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A cura di Arianna Canalicchio

 

 

«Sarà restituito alla città uno dei suoi luoghi più amati e suggestivi; fiorentini e turisti potranno riscoprire uno dei tratti più imporranti della “promenade” ideata dall’architetto Poggi. Sarà un restauro accurato, in linea con quello che si sta facendo per conciliare tutela e valorizzazione del patrimonio. Non dimentichiamo il valore storico, oltre che monumentale, delle Rampe»[1].

Queste le parole della vicesindaca di Firenze, Cristina Giachi, all’indomani dell’inizio dei lavori di ristrutturazione delle Rampe nel luglio del 2018. La così detta “passeggiata in carrozza del Re”[2], realizzata dall’architetto Giuseppe Poggi nel periodo dei lavori di ingrandimento per Firenze Capitale, nel corso degli anni, aveva raggiunto uno stato di deterioramento davvero preoccupante. Viste le condizioni si era reso quindi assolutamente necessario un intervento che mettesse un freno a questo fenomeno, impedendo che la situazione divenisse irrecuperabile.

Il grande complesso di fontane e scalinate che scendendo per il monte di San Minato arriva fino alla riva del fiume Arno, per evidenti ragioni, nel corso degli anni aveva cominciato a deteriorarsi in maniera preoccupante; la vegetazione era cresciuta in modo incontrollato coprendo ben presto buona parte della suggestiva decorazione mosaicata e a incrostazioni, mentre le fontane avevano finito per essere disattivate quasi subito. Dunque, il restauro avviato nel luglio del 2018 si era reso assolutamente necessario per porre un freno allo stato di degrado. Dopo un totale di circa 27.000 ore di lavoro l’intervento è effettivamente riuscito a riportare alla luce l’originaria composizione delle Rampe e ha rimesso nuovamente in moto il sistema di acqua delle fontane. L’intervento, in sintesi, si è basato su tre punti fondamentali: il restauro conservativo delle componenti architettoniche e materiche (le grotte e le vasche), la realizzazione del nuovo impianto idrico per rimettere in funzione le fontane e il riordino della parte vegetale che negli anni era cresciuta in maniera incontrollata ricoprendo quasi del tutto le fontane.[3]

 

Per avere un effettivo ordine di grandezza sull’importanza dell’intervento basti pensare che il lavoro di restauro è costato nel complesso circa 2,5 milioni di euro e ha comportato la rimozione di ben 100 quintali di materiali infestati e il ricollocamento di circa 1.200 piante.[4]

Per poter intervenire sulle componenti architettoniche come prima cosa è stato necessario rimuover la vegetazione. Solo a questo punto i restauratori hanno potuto consolidare e reintegrare le parti mancanti delle fontane e delle grotte. Per la parte mosaicata, realizzata in ciottoli di fiume bianchi e neri, che caratterizza la decorazione della grande cascata trapezoidale che si trova al livello più alto, si sono resi necessari dei reintegri per alcuni tasselli mancanti, mentre sono stati messi in sicurezza quelli ancora in buono stato. Inoltre è stata rifatta l’impermeabilizzazione di tutte le vasche, sostituendo quella ottocentesca con strati di malta cementizia e utilizzando nuovi materiali sicuramente più all’avanguardia.

 

Molto importante è stato anche l’intervento all’impianto idrico che ha permesso di rimettere in moto il sistema di cascate e vasche con una portata di acqua che lo stesso Poggi non aveva mai visto ma che si sarebbe tanto auspicato. Le fontane, infatti, erano originariamente alimentate a gravità grazie a un serbatoio appositamente dedicato e collocato qualche decina di metri più in alto rispetto a Piazzale Michelangelo. Pare però che inizialmente la portata dell’acqua fosse molto scarsa, soprattutto in proporzione alle dimensioni delle fontane e che l’effetto fosse quindi piuttosto brutto. È lo stesso Poggi a lamentarsi in una lettera nel 1876, chiedendo al Comune che venisse in qualche modo aumentata la portata dell’acqua così da rendere giustizia all’armoniosità del suo lavoro. Ma il sistema idrico fiorentino presentava all’epoca non pochi problemi e il Comune. ritenendo, a ragion veduta, più utile riuscire a far arrivare l’acqua in maniera sufficiente alla città, decise di non far fronte alla richiesta dell’architetto, nonostante le sue insistenze. Effettivamente alla città mancava un acquedotto in grado di provvedere a soddisfare la richiesta di acqua potabile, motivo per cui, proprio di fronte alla torre di San Niccolò, ai piedi delle Rampe, venne costruita la così detta Fabbrica dell’Acqua (Fig. 5), ovvero il primo acquedotto moderno di Firenze.

 

Il terzo punto del restauro è stato quello dedicato allo studio e al ripristino della vegetazione. Per quel che aveva riguardato le scelte botaniche che dovevano fare da corredo e da abbellimento alle Rampe e al viale dei Colli, il Poggi si era affidato ad Attilio Pucci, personaggio di grande esperienza e futuro Soprintendente dei Pubblici Giardini e Passeggi della città di Firenze. Figlio di Angiolo Pucci, già giardiniere granducale alla villa medicea della Petraia e a Boboli, Attilio, nel 1867, all’età di 51 anni e nonostante fosse già in pensione, condusse lavori per le nuove piantagioni nel viale dei colli dando così inizio alla duratura e assai proficua collaborazione col Poggi. Il Pucci fornì all’architetto preziosi consigli e di fatto prese in mano da solo le redini della decorazione naturale delle fontane di tutto il complesso.

In una lettera del 2 febbraio 1877, riportata da Poggi nel suo resoconto del 1882, il Pucci annunciava che la decorazione delle cinque grotte al secondo livello era oramai conclusa. È dunque chiaro che i lavori alla flora andarono in realtà avanti anche dopo l’inaugurazione del complesso, avvenuta nel settembre del 1875. Dagli scambi epistolari è possibile inoltre dedurre che le piante utilizzate per la decorazione furono per lo più alberi e arbusti sempreverdi, anche se nessun documento dell’epoca ci informa in maniera precisa su quelle che furono le scelte del Pucci. Non abbiamo quindi un resoconto o una lista delle specie piantate e la questione non era mai stata trattata in modo scientifico fino al 2001. In quell’anno prese avvio uno studio sulle piante presenti nelle Rampe e nella zona del viale dei Colli; secondo questo studio sarebbero ben 36 le specie presenti, tra alberi e arbusti sempreverdi e 25 tipi differenti di alberi e arbusti caducifogli. Questa prima analisi della flora è stata ripresa e approfondita in occasione del restauro iniziato nel 2018, affiancata ad un’attenta analisi dei trattati di botanica dell’epoca, consultati per capire quali fossero considerate, a quel tempo, le piante effettivamente più adatte da collocare in un ambiente semi-acquatico come quello delle fontane lungo le Rampe. Il restauro, infatti, voleva riportare le piante originali, restituendo non solo le forme architettoniche ma anche l’aspetto naturalistico del complesso monumentale.

 

L’ultimo capitolo della storia delle Rampe del Poggi, almeno fino ad oggi, riguarda dunque il loro recente ingresso nel perimetro del centro storico fiorentino considerato Patrimonio Mondiale UNESCO. L’aggiunta, avvenuta nel luglio 2021 durante la quarantaquattresima sessione del Comitato per il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, tenutasi a Fuzhou in Cina, ha fatto sì che il sito del centro storico di Firenze, già presente nella lista dal 1982, subisse un notevole ingrandimento. La nuova zona comprende adesso l’Abbazia di San Miniato al Monte, la Chiesa di San Salvatore al Monte, il Giardino delle Rose, quello degl’Iris, Piazzale Michelangelo e infine proprio le Rampe del Poggi, che, citando un altro intervento fiorentino di fine ‘800, sono state “da secolare squallore a vita nuova restituite”[5].

 

 

 

Note

[1] Citato in Al via il restauro delle Rampe del Poggi grazie a quasi due milioni di euro erogati da Fondazione CR Firenze. Il progetto è il regalo alla città della Fondazione per i suoi 25 anni di storia, comunicato stampa di inizio lavori, 24 luglio 2018. Online presso https://www.fondazionecrfirenze.it (consultato il 30/01/2021).

[2] Citato in M. Cozzi (a cura di), Le rampe del Poggi. Storia e recupero, volume realizzato per la conclusione del progetto “Il grande Restauro delle Rampe del Poggi”, Mandragora, Firenze 2019, p. 45.

[3] Un resoconto dettagliato dell’intervento è presente in M. Cozzi (a cura di), Le rampe del Poggi. Storia e recupero, volume realizzato per la conclusione del progetto “Il grande Restauro delle Rampe del Poggi”, Mandragora, Firenze 2019 e nel documentario Il Grande restauro delle Rampe: il documentario, presente su YouTube.

[4] I dettagli e i conti sono riportati nel sito della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze https://www.fondazionecrfirenze.it (consultato il 26/10/2021)

[5] Si tratta di una citazione dalla scritta incisa sull’arco di trionfo costruito in piazza della Repubblica a Firenze. La piazza venne costruita proprio in occasione della nomina di Firenze a Capitale del Regno d’Italia, radendo però completamente al suolo tutta la zona dell’ex-mercato vecchio.

 

 

 

Bibliografia

Cozzi (a cura di), Le rampe del Poggi. Storia e recupero, volume realizzato per la conclusione del progetto “Il grande Restauro delle Rampe del Poggi”, Mandragora, Firenze 2019.

Maccabruni, P. Marchi, Una capitale e il suo architetto. Eventi politici e sociali, urbanistici e architettonici. Firenze e l’opera di Giuseppe Poggi, catalogo mostra per il 150° anniversario della proclamazione di Firenze a Capitale del Regno d’Italia, Archivio di Stato di Firenze, 3 febbraio – 6 giungo 2015, Edizioni Polistampa, Firenze 2015.

Paolini, Il sistema del verde. Il Viale dei Colli e la Firenze di Giuseppe Poggi nell’Europa dell’Ottocento, Quaderni del servizio educativo, Edizioni Polistampa, Firenze 2004.

Poggi, Ricordi della vita e documenti d’arte. Per cura dei nipoti, con prefazione di Isidoro del Lungo, Bemporad e Figlio, Firenze 1909.

Poggi, Sui lavori per l’ingrandimento di Firenze (1864-1877), Tipografia Barberà, Firenze 1882.

 

Sitografia

https://www.fondazionecrfirenze.it – Sito Fondazione Cassa di Risparmio Firenze

https://en.unesco.org/ – sito UNESCO

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