarsi ogni anno su un artista diverso, facendo emergere la sua arte, le città fiamminghe che l'hanno ospitato e che lo celebrano con eventi e mostre.

Il 2018 è stato l’anno  dedicato a RUBENS, con la rassegna “Anversa barocca 2018. Rubens Inspires” e la città coinvolta è stata Anversa.

Il 2019 è l’anno di BRUEGEL, in occasione del 450° anniversario della sua morte  e si è concentrato a Bruxelles, Pajottenland e in parte ad Anversa.

Il 2020, come anticipato, sarà l’anno di JAN VAN EYCK, con la città di Gent come protagonista, in occasione della fine della seconda parte del restauro del POLITTICO DELL’AGNELLO MISTICO, iniziato nel 2012.

Al termine del restauro verrà inaugurata una grande mostra in programma dal primo febbraio a fine aprile 2020 dal titolo: “VAN EYCK. AN OPTICAL REVOLUTION

La mostra si svilupperà intorno ai pannelli esterni restaurati del polittico di Gent, ed includerà più della metà delle 23 opere dell’artista attualmente esposte in altre parti del mondo.

Questa sarà una grande occasione per poter ammirare il maggior numero di opere del maestro fiammingo tutte nello stesso luogo, inoltre questi tesori saranno esibiti accanto alle opere di contemporanei di van Eyck di maggior talento.

 

APERTURA DEL NUOVO VISITOR CENTER NELLA CATTEDRALE DI SAN BAVONE

A ottobre 2020 verrà inaugurato il nuovissimo VISITOR CENTER all’interno della Cattedrale di San Bavone.

Attualmente si stanno ultimando i lavori di messa a punto delle sale.

In questo centro verranno sperimentate delle nuove tecniche di presentazione per evidenziare la storia che si cela dietro  il Polittico.

Grazie all’ausilio della realtà aumentata, si potrà osservare ed apprezzare la  campagna di restauro che si sta ultimando, e conoscere la straordinaria storia del pannello centrale del Polittico.

All’ingresso, i visitatori riceveranno un set di occhiali per la realtà aumentata, che darà loro la possibilità di vedere mura medioevali e numerose opere d’arte come se fossero effettivamente sul posto.

Grazie all’aiuto di simulazioni storiche e moduli interattivi, i visitatori potranno sperimentare le diverse fasi di costruzione della cattedrale, avvenuta in periodi storici diversi, nonché la storia movimentata della Pala d’ Altare di Gent.

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