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A cura di Francesca Strada

 

Introduzione

“Oro e argento fine, cocco e biacca,

indaco, legno lucido e sereno,

fresco smeraldo in l’ora che si fiacca,

da l’erba e da li fior, dentr’a quel seno

posti, ciascun saria di color vinto,

come dal suo maggior è vinto il meno”

(Purgatorio, VII, 73-78)

 

Correva l’anno 1321 quando Durante degli Alighieri, meglio noto come Dante, spirava nella città di Ravenna, luogo che offrì al Sommo Poeta molteplici spunti per la realizzazione del suo capolavoro: la Commedia. È nei suoi versi che ritroviamo il racconto delle terre di Romagna e con esso la grandiosità dei mosaici bizantini, tra i quali spiccano le opere della Basilica di San Vitale, forse ispiratrice di alcuni versi del canto settimo del Purgatorio.

 

Contesto Storico

Alla morte dell’imperatore Teodosio, l’Impero Romano venne spartito tra gli eredi, concedendo al figlio maggiore, Arcadio, l’impero romano d’Oriente e al minore, Onorio, la parte occidentale con capitale Milano; la sede lombarda si rivelò inadeguata a fronteggiare le invasioni e si scelse di spostare la corte alla ben più facilmente difendibile Ravenna.

 

La città romagnola, infatti, possedeva una posizione strategica, che le consentiva sia un maggior riparo dalle incursioni, che una notevole vicinanza all’oriente. La nuova capitale non si poteva considerare tale senza un’opera di valorizzazione urbana, che portò all’innalzamento di svariati monumenti, i cui ori risplendono oggi come allora, regalandoci la possibilità d’immaginare un’epoca ormai distante. È con l’imperatore Giustiniano, nel VI secolo, che nell’ottica di un’ambita Renovatio Imperii, si volle dar maggior lustro alla sede occidentale; emblematica di questo periodo è la Chiesa di San Vitale.

 

L’opera presenta notevoli somiglianze con la contemporanea arte bizantina in Oriente. La pianta è ottagonale e viene dato notevole risalto al presbiterio, sviluppato su due ordini. Il luogo di culto è un continuo sfavillare d’oro e marmi, in cui l’architettura bizantina incontra tecniche edilizie italiche, come nel caso della cupola.

 

L’abside della Chiesa di San Vitale

La trama decorativa è talmente fitta da non consentire allo sguardo del visitatore di riposarsi nemmeno un istante, poiché ogni dettaglio sembra progettato per richiamare l’attenzione; tuttavia, è nell’abside che si collocano due dei ritratti più famosi di tutta l’arte medievale. Due pannelli raffiguranti l’imperatore Giustiniano e la consorte Teodora mostrano la presenza dei sovrani, i quali non giunsero mai nella città.

 

L’imperatrice regge un calice per l’eucarestia tempestato di gemme, la sua veste è ornata dalla raffigurazione dei Re Magi, i quali potrebbero rappresentare il sacrificio eucaristico.

 

Nell’altro pannello, il consorte reca in dono una patena per il pane, mentre il corteo si prepara all’ingresso in chiesa in processione con le offerte. Accanto a lui si trova il vescovo Massimiano, riconoscibile da una scritta, il quale regge la croce.

 

Nel catino absidale, i quattro fiumi del paradiso scorrono ai piedi di Cristo, il quale, vestito di una tunica bruna, siede sul globo terracqueo, mentre dona a San Vitale la corona del martirio.

 

Clipei

 

Uno dei dettagli più significativi della basilica è gruppo di clipei situato nell’intradosso dell’arco di accesso al presbiterio. I volti sono definiti con una certa attenzione al dettaglio; si noti l’apostolo Pietro, il cui viso è delineato da un contrasto tra luci e ombre.

 

Il Sacrificio

 

Al centro della volta, l’immagine dell’Agnello di Dio appare sorretta da quattro angeli; la scelta iconografica non è casuale, la raffigurazione non mira a rappresentare Cristo in forma umana, bensì in forma sacrificale, enfatizzando un tema riproposto in altri punti della basilica: il sacrificio.

 

All’interno del presbiterio, infatti, è presente una lunetta affiancata all’altare, nella quale è riprodotta la figura di Abramo. Il patriarca riceve la visita di tre angeli, che gli annunciano l’arrivo dell’agognato figlio, accanto figura il sacrificio di Isacco.

 

La scena si dispone all’interno della cornice in maniera irrealistica: i rami dell’albero assumono una posizione innaturale per rimanere all’interno dello spazio delimitato, mentre le montagne si piegano al medesimo scopo.

 

Unesco

 

La meraviglia della basilica è tale, che nel 1996 è stata insignita del titolo di patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, insieme al Battistero degli Ariani, al Mausoleo di Galla Placidia, alla Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, al Battistero degli Ortodossi, alla Cappella Arcivescovile, al Mausoleo di Teodorico e alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe. Un patrimonio unico al mondo, che riflette la storia di una città antica e testimone dell’incedere del tempo, che nulla è riuscito a sottrarre della bellezza della “glauca notte rutilante d’oro”[1].

 

 

 

Bibliografia:

Byzantine Art, R. Cormack, Oxford University Press, 2018

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