A cura di Felicia Villella
Inquadramento storico e geografico
Il borgo medievale di Altomonte, in provincia di Cosenza, vanta una millenaria citazione in Plinio il Vecchio grazie ad un rinomato vino locale, il balbino.
È stato il luogo di importanti vicende storiche e scenario del susseguirsi di una serie di dinastie che con le loro scelte hanno contribuito a conferire la caratteristica struttura di borghetto attuale: sotto il conte e cavaliere Filippo Sangineto viene realizzata la chiesa di Santa Maria della Consolazione, raro esempio di arte gotica-angiona in Calabria, costruita su una preesistente cappella normanna. Questo edificio religioso è stato lo scrigno di opere realizzate dalla mano sapiente di artisti appartenuti alla scuola di Giotto, rendendolo unicum del trecento toscano.
Il fermento artistico e la presenza dell’ordine dei domenicani nel paese, fanno di Altomonte la meta di studiosi e intellettuali, tra i quali spicca la figura di Tommaso Campanella che, con molta probabilità, concepì ivi la sua celeberrima opera La città del sole. Degne di nota sono la chiesa bizantina di San Giacomo Apostolo e il complesso monastico di San Francesco di Paola, sede del municipio.
Tra gli edifici di carattere militare spiccano, invece, il castello normanno in seguito infeudato e la torre detta Pallotta dell’XI secolo.
Dalle antiche celle dell’ex Convento dei Domenicani, attiguo alla Chiesa di Santa Maria della Consolazione sono state ricavate le sale del Museo civico, inaugurato nel 1980 e alle quali si accede superando il chiostro del convento. Il monumento conserva i volumi che appartengono alla Biblioteca Civica e alla Biblioteca Storica, oltre una ricca collezione di opere che sono il fiore all’occhiello del gotico calabrese, prima fra tutte la tavola de La Madonna delle pere di Paolo Di Ciacio, allievo di Antonello da Messina.
La Calabria artistica del trecento e del quattrocento conferma sempre di più la sua vicinanza alle correnti artistiche napoletane, soprattutto nel passaggio tra la dinastia angioina e quella aragonese. Tra i poli maggiormente produttivi da un punto di vista artistico oltre alla città partenopea, va di certo menzionata la vicina Messina, per questo, la Calabria, al centro tra le due principali città artisticamente produttive, traduce in un armonico connubio la doppia influenza, sia nel campo delle arti figurative che nei complessi meccanismi storico-sociali che interessano la punta dello stivale.
Ergo, con il Gotico internazionale appaiono in Calabria i chiari segni della adesione alla cultura catalano-napoletano-marchigiana dei tempi del Re Ladislao di Durazzo fino ai nuovi afflussi di cultura valenciana giunti in Sicilia coi maestri di Siracusa.
L’opera e l’autore
Collocata nel Museo Civico di Altomonte, ex-Convento dei domenicani, in Piazza Tommaso Campanella e nella Sezione Quadreria, la Tavola della Madonna delle pere di Paolo di Ciacio è datata alla metà del XV secolo. La sua posizione originaria, invece, era il timpano dell’altare maggiore.
Gli studi recenti degli storici dell’arte ne hanno dato attribuzione alla bottega del maestro Antonello da Messina, nello specifico al pittore Paolo di Ciacio, nativo di Mileto e unico calabrese appartenuto alla cerchia antonellesca, così come attesta un documento datato 1456 nel quale sottoscriveva una prestazione d’opera triennale. Nello stesso, come da prassi, il pittore-allievo si impegnava a mantenere il celibato fino alla chiusura del contratto, clausola che non fu mantenuta nell’anno successivo alla stipulazione, tanto da sciogliere l’accordo preso, con conseguente pagamento di una penale. Dagli studi emerge inoltre che la tavola dovrebbe essere l’unica opera attribuita all’autore, facendo vacillare la sicura sua assegnazione.
Il dipinto è realizzato su di una tavola prodotta dall’accostamento di tre tavolette di pino rosso proveniente dai boschi della vicina Sila, piallata solo da un lato. Da un punto di vista diagnostico il retro si presenta nudo e non trattato, mentre il fronte è compiuto con uno spesso strato preparatorio composto da colla e gesso, su di esso è impresso il disegno preparatorio eseguito per incisione indiretta e diretta. La tecnica esecutiva impiegata per la realizzazione del dipinto è quella di tempera grassa a legante proteico su tavola, un tipo di esecuzione altamente attaccabile da degradi e alterazioni di tipo biologico, che potrebbero comprometterne l’integrità.
Il soggetto raffigurato è quello della madonna con bambino, la figura si presenta in primo piano, con una leggera torsione verso sinistra e in posizione seduta, così da tagliarla all’altezza delle ginocchia su cui poggia un cuscino cremisi a sostegno di Gesù infante.
Lo sfondo presenta una architettura geometrica definita, uno schema preciso di vuoti e di pieni che lascia intravedere una muratura netta e alcuni cenni di un esterno al di là delle grate. La figura della Vergine poggia, invece, su di un arazzo damascato color rosso porpora e oro, che la incornicia nobilitandone la seduta.
La Madonna presenta una ovale dell’incarnato roseo, circondato da un’aureola dorata finemente decorata in foglia oro su bolo aranciato, l’espressione è severa, fissa verso lo sguardo dell’osservatore. La pettinatura, così come l’abbigliamento, rimanda alla moda del periodo: interessanti sono la resa delle velature sul capo e le geometriche sfaccettature del velo sulle spalle, che conferiscono rigidità alla figura. La mano sinistra è rivolta verso l’interno e sorregge, in una posa innaturale, un frutto; mentre la mano destra, posta alle spalle del Bambino, si apre a ventaglio, mostrando un gruppo di pere ben disposte. Sulle gambe della Madre poggia un cuscino, anch’esso rigido nella sua resa, sul quale è raffigurato un Bambino che sembrerebbe avere pochi mesi di vita, ma dalla posa austera e fiera riconducibile ad una consapevolezza più adulta, una concezione sostenuta anche dal gesto sicuro di Gesù con cui sorregge e consulta un libro.
Se si dà per certa l’attribuzione, l’artista Paolo di Ciacio si è sicuramente ispirato ad un originale antonellesco, molto simile alla tavola Salting e alla Madonna dell’Umiltà, ma dalla concezione rinfrescata: il bimbo nudo e paffuto e il soggolo che cinge il collo ampio e pieno d’aria; le dita della mano destra aperte per impadronirsi dello spazio e, oltre la grata, un paesaggio probabilmente abbozzato dal vero. Tutto questo purpurei emozionale racchiude una mescolanza di esperienze dal sapore nettamente pierfrancescano.
Bibliografia
Sansoni, La critica d’arte rivista bimestrale di arti figurative, Firenze 1937;
Renzoni, Antonello da Messina, Firenze 2019.
Sitografia
http://www.culturaitalia.it/opencms/viewItem.jsp?language=it&id=oai%3Aculturaitalia.it%3Amuseiditalia-work_20252
https://www.beni-culturali.eu/opere_d_arte/scheda/madonna-delle-pere-madonna-con-bambino-paolo-di-ciacio-notizie-1457-18-00005864/40963
http://www.museocivicoaltomonte.it/MW/index.php?it/153/catalogo-generale-opere/30/madonna-delle-pere
http://www.comune.altomonte.cs.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=27985
http://www.calabriaonline.com/col/arte_cultura/arte_calabra/messina01.php
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