A cura di Arianna Canalicchio
Nell’aprile del 1906 si spense nella sua villa di Montughi, nei pressi di Firenze, all’età di 68 anni, il cavalier Frederick Stibbert, lasciando precise disposizioni sull’apertura di quello che amava chiamare “il mio museo”. Nel testamento disponeva che la villa nella quale aveva vissuto e collezionato per oltre quarant’anni manufatti artistici di ogni genere, dovesse diventare un vero e proprio museo e che ne fosse affidata la proprietà e la gestione al governo britannico. Solo in caso di rinuncia sarebbe allora dovuta subentrare la Città di Firenze.
Frederick Stibbert era nato a Firenze nel 1838, il cui padre, Thomas Stibbert, era un colonnello inglese originario di Norfolk arrivato in Italia con le campagne antinapoleoniche. Dopo un primo soggiorno a Roma nel 1836, aveva deciso di stabilirsi a Firenze dove conobbe e sposò Giulia Cafaggi, di molti anni più giovane di lui e di origini piuttosto semplici; pare, infatti, che i due si fossero conosciuti durante la permanenza di Thomas nella pensione in Piazza Santa Trinita nella quale lavorava la donna. I due ebbero tre figli, Frederick, Erminia e Sofronia ma soltanto alcuni anni più tardi, nel 1842, decisero di sposarsi in modo tale che i figli venissero riconosciuti dalle leggi toscane come legittimi, anche se avuti prima del matrimonio. Il giovane Stibbert venne mandato ben presto a studiare a Cambridge ma dopo un lungo soggiorno in Inghilterra tornò, a partire dagli anni ‘50, a Firenze. Qui, nel frattempo, nel 1847 era morto il padre e la madre due anni più tardi aveva acquistato la villa sulla collina di Montughi, appena fuori dal centro di Firenze, dove si era trasferita con le due sorelle di Frederick. Erminia, però, morì nel 1859 a soli sedici anni mentre Sophronia sposò nel 1861 il conte Alessandro Pandolfini e si trasferì nella sua residenza in via San Gallo.
Una volta rientrato a Firenze, Stibbert abbandonò subito l’idea di una carriera militare come avrebbe desiderato il padre, e decise di dedicarsi alla sua grande passione: il collezionismo. Grazie alla notevole fortuna della sua famiglia riuscì a mettere insieme quella che è considerata ancora oggi una delle collezioni di armi e armature tra le più rilevanti del mondo. Essendo lui il primogenito, al raggiungimento della maggiore età nel 1859, entrò in possesso del patrimonio del quale continuò sempre ad occuparsi con estremo impegno e grande intuito, riuscendo ad incrementarlo con abili operazioni finanziarie, favorite anche dalle contingenze storiche legate all’Unità d’Italia. Fin dagli anni ’60 dell’Ottocento aveva cominciato ad acquistare pezzi antichi, armature e altri oggetti secondo il suo gusto personale. Dagli anni ’80 cominciò, invece, a prendere forma l’idea di creare un vero e proprio museo all’interno della sua villa a Montughi, per cui si dedicò all’acquisto di oggetti mirati e alla catalogazione di tutte le opere già in suo possesso.
Nel testamento, Stibbert, oltre ad affidare al governo britannico la sua collezione, lasciò un capitale di 800.000 lire per il mantenimento della villa e degli oggetti esposti al suo interno. Il governo inglese non tardò ad accettare facendosi carico dell’immobile, ma quando si rese conto che, per volontà testamentaria, la villa non poteva essere separata dal contenuto e quindi non sarebbe stato possibile portare fuori da Firenze l’immensa collezione di Stibbert, rinunciò all’incarico. La notifica della rinuncia arrivò con un atto datato 14 agosto 1906 e il governo inglese lasciò nelle mani del Comune di Firenze il compito di gestire la collezione e la villa. L’idea, esposta in maniera molto chiara da Stibbert, era che, nel giro di poco tempo, il villino con la collezione curata e allestita da lui fosse aperto al pubblico, così da permettere finalmente a studiosi e appassionati di conoscerla. Fino a quel momento, infatti, la collezione era stata visibile solo su invito del proprietario poiché si trovava, almeno in parte, in quella che continuava ad essere la sua abitazione.
Il suo interesse principale era sempre stato la storia dell’abbigliamento e infatti acquistò armature di ogni genere ed epoca, ma a questo col tempo si aggiunsero anche nuovi interessi, come quello per quadri, arazzi, oggetti di arredo e di arte applicata. Stibbert amava esporre le sue opere in maniera estremamente scenografica tanto che si fece costruire da importanti artigiani fiorentini dei manichini di cavalli sui quali poter posizionare i manichini dalle sembianze umane con indosso le armature. Una caratteristica importante della collezione di Stibbert è il fatto che non si limitò ad uno studio di abiti o oggetti circoscritto al territorio europeo, ma il suo interesse era talmente vasto da portarlo a collezionare oggetti provenienti da tutto il mondo, come abiti orientali e una notevolissima raccolta di armature samurai. La collezione di armi di Stibbert divenne, in breve tempo, una delle più ricche al mondo e in costante aumento, ma soltanto pochi appassionati ne erano a conoscenza. Nessuno, infatti, tranne lo stesso Stibbert, prima della sua morte poteva dire con certezza quanto questa raccolta fosse ampia, poiché molte opere erano ammassate disordinatamente nelle stanze della villa.
Secondo alcuni studiosi, nell’aprile del 1906 la collezione doveva contare circa 36.000 pezzi, i più importanti dei quali erano già esposti all’interno della villa secondo percorsi evocativi attentamente studiati. Dopo la morte di Stibbert, il Comune di Firenze affidò all’architetto Alfredo Lensi il compito di riorganizzare e riordinare il museo in vista di una prossima apertura al pubblico. Venne anche creato un Consiglio di Amministrazione, così come chiesto da Stibbert. Nonostante le numerose resistenze del personale che aveva per anni lavorato alle dipendenze di Stibbert e che insisteva perché nessun pezzo della collezione venisse in alcun modo spostato o alterato, Lensi riordinò la collezione e la rese più facilmente accessibile e godibile. La prima parte della casa-museo venne aperta ai visitatori già a partire dal 27 aprile 1909, mentre tra il 1917 e il 1918 venne pubblicata la prima parte del catalogo del museo, dal titolo Il Museo Stibbert: catalogo delle sale delle armi europee, in due volumi e corredato di 237 tavole illustrative.
Fin da subito, la nuova disposizione delle opere all’interno del museo piacque molto alla critica poiché le opere avevano ognuna il proprio spazio ed erano disposte in maniera, almeno a detta di Lensi, meno caotica rispetto al lavoro di Stibbert. In realtà si trattò di un riordino che, soprattutto a partire dagli anni ’30, si rivelò piuttosto invadente e poco rispettoso di quelle che erano state le volontà testamentarie del collezionista. Lensi organizzò le opere in 67 sale andando ad alterare pesantemente la disposizione lasciata da Stibbert, soprattutto a discapito dei mobili ottocenteschi che vennero in gran parte spostati nei depositi. Soltanto a partire dal 1977, sotto la direzione di Lionello Boccia, il museo venne dotato di un buon sistema di illuminazione e tornò ad avere un aspetto più simile a quello che doveva avere nel 1906.
La collezione del Museo Stibbert è considerata ancora oggi una tra le più importanti d’Europa, con circa 50.000 oggetti, per la maggior parte frutto del nucleo originario lasciato da Stibbert e incrementata da alcuni doni e acquisti successivi. Stibbert, dunque, grazie alla sua capacità di controllare per circa cinquant’anni le offerte del mercato antiquario di tutta Europa, realizzò l’ambizioso progetto di trasformare la villa di Montughi nel “suo Museo”.
Bibliografia
E. Colle, S. Di Marco, Il collezionista di sogni, Electa Storie, Milano, 2016.
A. Lensi, Il Museo Stibbert: catalogo delle sale delle armi europee, Tipografia Giuntina, Firenze, 1917.
A. Lensi, Il Museo Stibbert a Firenze, in “Emporium”, vol. XXXV, n. 208, aprile 1912, pp. 256-268.
A. Lensi, Quaderni di ricordi, Centro Stampa 2P, Firenze, 1985.
A. Lensi, Quaderni di ricordi 1871-1918, Centro Stampa 2P, Firenze, 1996.
Sitografia
http://www.museostibbert.it/ (sito del Museo Stibbert)
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