A cura di Andrea Bardi
Introduzione: cenni storici sulla chiesa di Santa Maria Assunta a Sermoneta
L’origine della chiesa di Santa Maria Assunta a Sermoneta, innalzata sui resti di un antico tempio dedicato alla dea Cibele, ci viene riportata dalla principale fonte storica locale, ovvero le Notizie storiche della terra di Sermoneta di Pietro Pantanelli (1766). Le Notizie narrano che la chiesa venne distrutta, nel corso dei conflitti che videro impegnati gli Annibaldi, signori di Sermoneta, e Lando da Ceccano, proprio da quest’ultimo. Circa la datazione proposta dal Pantanelli (1030) le ricerche storiche condotte nel secolo scorso hanno corretto il tiro spostando tali avvenimenti in avanti di circa un secolo. In seguito alla distruzione, la chiesa di Santa Maria Assunta a Sermoneta divenne oggetto di donazioni a partire dalla seconda metà del XII secolo. La prima donazione al Capitolo per volontà dei signori di Bassano, risale al 1169. Il 1235 è invece l’anno in cui i canonici domandano di riprendere possesso della struttura, evidentemente già ricostruita nelle sue parti essenziali. Nel 1266 il canonico Giovanni Sapiente finanzia un ulteriore intervento “pro restauratione ecclesia”. L’ultimo rimaneggiamento duecentesco, stavolta “pro ornamentis, et edificiis, et luminaribus” avviene per volontà di Riccardo Annibaldi.
Il fervore artistico di fine Duecento si arresta per tutto il secolo successivo, trovando nuova linfa agli inizi del Quattrocento, quando nel 1422 il pittore privernese Pietro Coleberti decora la lunetta del portale d’ingresso con una Madonna con Bambino tra i SS. Pietro e Agostino [fig. 1]. L’avvento del Rinascimento, tuttavia, non si risolve in una trama figurativa dal tono squisitamente locale grazie all’arrivo a Sermoneta di Benozzo Gozzoli nella seconda metà degli anni Cinquanta. La sua Madonna degli angeli, prova pittorica di estrema grazia seppur ancora totalmente nel solco del Beato Angelico, viene realizzata in seguito alla peste del 1456. Nel Quattrocento si assiste all’apertura delle cappelle laterali e alla decorazione della controfacciata con un Giudizio Universale di Desiderio da Subiaco [fig. 2].
Nel primissimo Seicento (1600-1606) la riqualificazione del coro, finanziata dai fratelli Flaminio e Alessandro Americi, conduce al completamento degli affreschi con Storie della Vergine, grande prova pittorica ultimata dalla squadra di Bernardino Cesari (1571-1622), fratello minore del Cavalier d’Arpino. Pochi anni dopo, il duca Pietro Caetani fa realizzare gli stalli lignei del coro, sui quali è ancora possibile identificare lo stemma della sua casata (le onde). Nel 1683 il Capitolo regala alla chiesa di Santa Maria Assunta a Sermoneta l’altare del monumentale baldacchino ligneo di Giuseppe Baccari, mentre l’antistante crocifisso ligneo (1689) è stato realizzato da Francesco Cavallini. Nella prima metà del secolo sono poi portati a termine anche dei pesantissimi interventi di restauro, al termine dei quali la superficie nuda dei conci lapidei duecenteschi viene totalmente ricoperta di intonaco. Solo nel 1963, a termine di un successivo intervento di restauro, i pilastri medievali tornano finalmente alla luce.
Esterno
Il campanile
Il campanile della chiesa di Santa Maria Assunta a Sermoneta [fig. 3], antecedente ai rimaneggiamenti cistercensi ma originariamente staccato rispetto al primo corpo di fabbrica, segue la tipologia dei campanili eretti in zona romana tra il XI e il XIII secolo. A base quadrata, si eleva in altezza per ventiquattro metri, scandendo la sua superficie laterale in sei piani tramite cornici marcapiano. Ogni piano consta di una piccola finestra bifora a colonnine binate[1], a tutto sesto, le cui due aperture sono separate da una colonnina in marmo culminante in un capitello a stampella. Sul lato nord la serie ininterrotta di bifore parte dal secondo piano, mentre sul primo è presente un’edicola a due archi sovrapposti; al primo, a tutto sesto, se ne sovrappone un secondo a sesto acuto. Una simile conformazione dell’edicola trae le sue origini nella mescolanza, nell’area del Lazio meridionale, di modelli più squisitamente romani con influssi tipicamente campani[2]. Originariamente il campanile era dotato di una copertura piramidale, andata distrutta nel XVI secolo dopo essere stata colpita da un campanile[3].
Il portico
Antistante rispetto al portale d’ingresso, e ascrivibile alla fase cistercense dell’edificio, il portico di S. Maria Assunta [fig. 4] ha pianta quadrata e sviluppa una larghezza coincidente con quella della navata principale. Aperto su due lati, e murato sul lato adiacente rispetto alla navata di destra, le sue aperture ogivali () poggiano sulle semicolonne addossate in facciata e su di un grande pilastro angolare recante un’incisione (1561 LO TRONE DETTE AL CAPANILE) [fig. 5] che ricorda la distruzione del coronamento a guglia del campanile, colpito da un fulmine in quell’anno. Gli archi acuti, a ghiera rientrata, introducono un unico ambiente, corrispondente allo spazio di una campata e voltato a crociera.
Interno
L’assetto planimetrico della prima fondazione romanica prevedeva un edificio a tre navate, che sommava in lunghezza a nove campate una terminazione absidale, paragonabile a quella della chiesa di San Pietro a Ninfa. Le pareti laterali, poi, erano aperte da diciotto monofore oggi murate e sostituite da una singola apertura quadrata per campata. Un’altra fondamentale differenza con l’attuale struttura risiedeva nella natura e nelle dimensioni dell’alzato. Le imposte degli archi a tutto sesto, tuttora visibili nelle prime due campate della chiesa, evidenziano infatti un’altezza inferiore della fabbrica romanica rispetto alla sua ricostruzione gotica. In secondo luogo, l’attuale soffitto voltato a crociera, sulle cui vele affrescate in blu campeggiano motivi geometrici ad andamento curvilineo, andò a sostituire la primitiva copertura in legno. La statica della chiesa, in seguito alla costruzione delle nuove crociere, introdotte da un’infilata di archi ogivali a conci di pietra regolari [fig. 6], fu rafforzata tramite l’addossamento ai pilastri romanici di semipilastri in pietra[4]. Anche le navate laterali furono dotate di una copertura a volta, tuttavia la regolarità della scansione architettonica venne mantenuta solo nella navata di destra. Sul lato sinistro, infatti, le arcate longitudinali a tutto sesto raggiungono altezze diverse tra di loro.
Le pitture: la cappella degli Angeli
Tra le cappelle delle navi laterali, un posto di particolare rilievo è assunto dalla cappella degli Angeli. In principio (anni Cinquanta del Novecento) sotto il patronato della famiglia Iannarello, venne ceduta nel 1595 a Tullia de Marchis. La famiglia de Marchis assegnò l’onere di decorare i lati brevi della cappella ad un pittore, Angelo Guerra di Anagni, attivo a Sermoneta anche nella cappella Mazzancollo in San Giuseppe. La cappella degli Angeli, tuttavia, deve il suo nome alla grande pala d’altare [fig. 7] che Benozzo Gozzoli (1420-1497) eseguì nel 1456, in seguito alla peste che colpì la popolazione di Sermoneta. Si tratta di una pala cuspidata, originariamente su tavola e successivamente trasposta su tela, raffigurante la Vergine in Trono con in mano il modellino della città di Sermoneta [fig. 8][5].
Vista in posizione frontale, con il volto leggermente reclinato verso destra, Maria è attorniata da due gruppi speculari di angeli, che si dipanano dall’alto verso il basso secondo gerarchia e i cui nimbi recano le rispettive denominazioni (SERAPHINI, CHERVBINI, TRONI, DOMINATIONI, VIRTVTES, POTESTATES, PRINCIPATI, ARCANGELI, ANGELI). Anche l’aureola di Maria reca un’iscrizione (MARIA. MATER GRATIE MATER MISERIC [ORDIAE]) che segue il profilo curvilineo dell’aureola. Su entrambi i lati, anche le Dominazioni e gli Angeli recano cartigli[6]. Delimitato da due fasce decorate a girali a motivi vegetali e compresenze animali, il pannello principale è affiancato nella sezione cuspidata da due presenze umane intente a srotolare e rivelare cartigli. Il primo, “DILIGIT DILIGE[N]TES SE”, riprende un passo di Bernardo (“[Maria] ama coloro che la amano”); il secondo reca la scritta “VIGILA[N]S INVENIET EAM”. A Sermoneta Benozzo, pur essendo ancora profondamente legato al linguaggio del Beato Angelico (1395 – 1455), riesce ad unire a un’estrema delicatezza nel trattamento della materia pittorica un’elevata maestria compositiva in un gioco continuo di euritmie geometriche. Le eccentricità dei cartigli si sposano alla perfezione con la regolarità della folla di nimbi; l’ordito circolare delle teste angeliche, replicandosi ai lati nei motivi decorativi, attenua, in combinazione con le placide curve del profilo di Maria, una spinta verticale molto importante conferendo all’insieme un senso di profondo equilibrio.
Le pitture: la cappella del Santissimo Rosario
La cappella prende il nome dall’immagine della Madonna del Rosario che, spostata, venne sostituita sul lato di fondo da un ritratto di San Francesco, stilisticamente attribuito a Desiderio da Subiaco. Sulle pareti lunghe alcune Scene del Vecchio Testamento (Mosè dinanzi al roveto ardente, Salomone e la regina di Saba) del pittore settecentesco Giovanni Domenico Fiorentini sono inserite in cornici clipeate sorrette da angeli. Le Storie veterotestamentarie continuano anche nelle vele della volta. La cappella venne restaurata nel 1960 per volontà di Antonio Rosa, potestà di Sermoneta ed avvocato.
Le pitture: gli affreschi del coro
Commissionati dai fratelli Flaminio e Alessandro Americi agli inizi del XVII secolo, in ricordo del padre Pietro, gli affreschi con Storie della Vergine vennero completati dall’équipe del pittore arpinate Bernardino Cesari. Le tre scene (Natività della Vergine [fig. 9], Apostoli attorno al sepolcro vuoto[7], Dormitio Virginis) fungono da introduzione all’episodio centrale, dipinto sulla volta, dell’intera vicenda mariana e della chiesa stessa, l’Assunzione di Maria. La restante figurazione, risolta sulle lunette della volta, comprende altri episodi (Presentazione della Vergine al Tempio, Sposalizio con Giuseppe, Annunciazione, Visitazione). Sulle vele, figure di Santi e Sibille. Infine, sui pennacchi finti velluti dipinti incorniciano lo stemma della famiglia Americi.
Note
[1] Casi simili si riscontrano nel campanile della cattedrale di Rieti, in quello del duomo di Palestrina e nella chiesa di S. Paolo a Genazzano.
[2] È il caso del campanile della cattedrale di Gaeta, o anche di quello che fiancheggia il Duomo di Terracina.
[3] L’originaria conformazione della struttura è intuibile dal modellino della città di Sermoneta tenuto tra le mani dalla Vergine nella pala di Benozzo Gozzoli.
[4] Ai primi due semipilastri vennero aggiunte anche delle semicolonne.
[5] Il modellino del Gozzoli costituisce la più antica rappresentazione pittorica della città di Sermoneta.
[6] Le iscrizioni sui cartigli sono: NOLITE NOCERE TERRE ET MARI NEC ARBORIBUS (Dominazione sul lato sinistro); SVP QVANDO VIDERITIS THAV NO OCCIDATIS (Dominazione sul lato destro); DIC ANGELO PERCVTIENTI CESS […] MAN […] TVA” (Angeli).
[7] Soggetto trattato anche dal Cavalier d’Arpino nel transetto destro della chiesa di S. Atanasio a Roma.
Bibliografia
Bertini Calosso, Le origini della pittura del Quattrocento attorno a Roma, in “Bollettino d’Arte”, XIV, 5, pp. 97-110; 8, pp. 185-232, 1920.
Tamanti, La chiesa di S. Maria Assunta in Sermoneta, in “Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale”, VIII, 2, pp. 75-92, 1975.
Sitografia
http://www.treccani.it/enciclopedia/benozzo-di-lese_(Dizionario-Biografico)/
http://www.treccani.it/enciclopedia/bernardino-cesari_(Dizionario-Biografico)/
http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-coleberti_(Dizionario-Biografico)/
Da Pietro Coleberti a Niccolò Circignani: Il Rinascimento nei Lepini
http://www.prolocosermoneta.it/la-cattedrale-di-s.html
http://www.comunedisermoneta.it/?page_id=410
https://aimagelab.ing.unimore.it/leviedelgotico/scheda.asp?IDScheda=73
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